Il Covid arresta la speranza di vita al nord, acuisce le distanze con l’Europa e la didattica a distanza penalizza il Sud

di Gianluigi Di Ronza

Iniziano ad emergere ed essere rilevabili dalle statistiche ufficiali, i primi segni della pandemia. Dal rapporto sul benessere equo e sostenibile pubblicato dall’Istat risultano annullati i progressi di speranza di vita accumulati dal Nord nel corso dell’ultimo decennio.

La speranza di vita al Nord arrivata a 83,6 anni nel 2019, con un sensibile progresso dagli 82,1 anni del 2010 scende a 82 anni nel 2020. Nel Centro passa da 81,9 nel 2010 a 83,1 anni nel 2020 mentre nel Mezzogiorno raggiunge gli 82,2 anni rispetto agli 81,1 anni del 2010. Purtroppo il trend mostra un arretramento non ancora concluso, e che richiederà tempo per essere pienamente recuperato.

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Dal punto di vista dell’istruzione, invece, si allarga il divario con il resto dell’Europa. Nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio nel nostro paese, il rapporto rivela come non si è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata.

L’Istat segnala come il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora in larga misura dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive. In questo contesto la chiusura degli istituti scolastici e universitari, come conseguenza della pandemia, ha comportato quello spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, che ha acuito le disuguaglianze.

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Nel secondo trimestre 2020 il rapporto mostra che 62,6% delle persone tra i 25-64 anni ha almeno il diploma superiore, dato che risulta essere inferiore alla media europea di 16 punti percentuali. Divario che ritroviamo anche nella fascia di giovani tra i 30-34 anni dove solo il 27,9% ha un titolo universitario contro il 42,1% della media Ue27.

È cresciuto nel tempo il numero di bambini 0-2 anni che frequentano strutture per la primissima infanzia, passando dal 15,4% del triennio 2008-2010 al 28,2 del triennio 2018-2020, ma rimane di gran lunga inferiore all’obiettivo europeo di almeno un bambino su tre fissato per il 2010.

L’indagine Istat sull’integrazione degli alunni con disabilità nella scuola statale e non statale, ha evidenziato come, nonostante gli sforzi di dirigenti, docenti e famiglie, nell’attrezzarsi in varie forme per garantire la didattica, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza e non ha preso parte alle video-lezioni con il gruppo classe. Tale quota sale al 23% tra gli alunni con disabilità.

In questo contesto, è emerso in modo inequivocabile come le difficoltà nelle competenze digitali della popolazione italiana sia una delle peggiori d’Europa. Nel 2019, tra gli individui di 16-74 anni soltanto il 22% ha dichiarato di avere competenze digitali elevate (contro il 31% nella Ue27). La maggioranza degli individui è in possesso di competenze basse (32%) o di base (19%) mentre il 3,4% ha competenze praticamente nulle e il 24% dichiara di non aver usato Internet negli ultimi tre mesi.

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