«Il mio pensiero va a Stefano e ai miei genitori che oggi non sono qui in aula. È il caro prezzo che hanno pagato in questi anni», lo ha dichiarato Ilaria Cucchi dopo aver appreso la sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha condannato a 13 anni di reclusione i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro con l’accusa di pestaggio nei confronti di Stefano Cucchi, il geometra trentenne deceduto nel 2009 a Roma.
«La mamma di Stefano – spiega invece il difensore della famiglia Cucchi – ha pianto dopo aver saputo della sentenza. L’ho sentita al telefono. È un momento di grande commozione. Dopo 12 anni di lotta non è ancora finita ma siamo comunque pienamente soddisfatti della decisione di oggi».
Sono le prime considerazioni dopo la lettura della sentenza che ha inflitto 13 anni ai due carabinieri che, stando alle indagini avrebbero pestato Stefano fino a causarne la morte. Nel processo d’Appello, inoltre, il carabiniere Roberto Mandolini è stato condannato a quattro anni con uno sconto di pena rispetto a quello inflittogli nel precedente grado di giudizio. Conferma per due anni, invece, per Francesco Tedesco. I due, sarebbero accusati di falso.
La vicenda
Stefano Cucchi, geometra romano di 31 anni venne arrestato dai militari dell’Arma nel Parco degli Acquedotti per possesso di sostanze stupefacenti. Una settimana dopo, il 22 ottobre 2009 venne rinvenuto privo di vita in un reparto dell’Ospedale Pertini di Roma, dove era ricoverato. Il 31enne pesava circa 40 kg ed aveva ematomi su tutto il corpo. Era stata la stessa sorella a mostrare le foto sui social, scattate dall’obitorio e che hanno attirato l’opinione pubblica.
Le indagini
Diverse ipotesi sulla morte del 31 enne romano: probabile abuso di droga o cause pregresse alle condizioni fisiche mentre stando alle dichiarazioni del sottosegretario di Stato Carlo Giovanardi Stefano era deceduto per anoressia o tossicodipendenza. Motivo che ha spinto la famiglia a pubblicare le foto del ragazzo con visibili ecchimosi alle gambe, ematomi su tutto il corpo e traumi contusivi.
Dopo le prime indagini da parte degli inquirenti vengono rinviati a giudizio tre infermieri, sei medici, tre agenti di polizia penitenziaria e il Direttore dell’Ufficio Detenuti Claudio Marchiardi, condannato poi a due anni per falso, favoreggiamento e abuso d’ufficio e successivamente assolto.
I medici hanno dovuto rispondere di abbandono di persona incapace, omissione di referto e favoreggiamento. Gli operatori penitenziari sono accusati di lesioni aggravati e abuso di autorità. La sentenza di primo grado condanna i medici del Pertini di Roma per omicidio colposo e assolve i poliziotti penitenziari e gli infermieri. Il 31 ottobre 2014 vengono tutti assolti.
L’inchiesta-bis
Dopo la sentenza che ha assolto gli imputati della prima inchiesta, i familiari di Stefano decidono di andare avanti e su espressa richiesta, la Procura riapre il fascicolo. Il 17 gennaio 2017 a seguito della chiusura delle indagini preliminari viene chiesto il rinvio a giudizio per tre militari dell’Arma, i carabinieri Alessio di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco accusati di aver colpito Cucchi con calci, pugni, schiaffi provocandone la morte. Al processo rispondono di omicidio prereintenzionale e abuso di autorità.
La nota scritta e la denuncia dell’imputato Tedesco
Il 20 giugno 2018, uno dei carabinieri imputati Francesco Tedesco ha presentato una denuncia contro ignoti presso la Procura della Repubblica di Roma, dalla quale si evince la scomparsa di una nota scritta indirizzata ai superiori.
L’annotazione di servizio, riportava i fatti accaduti quella notte fra il 15 ed il 16 ottobre, ovvero, di aver assistito in prima persona al pestaggio del geometra romano. A conclusione delle indagini, viene richiesto il rinvio a giudizio di otto carabinieri: Alessandro Casarsa, Francesco Cavallo, Luciano Soligo, Massimiliano Colombo Labriola e Francesco di Sano accusati di falso ideologico; Lorenzo Sabatino e Tiziano Testarmata per omessa denuncia e favoreggiamento e Luca De Cianni per il reato di calunnia e falso ideologico.
Dopo anni di indagini, decine di processi, testimonianze e consulenze tecniche ascoltate nelle aule dei Tribunali, il caso Cucchi sembra avere avuto una svolta. La condanna a 13 anni per i due carabinieri D’Alessandro e Bernardo è senza ombra di dubbio un passo decisamente fondamentale ma, come spiega il difensore della famiglia Cucchi, Stefano Maccioni a margine della sentenza pronunciata dalla sentenza della Corte d’Appello, la battaglia non è ancora finita.