Ddl Zan a rischio. Al Senato evita per poco la bocciatura ma Renzi si conferma decisivo

di Dario Caselli

Una manciata di voti in più. Tanti sarebbero bastati, giusto 12, per buttare a mare il ddl Zan e, probabilmente, mandare in tilt l’asse giallorosso della maggioranza Draghi. Questa è l’immagine della prima votazione in Senato sul ddl che dovrebbe punire il reato di omotransfobia, ma che evidenzia a pieno la fragilità del quadro politico che si è venuto a creare intorno a questo disegno di legge. E soprattutto quello che potrebbe essere il percorso del provvedimento, molto accidentato e disseminato di pericoli.

L’occasione è stata il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità presentate da Lega e Fratelli d’Italia che, come detto, sono state bocciate per poco: 136 voti contrari a 124 favorevoli con 4 astenuti. Appunto, sarebbero bastati 12 voti per dichiarare incostituzionale lo Zan e archiviarlo definitivamente. Una striminzita maggioranza che amplifica i dubbi e le perplessità di chi finora ha rifiutato qualsiasi dialogo e confronto, non aprendo mai alle ipotesi di modifica; ma dall’altro si conferma quanto i voti di Italia Viva siano decisivi.

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Infatti, ieri al Senato i 17 senatori renziani hanno votato con la maggioranza giallorossa per bocciare le pregiudiziali, ma con il pallottoliere alla mano non è difficile capire che senza di loro i numeri non sarebbero stati. Insomma, senza Italia Viva non si va da nessuna parte. O come qualcuno ha fatto subito notare al termine del voto, il Pd ne «esce con le ossa rotte» e che soprattutto la linea dettata finora da Letta, cioè quella di andare avanti spediti come un treno, si sta rivelando una strategia suicida.

Non a caso proprio nell’Aula del Senato i due ‘Mattei’, Renzi e Salvini, sono stati protagonisti di due interventi per certi versi speculari al punto da incastrarsi perfettamente come le tessere del gioco del Tetris. L’ex premier ha ribadito che «un accordo è a portata di mano», sollecitandolo «sui punti legati all’articolo 1, 4 e 7 e, fatto questo, si chieda a tutte le forze politiche di portare la discussione alla Camera entro 15 giorni».

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Ddl  Zan, Salvini: «Togliamo dal banco quello che divide»

Non da meno l’ex ministro dell’Interno: «Togliamo dal banco una volta per tutte quello che divide: in un mese sia il Senato che la Camera approvano una norma di civiltà che punisce pesantemente chi offende, punisce e discrimina un altro essere umano».

Mano tesa da entrambi che però almeno per il momento non sembra trovare dalle parti dei giallorossi alcuna disponibilità. Anzi la senatrice del Pd, Monica Cirinnà, al termine del voto è stata anche protagonista di un duro scontro via social con il capogruppo di Italia Viva, Davide Faraone, contestandogli di aver applaudito Salvini in Aula. Altrettanto dura la risposta del renziano tacciandola di essere intrisa di grillismo.

Difficile, insomma, che con questo clima si possa arrivare a deporre le armi e siglare la pace. Ma probabilmente è anche quello che non vuole Enrico Letta, il quale sembra intenzionato sempre di più a connotare la sua segreteria con un tratto decisamente antisalviniano e soprattutto orientato a sollecitare la pancia dell’elettorato più di sinistra.

E in questa strategia non viene esclusa l’eventualità dell’affondamento del ddl Zan, che paradossalmente potrebbe essere vista dai lettiani come un’ipotesi sul campo, certo estrema ma non da escludere e nemmeno da considerare del tutto negativa. Infatti, nel caso venisse bocciato il ddl il Pd avrebbe gioco facile nel puntare il dito contro Italia Viva, tacciandola di tradimento, e i leghisti, bollandoli come omofobi, e quindi proponendosi come paladino dei diritti e delle libertà.

L’ex sindaco di Firenze crocevia di tante battaglie ma anche di molti accordi

Tutto questo porterebbe senza dubbio nell’ambito della coalizione con i grillini al Pd la primazia su questo tema e chissà anche a portare a un rimescolamento elettorale interno a favore dei dem. Giochi e tattiche che però non hanno molto a che vedere con la battaglia per i diritti e che comunque confermano il ruolo decisivo di Renzi e della pattuglia dei suoi senatori, a conferma che in questa legislatura l’ex sindaco di Firenze è il crocevia di tante battaglie ma anche di molti accordi.

Non bisogna dimenticare, ad esempio, che pure nella delicata partita dell’elezione del successore di Mattarella Renzi giocherà un ruolo decisivo, da ago della bilancia, nella scelta del nuovo inquilino del Colle. Senza contare i diversi renziani rimasti nel Pd e che comunque continuano a guardare a Renzi e ad essere pronti al suo richiamo e che al momento giusto potrebbero incidere.

A tenersi fuori da questi giochi è Fratelli d’Italia che ieri davanti a Palazzo Madama è stata protagonista di un flash mob con tutti i suoi parlamentari. «Nessun accordo o compromesso» ha scandito a chiare lettere il capogruppo al Senato, Luca Ciriani, chiedendo la bocciatura o il ritiro del provvedimento.

In questo scenario oggi riprenderà l’esame con la votazione della sospensiva, anche qui sarà interessante vedere i numeri finali, e l’inizio della discussione generale. Poi se ne parlerà la prossima settimana con la discussione degli emendamenti e lì potrebbero esserci i primi voti a rischio, quelli segreti, su cui la maggioranza giallorossa potrebbe scivolare; perché come dice Renzi «il passaggio a scrutinio segreto è un rischio per tutti». E se lo dice lui bisogna credergli.

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