La riforma della Giustizia da oggi all’esame del Parlamento per l’approvazione «fiduciaria»

di Mimmo Della Corte

Se non cambia anche il Consiglio Superiore della Magistratura, la Giustizia italiana non migliorerà

Per carità, non sono un giurista, ma solo un cittadino che, come tantissimi altri, vorrebbe avere fiducia e non paura di Tribunali e Magistrati. Non entrerò, quindi, nel merito della riforma della Giustizia – che, con l’avvio della discussione alla Camera dei deputati, da oggi comincerà l’iter procedurale per l’approvazione «fiduciaria», causa nuove fibrillazioni a 5 stelle.

Ma mi chiedo: riuscirà a ridare un po’ di speranza ad un Paese, che, anche sotto il profilo della legalità, sta diventando sempre più complicato, incomprensibile e contraddittorio? Può darsi, ma non è certo. La fiducia nella Giustizia, passa, attraverso le norme scritte, ma anche per i magistrati, che – come la moglie di Cesare – non solo devono essere onesti, ma anche apparirlo. Il che significa agire con correttezza, indipendenza, terzietà e imparzialità nell’applicazione delle leggi che non vanno interpretate per gli amici ed applicate e basta per gli altri. In particolare per chi la pensa diversamente.

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Con questo metodo, si legittima quel giustizialismo che dal 1983 anno in cui – con l’abolizione dell’obbligo di richiedere alla Camera di appartenza il placet per procedere contro un suo membro – il rapporto fra politica, cittadini e magistratura, si è squilibrato a favore di quest’ultima. Squilibrio che, con la discesa in campo dei grillini e la loro alleanza con il pd “lettino” si è consolidato.

E, per dimostrarlo, non è necessario andare troppo indietro nel tempo: a tangentopoli, ai procedimenti giudiziari contro Berlusconi o alla presunta loggia massonica Ungheria che a detta dell’avvocato Amara, avrebbe indirizzato a lungo le carriere dei magistrati o alle accuse lanciate dall’ex Presidente dell’Anm, Palamara sui condizionamenti del Csm.

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Le proteste di pm e gip di Milano

Basta, infatti, riflettere su quanto è venuto fuori nelle ultime settimane. Alla quasi totalità di pm e gip di Milano che hanno protestato contro il provvedimento di trasferimento d’urgenza per il Pm Storari – richiesto dal Pg della Cassazione Salvi «per la serenità dei magistrati milanesi» – assicurando che «la presenza di Storari in Procura non turbava nessuno di loro».

Oppure ai 12 su 13 sostituti procuratori di Nola che, invece, hanno appoggiato il provvedimento di richiesta di trasferimento d’ufficio del Procuratore della Repubblica di Nola, Laura Triassi proposto del Pg della Corte di Appello di Napoli, Riello che il Csm ha accolto e, infine, allo scontro in atto alla Procura di Milano, fra giudici e pm relativamente ai presunti condizionamenti della sentenza Eni e il capo dei Pm Greco, sotto inchiesta per aver ritardato le indagini sulla loggia Ungheria.

La riforma da sola non può ridare credibilità

Inutile dire che se tutto ciò è vero, la riforma da sola non sarà sufficiente a ridare credibilità alla Giustizia italiana. A meno che non sia accompagnata da una revisione dell’Organo di autogoverno della Magistratura che ne garantisca effettivamente l’indipendenza e ne blocchi la deriva correntizia-sindacale e politicizzante. Magari istituendo – come ha suggerito il già presidente della Corte d’Assise di Napoli, Pietro Lignola su queste colonne – «un organismo disciplinare nel quale i giudicanti non abbiano voce in capitolo».

E Perché non anche la responsabilizzazione dei giudici per propri eventuali errori, così come prevede Costituzione, per tutti i funzionari e dipendenti pubblici? Non può, quindi, che lasciare perplessi la constatazione che il capo dello Stato e presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Mattarella, nell’incontro per lo scambio degli auguri estivi e la cerimonia del Ventaglio, con stampa parlamentare e quirinalisti, si sia limitato a ribadire, con forza l’invito a vaccinarsi, ma abbia preferito tacere della questione Csm e la giustizia si sia limitato a sottintenderlua fra le «riforme da fare» e su cui non si può fallire. A questo punto, non ci resta che puntare sui referendum.

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