Un anno fa scelse il Meeting di Comunione e Liberazione per presentarsi al grande pubblico
Un anno fa la «discesa in campo» del primo ministro Mario Draghi. In molti, politici e non, acclamavano la sua venuta per guidare il Paese fuori dalla crisi pandemica, e lui scelse il palco del Meeting di Comunione e Liberazione per presentarsi al grande pubblico. La manifestazione agostana, tenutasi per la prima volta nel 1980, e che quest’anno si terrà dal 20 al 25 agosto, è da sempre terreno fertile per disegnare gli scenari futuri della politica nazionale.
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Agosto 2020, l’ospite d’eccezione, economista, accademico, banchiere, da qualche mese aveva lasciato la Presidenza della Banca Centrale Europea, guidata sapientemente durante la più grande crisi che aveva investito il debito sovrano europeo.
C’era grande attesa per quel suo intervento. E l’autorevole ospite riscontrò quell’attesa con un discorso di grande valore, che per molti rappresentò la sua visione programmatica per quello che sarebbe divenuto dopo pochi mesi il Governo Draghi. Non vi era ancora il convincimento di un vaccino che di lì a qualche mese avrebbe offerto uno scenario di ripresa per l’economia mondiale, e dinanzi al clima di ansia ed incertezza colpirono le riflessioni di Draghi per i giovani, in particolare per il loro contenuto etico.
Il premier Mario Draghi e l’investimento sui giovani
«Ai giovani bisogna dare di più» fu uno dei suoi primi passaggi e per nulla generici, aggiungendo infatti «i sussidi finiranno e se non si è fatto niente resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri».
In uno scenario economico da post conflitto bellico, il Premier ben rappresentò come non era la distruzione del capitale fisico a caratterizzare la società dell’era post Covid, piuttosto il timore di una distruzione di capitale umano senza precedenti. In modo estremamente pragmatico delineò il principale obiettivo da conseguire: l’istruzione e, più in generale, l’investimento nei giovani.
Certamente un obiettivo da rincorrere per la crescita della nostra comunità mutuando quanto già fatto da quei paesi che hanno dimostrato di saper ben gestire il cambiamento, assegnando un ruolo fondamentale all’educazione e alla preparazione dei giovani.
Ma Draghi, con grande pragmatismo, sottolineò un concetto: l’investimento dei giovani è un atto dovuto soprattutto per una ragione morale. «Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre. Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza».
È a queste parole che i giovani guardano con attenzione, ed attendono che si trasformino in misure concrete quelle priorità, cosiddette trasversali, che caratterizzano il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Occorrerà del tempo, certo, perché le misure previste dal PNRR diano risultati, ma sicuramente non c’è più tempo per discutere e filosofeggiare sull’organizzazione dei sistemi d’istruzione così come sulla gestione scolastica, per poter recuperare quei percorsi educativi e formativi che la chiusura delle scuole ha interrotto, acuendo ancor di più le disuguaglianze.
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