Guardando i volti dei protagonisti del Concertone del 2021 e ascoltando le loro dichiarazioni mi sono chiesto quale potrebbe essere il giudizio dei posteri su questo evento. E mentre riflettevo mi è ritornato alla mente l’altro grande capolavoro di Luciano De Crescenzo: Il Mistero di Bellavista, in particolare il momento in cui il professore deve fare da arbitro in una diatriba accesasi tra due suoi ‘discepoli’ sull’arte moderna, precisamente i quadri di Lucio Fontana, ed i dipinti del Seicento, per la precisione Luca Giordano. Insomma, qual è la vera arte?
Per chi non conoscesse il film, e consiglio vivamente di vederlo, il confronto si tiene alla presenza del professor Bellavista dinanzi a un chiosco di limonate tra Saverio, il netturbino, e Salvatore, il vice del sostituto portiere. Ebbene, se il primo ritiene che Lucio Fontana sia un’artista perché «sente un’emozione», il secondo lo contesta e addirittura gli nega tale emozione, «non la sente». Chiamato in ballo il professore se la sbriga con una delle sue massime filosofiche e cioè che l’uomo è giudice e misura di tutte le cose (filosofo Protagora) e quindi Fontana può essere artista o meno, tutto dipende da chi lo osserva.
Ma proprio quando sembra che tutto debba finire così, ecco che Salvatore ha un lampo di genio e si appella al giudizio dei posteri: «Ma se un muratore del Tremila sotto alle macerie di una villa qualsiasi trovasse un quadro di Tom Wesselman (per chi non lo sapesse è un importante esponente della pop art) cosa penserebbe di aver trovato, un capolavoro o ‘nu cess scassat?». Inutile dirvi quale sia la conclusione dei tre.
E veniamo al Concertone 2021. Supponiamo, quindi, che un italiano del Tremila decidesse di rivedersi il Concertone del 2021, comprensivo anche del monologo di Fedez, attratto dalla curiosità di capire come gli italiani avessero deciso di organizzare quell’evento nel pieno della terza ondata di pandemia, dopo un anno di restrizioni e divieti, con le file di vaccinandi, con quasi un milione di disoccupati e con la gran parte delle attività e delle professioni sul lastrico. Ecco, una volta spento il video questo nostro connazionale del futuro cosa penserà di aver visto: uno spettacolo di musica e di festa per il lavoro o nu cess’ scassat?
Anche qui, forse, la risposta appare evidente e non potrebbe essere altrimenti. Dire che si è toccato il fondo è dir poco, anche se ormai il Concerto del Primo Maggio ci ha abituato ad essere tutto fuorchè un evento legato al mondo del lavoro. Polemiche su polemiche che quasi mai hanno a che vedere con il problema di chi il lavoro l’ha perduto, con chi lo sta cercando, di chi lo vive in condizioni di estrema precarietà o addirittura con paghe da miseria. Tutto questo ormai da tempo è fuori dal Concertone, o quanto meno relegato ad appendice.
Non deve stupire, è lo specchio di questa sinistra che preferisce parlare di ius soli, di diritti LGTB (appunto il ddl Zan) ma non della difesa dei lavoratori. E la conferma, poi, arriva dai flussi elettorali che evidenziano il travaso dei voti dei lavoratori dalla sinistra verso altri lidi, dalla Lega al M5S fino a Fratelli d’Italia. Insomma, l’eco delle parole di Nanni Moretti, ormai diventate un monito, («Dite qualcosa di sinistra») è sempre più incombente.
E così capita che per l’italiano del Tremila il Concertone del 2021 passi per quello di Fedez, il quale sproloquia in difesa del ddl Zan, cioè quel disegno di legge che vorrebbe introdurre nel nostro ordinamento il reato di omofobia. Il che potrebbe anche essere accettabile, ma purchè questo non fosse orientato dalla volontà di dare vita ad un vero e proprio reato di opinione, capace un domani di sanzionare come omofobo anche chi semplicemente affermi che un bambino nasce da un uomo e una donna.
Senza considerare anche la volontà attraverso l’istituzione di una Giornata nazionale sull’omotransfobia di organizzare campagne nelle scuole; il che sembra assomigliare alla propaganda gender nelle scuole che la lobby LGTB da tempo cerca di imporre.
Un disegno di legge, diciamolo francamente, di cui non se ne avverte l’urgenza. L’Italia è davvero così intollerante? È veramente un luogo di persecutori di gay e lesbiche? Non mi sembra. E lo dimostrano le cronache che non raccontano di alcuna emergenza, che invece c’è per chi vuole farla considerare tale. E verrebbe da chiedersi, a confronto il femminicidio, con una donna ammazzata quasi ogni due giorni, come dovrebbe essere giudicata? Lo so è terribile fare la classifica dei delitti e delle discriminazioni, ma a un certo punto la realtà va guardata e valutata per quella che è per evitare di essere strumentalizzati dal Fedez di turno.
Non sarebbe stato il caso, forse, rivolgere un pensiero a quel milione di italiani senza un lavoro. Oppure che sono stati sperperati 180 miliardi di euro del nostro bilancio, con 5 scostamenti di bilancio, senza ricavarne granchè? E tutto questo al netto del blocco dei licenziamenti, che dovrebbe finire in estate, e quindi con una bomba sociale ed economica di altri 2 milioni di potenziali disoccupati. Non era questa un’emergenza sulla quale soffermarsi e far riflettere, oltre che lanciare un grido di denuncia verso chi finora ha governato questo Paese?
E lo stesso Fedez che è frontman di Amazon una parolina per i lavoratori, i riders costretti a turni massacranti e addirittura ad urinare nelle bottiglie per non perdere tempo, non poteva spenderla?
No, molto meglio solleticare la pancia degli adoratori del mainstream utilizzando nuovamente la Rai come megafono, ruolo al quale ormai si è abituata o sarebbe meglio dire piegata. Perché diciamola tutta Fedez avrà sbagliato contesto, ma la Rai porta la responsabilità di averlo fatto salire sul palco ben sapendo le sue idee e quello che avrebbe potuto dire.
E da abilissimo comunicatore ha acceso i riflettori su di lui parlando di censura, peraltro smentita dallo stesso direttore di Rai Tre, e pubblicando su Instagram un video di una telefonata (ma è possibile farlo senza il consenso dell’altra persona?) con un dipendente Rai che tra farfugliamenti e bofonchiamenti abbozzava un’impresentabile richiesta allo stesso Fedez di autocensurarsi. L’elogio del tafazzismo in Rai senza dimenticare che tutto questo avviene nella rete da sempre dominata dalla sinistra e cioè Rai Tre. Potremmo dire una sorta di lite in famiglia.
Insomma, un’edizione da dimenticare. E speriamo che accada lo stesso al nostro italiano del Tremila, che chissà potrà anche non sapere che cosa sia il Concerto del Primo Maggio. Ipotesi molto probabile, considerando che ogni anno questa manifestazione perde sempre più il suo significato originario, e fino al Tremila abbiamo speranza che le sue tracce si siano perse del tutto.
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