L’ennesimo esempio della decadenza dell’occidente: il sultano dimostra continuamente la poca considerazione che ha per questa Europa debole e senza amor proprio, e ne ha approfittato per lanciare uno schiaffo morale che, more solito, il relativismo occidentale assorbirà senza nessuna reazione.
Del resto la violenza simbolica imposta da Erdogan ha avuto il suo vero trionfo nel deplorevole comportamento tenuto dal Charles Michel, figlio di Louis, premier belga molto discusso a Bruxelles che, bocciato in patria da affari sospetti è stato subito paracadutato nel limbo istituzionale come commissario alla cooperazione, una pratica ormai corrente tra la casta che ci dirige.
Charles Michel, nominato dalla consorteria burocratica di Bruxelles addirittura Presidente del Consiglio europeo, una carica che non significa niente, tranne onori, guarentigie e 355.000 euro di salario base, ha praticamente fatto finta di non capire, lasciando sedere la Presidente della Commissione in un divano decentrato rispetto alle due poltrone riservate ai due uomini e si è comodamente seduto a fianco del sultano, metaforicamente accettando così la tracotanza turca e calpestando tutte le rivendicazioni di eguaglianza uomo/donna, tanto perseguite, a parole, da Bruxelles.
Del resto, l’occasione della visita ad Ankara di Von der Leyen e Michel, rispettivamente presidente dell’esecutivo e del Consiglio europei, con il pretesto di discutere della situazione dei diritti dell’uomo nel Paese, doveva servire per sottolineare la pretesa forza contrattuale europea con un errore di base: non spettava certamente ai rappresentanti UE fare il viaggio ad Ankara, ma al contrario al furbo Erdogan perché tocca sempre a chi chiede soldi, pretende rispetto e maggiori permessi per i turchi “andare a Canossa”.
Invece il sultano l’ha risolta in una sconfitta per il mondo occidentale, deriso e sbeffeggiato dal turco che si è convinto di essere il più forte e di poter pulirsi i piedi sui due tappetini presenti in sala.
In realtà assistiamo a un nuovo “assedio” turco al continente europeo. La Turchia, che costituisce un’importante frontiera strategica per i mercati europei in oriente, oggi ci chiede di pagare non solo economicamente e materialmente il suo ruolo ma ce ne chiede conto anche politicamente e mette sul piatto delle rivendicazioni, soldi e partenariato all’UE.
Non c’è bisogno di essere esperti di geopolitica per comprendere che oggi si sta giocando l’avvenire del continente europeo.
Il presidente Erdogan è politico esperto e consapevole della sua forza ed è ben convinto del ruolo che deve svolgere la Turchia nel bacino mediterraneo e nell’intero orbe terrarum. Per anni ha consentito ai migranti, in maggioranza di origine islamica, di attraversare la Turchia per entrare nello spazio Schengen, senza dimenticare i milioni di emigrati turchi che ormai risiedono stabilmente, ma poco assimilati, sul territorio europeo. E questo a fronte dell’afasia dell’Europa, impegnata oggi ad applicare senza obiezioni le raccomandazioni che le arrivano dall’ONU vale a dire non ostacolare la migrazione massiccia di popolazioni, oltremodo prolifiche, in provenienza dal sud del mondo.
Come un cammello che vogliamo far passare dalla cruna di un ago, ci sforziamo di accettare l’inaccettabile.
Esiste infatti un accordo tra Davutoğlu, allora premier turco e Junker già presidente dell’esecutivo, avallato da Germania e Francia, che consiste nell’equazione “un siriano contro un siriano”, in realtà un migrante economico in Turchia in cambio di un profugo dirottato verso l’Europa.
Un imbroglio che costa parecchi milioni ai contribuenti europei e in realtà, gattopardescamente, non cambia nulla, peggio l’invasione continua sempre a spese dell’Europa.
La Turchia ha alzato ancora il prezzo dell’accoglienza: 3 miliardi di euro supplementari in aggiunta ai 3 già ricevuti (ma si parla di un pacchetto di oltre 19 miliardi) e l’accelerazione dei programmi di adesione all’Ue.
In realtà Erdogan non farà domani quello che ha sempre rifiutato di fare ieri; sta solo cercando di imporre un sistema di accoglienza massiccia di migranti spesso giudicati indesiderabili, come dice il primo ministro ungherese Orban, uno dei pochi leader europei che rifiuta di partecipare a questo teatrino Euro-turco.
Ricordiamo pure che la questione migratoria divide oggi il continente, soprattutto i paesi dell’ovest e dell’est Europa e dimostra inequivocabilmente la debolezza dell’Unione in materia di politica estera e di difesa dei confini.
Invece di costruire quella famosa Europa “dall’Atlantico agli Urali”, come cantava la mejo gioventù di una volta, si lascia corrodere dal buonismo imperante, una specie di auto-condanna.
L’esperienza ci insegna che con il cuore non si sono mai costruite politiche efficaci, anzi, solo con la ragione si può avviare un processo d’integrazione meditata e consapevole. Tutto questo oggi dovrebbe iniziare con un riavvicinamento delle relazioni dell’Unione europea con la Russia, che invece viene osteggiata e punita con un embargo economico dal 2014, con il blocco delle migrazioni di massa sempre in atto e con la crescita di una vera solidarietà europea, ben “dimostrata” ultimamente dalle vicende del Covid e dei vaccini necessari.
Come dire, però, a questo punto che bisognerà ricominciare tutto da capo… Con buona pace dei padri fondatori.