Chiusure e restrizioni non possono essere la risposta perpetua all’emergenza Covid-19 in Italia. Per battere il virus è necessario vaccinare quante più persone possibile nel minor tempo possibile. Una corsa contro il tempo resa irta di ostacoli dalla carenza di dosi e il vaccino russo Sputnik potrebbe rappresentare un’ulteriore arma.
Per il suo utilizzo però c’è bisogno di attendere l’autorizzazione di Ema e, in un secondo momento, di Aifa. Agenzie che dovranno necessariamente spingere sull’acceleratore e approvare prima possibile il vaccino secondo Francesco Vaia, direttore dello Spallanzani di Roma.
«Se ci sono dei vaccini che funzionano non vedo perché non possiamo utilizzarli. In Argentina, dove viene somministrato ormai da settimane, lo Sputnik V ha confermato la produzione di anticorpi neutralizzanti nel 100% dei casi» ha affermato Vaia a Libero.
«In Europa ha aggiunto – l’autorizzazione dell’Ema è necessaria, e in Italia spetta all’Aifa, ed è giusto così, anche perché i cittadini hanno il diritto di sentirsi tranquilli. Il punto è che non si può più perdere tempo: bisogna correre, correre e correre».
In Italia, dice, «ci siamo resi disponibili a facilitare la produzione del farmaco, ci sarebbero tutti gli elementi per cominciare subito: d’altronde il Lazio rappresenta il 70% dell’attività produttiva farmaceutica italiana. Alcune aziende hanno i bioreattori per produrlo, hanno dato la disponibilità immediata. Si potrebbe partire subito, ma i nomi non li posso fare. Il Fondo russo di investimento, che ha finanziato la creazione di Sputnik, ci ha assicurato che metterebbe a disposizione le tecnologie necessarie come ha fatto in India, Brasile, Cina e Corea del Sud».
Come Spallanzani, spiega Vaia, «noi analizzeremo la qualità del prodotto. Faremo un lavoro tecnico. Dopodiché ci metteremo a disposizione. Vogliamo dare un’accelerata alla vaccinazione. In Italia saremmo in grado di farne centinaia di migliaia al giorno, ma senza le dosi dalla pandemia non si esce. La nostra proposta di collaborazione scientifica con l’Istituto Gamaleya è importante perché loro non hanno potuto isolare le varianti, soprattutto quella brasiliana e sudafricana, che praticamente non esistevano da loro».
«Ci siamo impegnati – afferma – a scambiarci informazioni. Ormai siamo oltre l’apprezzamento per il loro vaccino, soprattutto dopo lo studio pubblicato sulla rivista Lancet, che ne ha dimostrato l’efficacia e la sicurezza. La scienza dev’essere sempre neutra, impermeabile agli interessi industriali e politici. Deve lavorare con un unico scopo: il bene comune».
Per Vaia le varianti «non vanno rincorse, la gente non va terrorizzata. Le varianti vanno studiate ed è necessario adeguare il più in fretta possibile le nostre armi: vaccini e anticorpi monoclonali. Oltretutto oggi in Italia la variante inglese incide sul 53% delle infezioni: a questo punto è anche inutile chiamarla ‘variante’. Si tratta del virus prevalente. Non c’è da girarci attorno, il contagio si combatte solo col vaccino».
«Nei Paesi avanti con l’immunizzazione, i contagi degli anziani e degli operatori sanitari sono crollati. Ci sono tanti vaccini validi sul mercato: vanno presi. E’ fondamentale andare oltre i burocratismi e le ideologie. Non si può prescindere da una vaccinazione rapida e di massa» conclude il direttore dello Spallanzani di Roma.