L’emergenza migranti non può più definirsi emergenza. Lo ha detto questa mattina don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, all’Adnkronos. «Con l’arrivo del bel tempo – ha spiegato – le partenze aumentano, è un fenomeno che si ripete puntuale ogni anno, eppure ancora ci si ritrova impreparati, colti alla sprovvista da qualcosa che non si può chiamare emergenza a meno di non volersi sottrarre alle proprie responsabilità».
Parole che fanno trasparire tutta la gravità della situazione e l’amarezza per quanto ogni anno, ciclicamente, deve affrontare la popolazione siciliana e di buona parte del Mezzogiorno.
Responsabilità da addebitare ai governi che si sono succeduti nel corso degli anni e questo pomeriggio, nel corso del question time alla Camera il premier Draghi ha assicurato «a fronte di questa complessa e drammatica realtà, la politica sull’immigrazione del governo vuole essere equilibrata, efficace ed umana. Nessuno deve essere lasciato solo nelle acque territoriali italiane. Riteniamo il rispetto dei diritti umani una componente fondamentale di qualsiasi politica sull’immigrazione».
L’esecutivo si impegna «a promuovere le opportune iniziative bilaterali» con i paesi vicini «e a esercitare una pressione tra i partner europei affinché si torni ad una redistribuzione credibile ed efficace dei migranti approdati in Italia. La priorità nel breve periodo è il contenimento della pressione migratoria nei mesi estivi».
Una leva necessaria di governo dei flussi migratori è costituita, inoltre, dall’azione di rimpatrio dei migranti che non hanno titolo a rimanere sul nostro territorio, in mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale.
Domani mattina, intanto, ci sarà un incontro tra il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, il sindaco di Lampedusa, Totò Martello e il ministero dell’Interno. «Chiediamo un atto di fermezza nei confronti dell’Europa, basta chiacchiere, basta con queste telenovela» ha affermato il governatore intervenendo nel pomeriggio a ‘Tagadà’ su La7.
«Preoccupa – afferma – il messaggio che passa che crea una condizione di paura e diffidenza sia nei confronti degli operatori che degli stessi turisti e arrivano le disdette. Tutto questo non può non preoccupare una regione come la Sicilia che ha il 44% di tasso di povertà, dove si potrebbe vivere di turismo 10 mesi l’anno e invece corriamo il rischio di vanificare ogni speranza anche quest’anno, oltre all’anno scorso quando è scoppiato il Covid».