Ha atteso oltre tre settimane per far risentire la sua voce. Per tornare a parlare pubblicamente agli italiani. Una novità, anzi un’anomalia rispetto al suo predecessore che aveva fatto degli appelli agli italiani quasi una consuetudine. Invece, Mario Draghi fin dall’inizio ha fatto capire che su questo piano ci sarebbe stata una forte e decisa discontinuità.
E così Mr Bce in occasione della festa della donna, e alla vigilia dell’anniversario del primo, e per ora unico, lockdown è tornato a parlare. Un video alla Conferenza ‘Verso una Strategia Nazionale sulla parità di genere’, promossa dalla Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, nella quale ha parlato di pandemia, che pure tanto ha inciso proprio in termini di violenze sulle donne.
«Ci troviamo tutti di fronte, in questi giorni, a un nuovo peggioramento dell’emergenza sanitaria» ha detto il premier. «Ognuno deve fare la propria parte nel contenere la diffusione del virus. Ma soprattutto il governo deve fare la sua. Anzi deve cercare ogni giorno di fare di più. La pandemia non è ancora sconfitta ma si intravede, con l’accelerazione del piano dei vaccini, una via d’uscita non lontana. Voglio cogliere questa occasione per mandare a tutti un segnale vero di fiducia. Anche in noi stessi» ha continuato Mario Draghi.
Insomma, preoccupazione da un lato ma dall’altro anche la consapevolezza che l’accelerazione sulle vaccinazioni può essere la via d’uscita. Quindi il premier cerca di essere positivo, come fa anche un altro presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi per il quale «la stagione dei sacrifici non è finita» e ammonendo che «non possiamo alimentare illusioni» perché «la riapertura del Paese – è ancora lontana e sarà possibile solo quando la campagna vaccinale sarà sufficientemente avanzata. Ogni minore difesa di oggi la pagheremmo a prezzo più caro domani. Non possiamo permetterci di deludere gli italiani».
Parole che cadono nel giorno in cui l’Italia arriva a 100mila morti, una cifra simbolica che è il doppio di quelli di Aids, 34 volte quelli del terremoto dell’Irpinia, 50 volte quelli del Vajont, 300 volte quelli de l’Aquila. Numeri che indicano la violenza delle varianti e come sia diventato sempre più difficile con gli strumenti a disposizione contrastare l’epidemia. Ecco perché ora dopo ora si stanno facendo sempre più fondate le voci che vorrebbero imminente una stretta delle misure.
La riunione di ieri dei ministri della Salute e per gli Affari regionali, Speranza e Gelmini, del Commissario straordinario per l’emergenza Figliuolo, del capo della Protezione Civile Curcio e dell’ad di Poste Del Fante con Draghi è servita a fare il punto della situazione lasciando alla riunione tecnica, quella del Cts, di valutare se siano necessarie ulteriori misure restrittive.
La riunione si terrà oggi e le ipotesi sul campo sono quelle di cui si parla da giorni, e cioè le chiusure generalizzate nei weekend, zone rosse più severe, e l’adozione del criterio di 250 casi ogni 100 mila abitanti per entrare automaticamente in zona rossa. Un giro di vite che però non trova tutti concordi nella maggioranza.
Sulla linea del rigore il ministro Speranza che ribadisce che «le prossime ore non saranno facili dobbiamo provare a piegare la curva e richiamare tutti alla massima attenzione». Più fredda la Lega e in particolare il suo leader Matteo Salvini che non vuole sentire parlare di lockdown, anche se ufficialmente nessuno ha posto questa opzione sul tavolo, continuando a ribadire la necessità di un approccio più pragmatico e soprattutto modulato sulle singole realtà.
Comunque per il momento il premier resta prudente e attende di capire quali saranno le valutazioni dei tecnici. In base a queste saranno prese le necessarie decisioni. Quindi no alle valutazioni politiche ma pieno affidamento ai tecnici, questa sembra essere la via maestra che intende seguire Draghi.
Il tutto in attesa dell’accelerazione della campagna vaccinale che viene considerata l’unica via d’uscita, e l’ok alla somministrazione di Astrazeneca agli over 65 va proprio in questa linea. E intanto oggi si sottoporrà al vaccino un illustre 80enne, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un dovere ma anche un esempio per confermare che l’unico modo per uscire dalla pandemia è soltanto quello di affidarsi alla scienza.
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