Enrico Letta chiede al centrodestra di collaborare per salvare il bilancio del Comune di Napoli
Ammetto, ho seguito fin dall’inizio la vicenda della candidatura di Gaetano Manfredi a sindaco di Napoli. E l’ho fatto come Totò nel famoso sketch con Mario Castellani nella trasmissione Studio Uno: «Chissà sto stupido dove vuole arrivare» (chiaramente ogni riferimento a persone, luoghi e cose è puramente casuale).
In particolare, la lettera con cui l’ex rettore della Federico II aveva fatto il ‘gran rifiuto’ aveva attirato la mia attenzione. Una lettera accorata (sic!) dove il rettore annunciava la sua indisponibilità a candidarsi perché il Comune di Napoli è in dissesto e quindi non ci sarebbero le risorse economiche per poter far nulla. Insomma, non un sindaco ma al prossimo giro Napoli avrà un commissario liquidatore. Perciò senza un grande Patto per Napoli, che Manfredi nella sua lettera chiedeva e proponeva, la città non può risollevarsi, e indirettamente l’ex ministro non ha intenzione di candidarsi.
Viene da dire, che bella faccia tosta! E questo sarebbe un sindaco, uno che ama la sua città ed è pronto a guidarla? Abbastanza avvilente come biglietto da visita. Comunque sia poco dopo apriti cielo, le cataratte del politicamente scontato si aprono. Non manca nessuno nel centrosinistra che a gran voce sostiene e rilancia l’accusa/appello di Manfredi. Persino l’ex premier Giuseppe Conte, sempre in cerca della leadership del M5S scende in campo, raccoglie le parole di Manfredi e le rilancia chiedendo al governo di mettere mano al portafoglio, per ripianare non solo i debiti di Napoli ma di tutti i comuni in dissesto, che poi guarda caso quasi tutti vengono da amministrazioni di sinistra.
In un primo momento tutti questi accorati appelli sembrano non smuovere Manfredi, che rimane sulla sua posizione di non candidarsi. Fino a qualche giorno fa dove con la firma del Patto per Napoli dei leader di Pd, M5S e Leu l’ex ministro e rettore cambia idea e decide di candidarsi. Manco a dirlo, cosa ha potuto incidere nel suo mutamento? I soldi che arriveranno da Roma per rimpinguare le casse disastrate del Comune di Napoli.
O almeno sembra così, anche perché ufficialmente il governo, e Mario Draghi in particolare, non ha proferito parole. Nessun impegno, nessuna disponibilità data in tal senso per Napoli e per gli altri Comuni, e considerando che ultimamente l’ex governatore della Bce ha dato dimostrazione di autonomia e autosufficienza rispetto ai patiti, non è così scontato che Draghi metta la mano al portafoglio.
Ma gli esponenti del centrodestra non contenti di tutta questa sceneggiata vissuta naturalmente sulla pelle dei napoletani, prima, e degli italiani, poi, ieri il segretario del Pd Enrico Letta in un’intervista a Il Mattino sul tema del dissesto finanziario del Comune, decide di puntare il dito contro il centrodestra intimandogli: «Basta finzioni, sul crack dei Comuni il centrodestra collabori». Insomma, la solita storia: il centrosinistra responsabile e assennato e il centrodestra scellerato e irresponsabile.
E continuando: «Solo affrontando senza omissioni questioni come il rischio-dissesto si può contribuire alla ricostruzione dell’Italia, a partire dal Sud. Noi ci siamo fatti carico delle sue preoccupazioni e oggi Manfredi è alla guida di una sfida che è stata accolta da tutto il centrosinistra e dal M5S. Gli altri continuano a fingere con gli elettori. Ma la realtà presenta sempre il conto».
È evidente la mistificazione in atto, il capovolgimento della realtà, anzi lo stravolgimento con il chiaro intento di nasconderla evitando che i cittadini sappiano e si rendano conto di quello che sta accadendo e chi sono i veri responsabili dello sfascio comunale.
Per carità, qui nessuno vuole negare un aiuto a Napoli e mettersi di traverso se davvero dal governo giungeranno risorse e misure per evitare il baratro del fallimento. E nessuno vuole negare che rispetto agli anni ’90, quando essere sindaci era una fortunata politica e personale grazie ai lauti trasferimenti statali, la situazione sia cambiata con una sempre più drastica riduzione degli aiuti dello Stato.
Senza dimenticare anche la recente sentenza della Corte Costituzionale che di fatto rende impossibile per oltre 800 enti locali, Comuni e Province approvare i bilanci. Tema su cui Fratelli d’Italia qualche settimana fa, grazie al senatore Antonio Iannone, impegnò il governo attraverso un ordine del giorno approvato in Aula ad intervenire.
Quindi tutto ciò che può aiutare e risolvere questa situazione è benvenuta, ma deve essere chiaro che questo non può avvenire senza che prima siano stati fatti i conti con il passato; senza che non siano state analizzate le responsabilità di chi ha governatore finora le città, e nello specifico Napoli. Insomma, fuori i nomi di chi ha distrutto Napoli!
Troppo comodo dopo un ventennio di amministrazione di centrosinistra e un decennio di gestione De Magistris dire: non mi candido perché le casse comunali sono in dissesto. Gettare la spugna e condannare Napoli e i napoletani all’infamia di amministrazione irrecuperabile, senza che prima non siano state opportunamente valutate le responsabilità di chi finora ha governato.
È troppo facile dire, avendo anche dalla sua il fatto di essere parte della maggioranza di governo, mi candido soltanto se Roma paga. Mentre è disonesto intellettualmente tirare nella questione il centrodestra, che non ha mai amministrato il Comune di Napoli in questo trentennio e forse dai tempi di Achille Lauro, facendo già preludere qualora non si associasse alla richiesta di soccorso finanziario di essere irresponsabile.
Come detto nessuno si oppone al salvataggio di Napoli, ma se questo deve avvenire deve esserlo soltanto al termine di un pubblico processo in cui chi ha portato allo sfascio il bilancio della città se ne assume la piena responsabilità. Sarebbe non solo un atto di onestà ma anche di correttezza soprattutto verso gli elettori napoletani che proprio tra un paio di mesi saranno chiamati ad eleggere il nuovo vertice della città.
È evidente che tutto questo non accadrà. La sinistra non ha alcun interesse a fare un’operazione verità, perché altrimenti dovrebbe spiegare come è stata amministrata fino ad oggi Napoli. E lo stesso De Magistris, con la testa già alle regionali calabresi, poi qualcuno dovrà spiegare come sia possibile che il sindaco di Napoli al termine del suo mandato si candidi a governatore della Calabria, sarebbe costretto a chiarire come ha gestito le finanze comunali.
Potrebbe essere il centrodestra a farlo, ma qui viene da chiedersi: può farlo una formazione politica che in trentanni non è stata mai capace di insidiare il sistema di potere e politico che ha governato Napoli? Può farlo Catello Maresca, che in queste sue prime uscite insiste continuamente sul profilo civico della sua candidatura senza però tenere conto che senza il voto e la mobilitazione degli apparati politici non andrà lontano? Difficile rispondere a queste domande. Ma sarebbe senza dubbio un buon punto di partenza per la sua campagna elettorale.
Forse l’ex pm più che perdere tempo nel chiedere a Salvini un mea culpa sulle offese ai napoletani, dovrebbe spingere la stampa e, appunto, quel mondo civico a mobilitarsi affinchè dopo 30 anni si apra un processo a chi ha amministrato questa città che adesso sta andando in fallimento. Questa sì sarebbe la vera vittoria di Maresca, più di quella di diventare sindaco di Napoli.
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