Emanuele Felice, responsabile economia del Pd, più che professore, seminatore d’odio

di Mimmo Della Corte

Per essere democratici non basta dirlo, ma bisogna dimostrarlo

Se i docenti universitari italiani sono questi, non ci si può meravigliare più di tanto, se i nostri atenei, non fanno alcuna fatica a starsene comodamente assisi sugli ultimi posti delle graduatorie fra le Università internazionali. I loro esimi cattedratici sono tanti impegnati a promuovere se stessi, a raccontargli i loro successi professionali, per avere tempo d’insegnare ai discepoli quella che conta per davvero.

Ne volete una prova? Provate a leggere il curriculum (potete trovarlo su facebook, basta scriverne il nome, ndr) rigorosamente in prima persona di Emanuele Felice, professore ordinario di Politica economica presso l’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti, Pescara, che ieri mattina ha pubblicato sul nuovo, ma nato già vecchio, quotidiano del (im)prenditore De Benedetti, una recensione di “Io sono Giorgia” di Giorgia Meloni. Si è lasciato andare a dichiarazioni che riportano il Pd, di cui comunica d’essere il Responsabile economia, ai tempi del peggiore Partito Comunista, non quello italiano, ma cinese.

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«Leader estremisti di questa foggia in passato hanno arrecato danni irreparabili alla nostra Italia, all’Europa e all’umanità. Per come è messo il mondo oggi, possono fare altrettanto danno. Non vanno sottovalutati». Purtroppo, per essere democratici non basta dirlo, ma bisogna dimostrarlo coi fatti. Cosa che questi signori non possono fare, perché non hanno ancora imparato cosa significhi.

L’esimio ‘barone’ d’Abruzzo e la solita mistura del Sud nudo

In verità non è la prima fake news che l’(in)Felice Emanuele somminstra ai lettori. Fra i suoi libri, che evito di citare per non fargli pubblicità gradita, c’è un «Perché il Sud è rimasto indietro», libro che all’epoca recensii per un quotidiano napoletano, nel quale l’esimio ‘barone’ d’Abruzzo ricicciava la solita mistura del Sud nudo, non perché lo hanno spogliato i suoi compagni di cordata che da 160 continuano a depredarlo, bensì perché erano già stati ridotti in mutande dai Borbone.

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Se proprio vuol sapere come davvero stavano le cose, potrebbe andarsi a rileggere il mio (così mi faccio un po’ di pubblicità anch’io) “SuperSud – quando eravamo primi” con prefazione di Marcello Veneziani, edito dalla Iuppiter di Napoli, nel 2011 e che lui, dall’alto delle sue conoscenze storico-economiche, ovviamente non ha sentito il bisogno di leggere. Vi troverà tutti i primati del Mezzogiorno al momento dell’unificazione. E «se tanto mi dà tanto…».

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