Amministrative nel caos. Manfredi si tira indietro, Pd e M5S nei guai. E nel centrodestra salta l’incontro dei leader

di Dario Caselli

Il gran rifiuto di Gaetano Manfredi; il complesso puzzle delle candidature a sindaco nel centrodestra a Napoli, Roma e Milano; e infine l’alleanza Pd-M5S che naufraga dovunque tranne che a Napoli, dove però qualche scricchiolio sinistro si avverte.

Nemmeno trascorse 24 ore dall’ebbrezza delle prime riaperture ecco che la politica si prende la scena, mettendo in cima all’agenda delle cose da fare le Amministrative 2021. Per carità, sarebbe anche ora visto che le elezioni sono dietro l’angolo, in una data (domenica e lunedì) tra il 15 settembre e il 15 ottobre. Poco meno di quattro mesi, quindi, per allestire alleanze, candidati sindaco e infine liste. Non proprio un compito agevole, reso ancora più difficile dalla pandemia.

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E così basta un attimo di allentamento della morsa Covid, che il quadro politico viene occupato dalle scadenze elettorali. E la sensazione è che tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra sia la confusione a dominare.

L’ultimo esempio in tal senso Napoli dove l’alleanza appena celebrata tra Pd e M5S ha registrato la pesante defezione di Gaetano Manfredi, ex ministro dell’Università e prima rettore della Federico II. Il cavallo vincente su cui il Pd aveva deciso di puntare e che adesso con l’accordo con i Cinquestelle sarebbe potuto diventare il front runner di tutta la coalizione.

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Invece, Manfredi si è tirato indietro scrivendo una lunga lettera nella quale ha spiegato le sue ragioni. Su tutto il dissesto economico del Comune di Napoli, che sarebbe dietro l’angolo e che nei fatti impedirebbe a chiunque, e nello specifico a Manfredi, una volta eletto di portare avanti il programma elettorale, di «rispondere concretamente alle aspettative dei napoletani».

Dissesto che secondo l’ex rettore dovrebbe essere contrastato prima di tutto con un intervento legislativo che eviti il baratro della bancarotta, e che ridurrebbe il sindaco a «un commissario liquidatore»; ma poi sarebbe necessario anche un «patto per Napoli» per dare «un nuovo slancio della comunità partenopea, coinvolta con le sue migliori risorse nell’amministrazione della città».

Insomma, l’ex ministro annusata la puzza di bruciato ha preferito fare dietro front, temendo di bruciarsi. Una decisione che è anche duro atto di accusa contro De Magistris, che ormai ha la testa già alla campagna elettorale per la guida della Regione Calabria, ma anche la constatazione del fallimento della cosiddetta ‘rivoluzione arancione’ che dieci anni fa al grido di ‘Amm scassat’ portò l’ex pm a Palazzo San Giacomo.

Comunque sia un brutto colpo per i giallorossi che già si fregavano le mani per la vittoria. Ora invece si ritorna alla casella del via, anche se qualche dubbio su un possibile ripensamento rimane. In primo luogo, se arrivasse quell’auspicata legge nazionale per salvare il Comune di Napoli dal dissesto.

Dalla sede del Pd hanno subito fatto sapere di «raccogliere l’appello di Manfredi» ed anche l’ex premier Giuseppe Conte, sempre in predicato di assumere la guida del M5S, ha espresso parole di sostegno per l’ex rettore: «Il Movimento 5 stelle sarà in prima fila per portare avanti questo ‘Patto per Napoli’ e per realizzare questo intervento legislativo di riequilibrio, che anzi intendiamo estendere anche alle altre città metropolitane. Ci batteremo fino in fondo per perseguire questo obiettivo ed evitare che i più deboli paghino le più alte conseguenze della crisi pandemica».

La sensazione, quindi, è che possa arrivare da Roma quell’intervento legislativo che alla fine potrebbe rimuovere l’ostacolo principale sulla strada della candidatura di Manfredi, dando così finalmente il via libera. Insomma, tutti felici e contenti? Non proprio perché non tutti dalle parti del Pd, e più in generale della sinistra, avevano gradito la gestione del capitolo amministrative Napoli. Uno di questi il governatore De Luca il quale non ha mai espresso giudizi positivi sui Cinquestelle, e che quindi non ha fatto salti di gioia per l’alleanza. Così come avrebbe anche voluto, se non preteso, da parte del suo partito un maggiore coinvolgimento nelle scelte per il capoluogo campano.

C’è poi quel mondo storico della sinistra napoletana che al nome di Manfredi ha storto il naso. Niente di personale ma l’ex rettore è considerato un nome poco identitario e abbastanza velleitario per una piazza come Napoli, che invece ha avuto grandi tradizioni di sindaci di sinistra. Uno su tutto Antonio Bassolino che non a caso da tempo si è candidato a sindaco e che correrà con una sua lista. Tutti dubbi che chissà non abbiano avuto un peso nel passo indietro di Manfredi. Comunque, questi giorni saranno decisivi per capire se i giallorossi dovranno trovare un altro candidato o ci saranno spazi per un ripensamento.

Di certo quello che a molti è chiaro è che il dossier Napoli non va visto soltanto in una dimensione locale, ma piuttosto nazionale nell’ottica di quella alleanza tra Pd e M5S che dovrebbe debuttare alle politiche del 2023. E quindi un fallimento a Napoli di questa alleanza potrebbe avere pesanti ripercussioni in chiave nazionale e sulla stessa segreteria di Enrico Letta, il quale ha fatto dell’alleanza Pd-M5S un assunto di fondo.

Ad assistere a tutto ciò il centrodestra che, però, dal canto suo non ha tante ragioni per gioire. A livello nazionale, infatti, il quadro è ancora tutto da definire, e l’incontro previsto per domani tra i leader è slittato alla prossima settimana. È necessario ancora tempo, la versione ufficiale, per trovare la quadratura del cerchio. Ma la sensazione è che servano altri giorni per trovare una accordo su Milano dove Gabriele Albertini ha declinato l’invito a candidarsi e su Roma dove si continua a trattare sulla possibile candidatura di Guido Bertolaso.

In questo contesto forse Napoli sembra essere quella delle tre città ad avere più chance di risolvere presto il puzzle candidature. Rumors accreditano il pm anticamorra Catello Maresca come il nome più probabile per lanciare la sfida alla conquista di Palazzo San Giacomo in quota centrodestra. Un nome, che secondo molti, potrebbe dare una spinta decisiva in termini di consensi e raccogliere quel voto di opinione che finora è mancato alla coalizione per vincere.

Anche in questo caso, però, serviranno giorni per chiudere il dossier e certamente bisognerà attendere l’incontro della prossima settimana, anche se la sensazione è che si arriverà a giugno per un’eventuale ufficializzazione. E chissà che fino ad allora sia in uno schieramento e sia nell’altro non siano emerse nuovi fatti e soprattutto sorprese.

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