Salvini chiede un incontro a Draghi per la prossima settimana. Insiste sulle riaperture ma Speranza fa ‘spallucce’

di Dario Caselli

Giusto una settimana dal varo del decreto Covid, ma la tensione e le polemiche tra i partiti non accennano a calare. Anzi sembra che più passino i giorni e più le tensioni aumentino, complice il fatto che con l’inoltrarsi nel mese di aprile in molti sperano finalmente di assistere a qualche apertura, a qualche maggiore libertà ed a salutare qualche divieto.

È Matteo Salvini capofila e animatore di questa battaglia che giorno dopo giorno diventa sempre più tagliente. E soprattutto individuando nel ministro della Salute Speranza il bersaglio preferito. Anche ieri il leader della Lega è tornato alla carica annunciando: «Chiederò un incontro al presidente Draghi la settimana prossima, dopo la Pasqua affinchè, dove la situazione lo permetta e dove i dati scientifici siano sicuri, si possa riaprire. Affinchè possano riaprire i bar, i ristoranti, i parrucchieri, i parchi, le palestre, tutti in sicurezza, però è inaccettabile sentir dire da qualche ministro che per tutto aprile non se ne parla, a prescindere dai dati e dai ricoveri».

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E poi attaccando: «E’ inaccettabile sentire dire da qualche ministro per scelta politica oggi per tutto aprile non se ne parla. Non è moralmente equo e non è su base scientifica. Tener chiusa tutta Italia tutto il mese di aprile è un sequestro di persona». Evidente il riferimento al ministro Speranza, il quale «se dopo Pasqua continuerà a intestardirsi sul rosso a prescindere dai dati medici e ospedalieri fa un torto agli italiani».

Dal canto suo il ministro replica, non direttamente, soltanto a tarda sera ai microfoni del Tg1 spiegando che si potrà procedere alle riaperture «appena i dati epidemiologici ci consegneranno un quadro diverso. Ancora nel nostro Paese, come nel resto d’Europa, la situazione è abbastanza seria» e «dobbiamo essere ancora molto attenti e rigorosi anche se guardo alle prossime settimane con ragionata fiducia per le misure attuate e l’accelerazione della campagna vaccinale».

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A sua volta Speranza ammette che «c’è un primissimo miglioramento dovuto alle misure attuate ma la situazione è ancora molto seria e va seguita con la massima attenzione: la variante inglese, che è più veloce nel contagiare, è diventata prevalente e questo è il problema più grande».

Parole che senza dubbio non freneranno Salvini, la cui agitazione tradisce una certa insoddisfazione e il timore di finire per logorarsi stando in un governo nel quale difficilmente riesce ad incidere. Infatti, sarebbe gravissimo per lui se dopo non essere riuscito ad ottenere quanto sperato nel decreto Sostegni, fallisse anche sul piano delle riaperture. E il suo continuo appellarsi alla revisione delle misure a metà mese sembra più uno spauracchio da agitare, che un impegno concreto che il governo dovrà onorare. A questo si aggiunge il silenzio del premier Draghi che continua a non parlare e ad evitare abilmente le polemiche.

A sua volta, leggendo il testo del decreto non c’è alcun riferimento esplicito alla revisione delle regole stabilite dal CdM dello scorso venerdì, e lo stesso Speranza nell’intervista di ieri al Corriere della Sera ha chiarito che non esiste alcun meccanismo automatico di revisione, ma piuttosto quella normale verifica settimanale dei dati che fino ad oggi è stata sempre fatta il venerdì. Quindi, niente impegno scritto il che significa anche nessun obbligo a rivedere a metà mese le regole.

Ecco spiegata l’agitazione di Salvini e il quotidiano bombardamento mediatico su aperture e divieti, che però tradisce preoccupazione e insicurezza.

Quella che non ha Giorgia Meloni, la quale può osservare il tutto da una postazione privilegiata quale quella dell’opposizione. Dalla quale accusa: «Imprenditori italiani: oltre al danno, la beffa. Imprese, commercianti, artigiani, il motore produttivo dell’Italia, dopo essere stati enormemente danneggiati da oltre un anno di chiusure e limitazioni tuttora vigenti, devono anche subire la beffa di veder aumentare la tassa sui rifiuti».

Un aumento record che si aggiunge all’ulteriore «presa in giro dei ristori previsti dal decreto Sostegni che, nel migliore dei casi, coprono appena il 5 per cento della perdita di fatturato subita nel 2020». Da qui la richiesta di «iniziare a programmare riaperture progressive in sicurezza: non si può attendere oltre».

E sempre da FdI arriva anche la denuncia sulla nuova regolamentazione bancaria europea sul default, che prevede nome più stringenti per i titolari di conto corrente che vanno in rosso.

La nuova regolamentazione stabilisce, infatti, che le banche sono autorizzate a bloccare un conto in banca che dovesse andare in rosso se ci sono 3 requisiti: un’esposizione che dura più di 90 gironi che è superiore all’un per cento dell’esposizione totale e un’esposizione che superi la cifra rilevante di 100 euro per i privati e 500 per le Pmi. Qualora ci fossero questi tre requisiti la banca è autorizzata a bloccare il conto e dichiarare il correntista cattivo pagatore segnalandolo alla centrale rischi, il che significa non poter più accedere al credito.

Una denuncia che Giorgia Meloni, nel corso di una conferenza stampa, trasforma in un appello «a Draghi che da ex presidente Bce più di tutti conosce l’impatto che questa materia avrebbe sul nostro sistema. Mi appello anche a Gentiloni e al presidente Visco e a tutti coloro che possono segnalare come questa norma sia rischiosa».

Se ne parlerà dopo Pasqua, e forse questi saranno gli ultimi preziosi giorni di riposo visto che alla ripresa sono tanti i dossier sul tavolo del governo. A partire, appunto, dalle riaperture per passare al dl Sostegni che proprio la prossima settimana entrerà nel vivo, senza dimenticare il Def, il nuovo scostamento di bilancio e il via libera definitivo al Recovery Plan di Draghi entro il 30 aprile. Insomma, non c’è che dire un bel programma di lavoro e sarà necessario tenere i nervi ben saldi. Soprattutto nella maggioranza.

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