Uno studio approfondito quello della Caritas, quest’anno alla sesta edizione, interamente dedicato al Reddito di cittadinanza quale misura di politica contro la povertà.
L’analisi condotta dalla Caritas restituisce un quadro impressionante: oltre il 56% dei poveri in Italia non risulta fruitore del reddito di cittadinanza. Ma oltre al danno la beffa: la percentuale di “falsi poveri” è pari al 36%. Quota questa che per la Banca d’Italia è addirittura stimabile nel 51% delle famiglie che ricevono il RdC
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Al momento lo studio pubblicato dalla Caritas si presenta come il più ricco ed articolato sinora prodotto sull’attuazione del RdC. Una misura introdotta nel marzo del 2019 e che in due anni ha fortemente diviso l’opinione pubblica tra fervidi sostenitori e aspri critici, tanto da arrivare a far discutere di un ipotetico referendum abrogativo.
Non una semplice analisi dei dati raccolti da più fonti, il lavoro svolto dalla Caritas Italiana, grazie al suo privilegiato punto di osservazione, è stato soprattutto una minuziosa esplorazione della realtà partendo dalle testimonianze dei diretti interessati, così da proporre una prima e chiara ipotesi di cambiamento della misura, «un’agenda per il riordino del Reddito di cittadinanza».
Nel giro di pochi anni, siamo passati dallo stanziamento di 2 miliardi di euro previsti per il Reddito d’Inclusione (REI), a ben 8 miliardi di euro stanziati per il Reddito di Cittadinanza, cifra notevole se paragonata a quella degli altri Stati europei.
Reddito di Cittadinanza, obiettivo centrato solo nel 44% dei casi
Nonostante questi numeri, lo studio elaborato mostra chiaramente che la misura nata per contrastare la povertà ha centrato l’obiettivo solo nel 44% dei casi. Le famiglie escluse tendono più frequentemente ad essere residenti nel Nord, ad avere figli minori, ad avere un richiedente straniero o anche ad avere un patrimonio mobiliare (risparmi) superiori alla soglia consentita.
Rispetto alla dimensione geografica, nel Nord il numero delle famiglie che fruiscono del RdC è il 37% di quelle in povertà assoluta, nel Centro il 69% e nel Sud il 95%.È certamente da ricordare che il Reddito di cittadinanza è stato in grado di proteggere una quota importante della popolazione italiana dalla crisi economica che ha piegato parte del Paese durante la pandemia. Nel 2020 i percettori sono quasi raddoppiati e «per la sua generosità ha permesso, al 57% dei nuclei che lo ricevono, soprattutto famiglie composte da una o due persone, di superare la soglia di povertà».
Ma il reddito di cittadinanza non è solo beneficio economico è anche inclusione lavorativa. Ebbene i numeri su questo fronte sono stati davvero deludenti sia per la farraginosità dei meccanismi previsti dalla misura sia per le evidenti restrizioni poste dalla pandemia. Certamente è il momento di ripensare la misura e come proposto dalla Caritas Italiana avviare un’agenda per il riordino del RdC.
Ripensare la strategia dei requisiti per il Reddito di Cittadinanza
Rafforzarla attraverso il consolidamento all’interno del RdC delle misure straordinarie adottate nel periodo di emergenza, come i buoni comunali e il reddito di emergenza. Nel contempo ripensare la strategia complessiva dei requisiti, al fine di migliorare la capacità della misura di intercettare la povertà. Per ciò che concerne i percorsi d’inclusione, sfruttare al meglio il venir meno delle restrizioni promuovendo un coordinamento tra i soggetti della rete del welfare e al tempo stesso migliorare gli incentivi al lavoro per chi è occupabile.
Significativo l’incipit che il braccio pastorale della Cei sottolinea nelle proprie conclusioni: «Bisogna migrare dalla logica dei bisogni all’approccio dei diritti. Se ci schiacciamo sui bisogni ci condanneremo a rincorrere costantemente le situazioni di difficoltà emergenti, rischiando sempre di lasciare qualcuno indietro, perché la logica dei bisogni frammenta e spezzetta. È nella logica dei diritti che possiamo recuperare, invece, unitarietà di approccio e di azione».