Il contesto politico attuale è costituito da personaggi senza un percorso lineare. Così nella propria vita questi personaggi sono riusciti, incidentalmente, a fare della propria ambizione quella linfa vitale e quella spinta ad affermare il proprio sé, «sine ira ac studio».
Da qui nell’itinerario prescelto si può trovare di tutto: l’incoerenza come valore, la saccenteria come finzione, le bugie come segno distintivo di uno che prova ad avere ragione senza persuadere, senza mai immaginare un’arte non nella maturata sedimentazione di esperienze, ma solo come un mezzuccio per giocare col destino suo e di chi ha l’occasione di accostarlo.
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Se tutto questo impegno riflesso lo raccordiamo alla responsabilità di dirigere un’istituzione come lo Stato, la Regione o un Ente locale, ciò equivale a osservare questi individui muoversi su una corda e cercare di procedere in maniera funambolica.
I rischi sono maggiori rispetto alle opportunità
Certo in questo quadro i rischi sono maggiori rispetto alle opportunità, laddove l’autorità, presidente o sindaco che sia, si assume un onere fuori misura, ovvero svolgere una funzione alla maniera random senza visione e senza una concreta cognizione della realtà da cambiare sia per carenza di cultura istituzionale, che per presunzione fondata sul poco sapere.
Ebbene la cronaca di tutti i giorni presenta dinamiche di questo tipo. Dove ognuno pensa che, procedendo a seconda degli accadimenti quotidiani, possa governare le dinamiche complesse tra articolazioni istituzionali non di facile interpretazione, anche perché hanno a che fare con la variabile del “fattore umano” di chi ricopre ruoli formali senza averne i requisiti essenziali e perché presume che il suo punto di vista sia corretto e non migliorabile.
Incidenti ripetuti e opportunità perdute
Da qui derivano incidenti ripetuti e opportunità perdute: ovviamente tutto questo determina dis-amministrazione. Il brutto sul punto è dettato dal fatto che più che singoli analfabeti politici vi sono squadre di inconsapevoli randagi, che immaginano e si convincono che gli spettatori non siano in grado di misurarli per quello che sono, nei loro limiti, con le loro furbizie, le loro piccinerie, la loro inconsistenza, il loro ignorare il funzionamento degli organi burocratici che avrebbero dovuto collaborarli e che, invece, rimangono inerti in attesa di direttive puntuali e mirate a conseguire risultati meritevoli.
Ieri un mio assistito mi ha detto che il mondo è sempre andato così. Di contro colgo l’occasione per pensarla in maniera diversa, alla maniera di Giovanni Panini, ovvero adoro immaginare che «Ogni volta che una generazione s‘affaccia alla terrazza della vita pare che la sinfonia del mondo debba attaccare un tempo nuovo. Sogni, speranze, piani di attacco, estasi delle scoperte, scalate, sfide, superbie…»
Eppure io coltivo il dubbio e forse ha ragione il mio amico. Forse dobbiamo rassegnarci alla mediocrità dei tempi ed alla cattiveria di chi, vivendo malamente i complessi che ci portiamo addosso, senza mai affrancarci dalle nostre debolezze, rimaniamo sempre in attesa di un nuovo messia ovverosia di un padre di un dio minore.