Il covid, ha avuto un grosso impatto sulla comunità sportiva nazionale. Come tutti sappiamo, sono state chiuse palestre, piscine, stadi, centri sportivi, fondamentali per ottemperare ai bisogni psicologici di grandi e piccoli.
Come ha reagito la governance sportiva nazionale (le federazioni sportive, per intenderci)? Le azioni messe in atto dalla classe dirigente dello sport, hanno tradito le reali intenzioni? La FIGC (federazione italiana giuoco calcio) ha varato dei protocolli, che si rivolgono al mondo professionistico e dilettantistico.
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Il primo si riferisce a calciatori professionisti, serie A femminile, competizioni primavera 1 e 2, arbitri. Per attuarlo è stata necessaria la partecipazione di più operatori del settore (calciatori, calciatrici, medici sociali, arbitri, tecnici, dirigenti).
Lo scopo è quello di assicurare un ambiente sicuro, prima, durante e dopo la partita. Necessario l’utilizzo di mascherine, igienizzanti per le mani, distanziamento. Dal punto di vista metodologico, fondamentale è la distribuzione di quelli partecipano all’evento, in vari gruppi. Il primo gruppo, è composto da calciatori, allenatori, massaggiatori, fisioterapisti, magazzinieri (tutti soggetti che quotidianamente sono a contatto tra loro); il secondo gruppo, è composto da arbitri e assistenti; il terzo, da tutti gli altri soggetti che partecipano all’organizzazione dell’ evento; il quarto è composto dal pubblico.
Cosa prevede il protocollo anti covid
Il protocollo, è applicato fin dal primo giorno di raduno precampionato e comporta: un’anamnesi di quanti fanno parte del primo gruppo, considerarli soggetti vaccinati, guariti o suscettibili (né vaccinati, né guariti, con test sierologici negativi e vaccinati con una sola dose); visita clinica; temperatura corporea; test molecolari (tampone) o antigienico (da effettuare con una certa frequenza, soprattutto in prossimità delle partite); test sierologico quantitativo.
Chi risulta positivo, viene allontanato, per gli altri, c’è una valutazione che coinvolgerà il medico sociale. che ricopre un ruolo molto importante perché provvede a monitorare il gruppo, sottoporlo a valutazione clinica, dare direttive su come comportarsi negli spogliatoi, in sala pranzo, sala assaggi, in riunione tecnica, camera (non necessariamente una singola), gestire positività, quarantene, ripresa dell’attività per soggetti che sono stati positivi al covid.
Infine c’è il pubblico per il quale è richiesto il rispetto delle normative sanitarie vigenti (mascherine, gel, distanza, rilevazione della temperatura che deve essere non suoperiore ai 37,5), servizi d’accoglienza e instradamento per evitare code nelle fasi d’accesso e deflusso, segnaletica informativa, operatori per info, piani comunicativi per i possessori di biglietto che coinvolgano le popolazioni dell’area in cui si tiene la manifestazione ed adeguato piano dei trasporti. Per quanto riguarda la capienza, si parla di un limite del 25%, ma tutto dipende dalla diffusione del virus.
Un protocollo per dilettanti, beach soccer, calcio a 5, paralimpico e sperimentale
Per i dilettanti, La Figc ha varato un protocollo ad hoc che si estende anche al beach soccer, calcio a cinque, paralimpico e sperimentale. Il protocollo è molto simile al precedente, e coinvolge i genitori degli atleti minorenni, o aventi disabilità. È necessario che l’area in cui si svolge l’attività sia appartenente alla zona gialla e si svolga all’aperto.
È interdetto l’utilizzo dello spogliatoio e si prevede la presenza di un soggetto esperto in materia prevenzione e protezione con l’obiettivo di: far rispettare le norme sanitarie, differenziare i punti d’ingresso, da quelli d’uscita, misurare la temperatura corporea, tenere un registro delle presenze, evitare assembramenti, valutare l’installazione di barriere anti-respiro (ad es, quelle presenti negli studi medici).
È necessario avere degli operatori, a cui fornire materiale informativo, utilizzare gel igienizzanti e termometri infrarossi, procedere alla pulizia e alla sanificazione dell’ambiente, far lavorare i propri dipendenti da remoto (evitando documenti cartacei), incaricare un medico o un delegato per l’attuazione del protocollo (DAP), circa il rispetto delle normative.
Il numero dei partecipanti all’evento, deve essere contingentato e l’arrivo di squadre e arbitri, deve avvenire in momenti differenti. Per quanto riguarda il match non c’è, l’accompagnamento dei bambini, né mascotte, né foto di squadra, né strette di mano. Ed infine le riserve devono accomodarsi in tribuna.
Qual è l’atteggiamento delle altre federazioni sportive? Ad esempio, quali sono i provvedimenti presi dalla federazione italiana rugby, sport che del contatto, ha fatto la sua fama?
Rugby, ripresi gli allenamenti con contatto
Alla domanda posta dall’opinione pubblica, se il contatto possa determinare un maggior rischio di contagio, la risposta è stata, che non ci sono evidenze scientifiche al riguardo. Dal 1 aprile 2021 è stato possibile riprendere gli allenamenti con contatto, e questo simboleggia un nuovo inizio, dopo l’annullamento della stagione 2020/2021.
Inoltre nelle zone gialle e bianche, sarà possibile fare il terzo tempo (incontro post-partita tra le 2 squadre, in cui si cena insieme). Nella pallavolo, invece, la federazione ha istituito la figura del covid manager, il quale ha il compito di far attuare il protocollo.
Esaminando i protocolli, si nota che le disposizioni delle federazioni sono molto simili e che il minimo comune denominatore è la distinzione tra categorie d’interesse nazionale e non. Le azioni, hanno tradito le reali intenzioni? Forse si, dato che inizialmente s’invocavano le aperture di stadi e palazzetti dello sport, salvo poi fare marcia indietro.
Tuttavia, va detto che la governance sportiva, ha avuto le mani legate. Legate da una classe politica incapace di prendere decisioni in tempi rapidi e che non sa stare al passo dei mutamenti sociali; legate da una classe medica che brancola nel buio, in quanto si è trovata di fronte ad una situazione senza precedenti, ma questa è un’altra storia.