È successo l’altra sera a Bologna quello che in tanti sapevamo sarebbe accaduto: guerre fra bande nello scintillante mondo lgbt. L’esterno della sede dell’associazione ‘La Comune’, in cui è ospitata anche l’associazione ‘ArciLesbica’, è stato imbrattato con scritte di insulti rivolti proprio a quest’ultima. «ArciSTRONZE», si legge infatti sui muri esterni dell’edificio. Atto omofobo, si potrebbe dire. “Lesbofobo” direbbero probabilmente altri. Non fosse che gli autori di quelle scritte si firmino “Rabbia Trans”.
Il motivo della discordia sarebbero alcune critiche mosse dall’ArciLesbica al disegno di legge contro l’omotransfobia a firma di Alessandro Zan, che negli ultimi tempi ha monopolizzato le scene della politica, ma anche dello spettacolo e dei social del nostro Paese.
L’ArciLesbica infatti, pur sostenendo l’approvazione del ddl Zan, non ne condivide alcuni punti, come la pratica dell’utero in affitto o la fluidità di genere, che si tradurrebbe in uno svilimento della figura della donna biologicamente tale.
Le femministe, infatti, sono contrarie alla possibilità per i trans di gareggiare in competizioni sportive femminili, in cui primeggerebbero per manifesta superiorità fisica, o all’ingresso nei carceri femminili di chiunque si identifichi come donna, come avviene già in America con conseguenze terribili – stupri e violenze commessi sulle detenute -.
La comunità trans ha risposto a queste posizioni con minacce, insulti e atti vandalici. Se oggi il ddl Zan fosse già stato legge , entrambe le parti in questione avrebbero rischiato una condanna per omo/transfobia. Nessuno è più libero di avere un pensiero non allineato. È veramente di questo che l’Italia ha bisogno?
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