Quanto ha pesato sulla decisione di Zingaretti di dimettersi da segretario del Pd l’esito del sondaggio Swg, per il quale, un M5S guidato da Conte conquisterebbe il 22% dei consensi e il Pd si fermerebbe al 14,2? Tantissimo.
Ma – mentre i contagi crescono, qualcuno profetizza una quarta ondata, diffondendo ulteriore terrore; la disoccupazione cresce e la povertà esplode – a chi interessa di queste dimissioni? Se la realtà è quella certificata dall’indagine la responsabilità è soprattutto sua.
Da quando è al governo con loro, si è messo a inseguire i 5S, appiattendo su di loro il Pd; al contrario di quanto aveva realizzato Salvini che, invece, alleandosi con i grillini, li aveva costretti a una dura cura dimagrante e fatto della Lega il primo partito in Italia.
Di più a Zingaretti che accusa il Pd di parlare solo di poltrone, bisognerebbe chiedere, lui a cosa pensava, quando – pur di evitare lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate, per paura che le vincesse il centrodestra – vi si è alleato consentendo la nascita del governo giallorotto con lo stesso premier di quello gialloverde.
Un’alleanza che li ha spappolati entrambi, costringendoli – per mantenere la poltrona alla “grande ammucciata”. Certo, i pentastellati (o meglio ciò che ne resta dopo la frattura fra governisti, “controvento” di Casaleggio, i no Draghi, ma anche fra questi ultimi) stanno festeggiando per quel sondaggio che, insieme a Conte, li dà al 22%.
Ridono, ma per non piangere. Sanno che alle politiche del 2018, da soli e senza titoli nobiliari avevano stravinto con il 32,7%, quasi undici punti in più. E la situazione si appalesa ancora peggiore se il confronto si fa a livello di alleanza. Tra il 51,4% che ottennero nel 2018 sommando insieme i loro consensi e il 36,2, sempre insieme, che gli attribuisce il sondaggio perdono il 15.2%. E scusate se è poco. Non c’è che dire, un’alleanza davvero “vincente”.
Ciò che, però, veramente interessa gli italiani è che il Tar del Lazio, ha bocciato l’Aifa, accogliendo la richiesta dei medici di famiglia che chiedevano la modifica dei protocolli ministeriali, consentendogli di visitare e curare a domicilio i malati di Covid sin dall’inizio, cancellando quel protocollare «vigile attesa e paracetamolo» (quasi che il coronavirus fosse un raffreddore più forte del normale) che gli impediva di curarli.
A dire dell’Aifa, mancava l’evidenza scientifica che l’intervento tempestivo fosse più utile dello stare a guardare e aspettare. Chissà, cosa, poi. Come, se il fatto che nessun contagiato, curato dai medici di base – a dispetto dell’Aifa e rischiando anche una contestazione ordinistica – con immediatezza, sia morto e tutti siano ancora vivi e vegeti, non avvalori la bontà della cura. Boh!
Oltretutto, il presidente dell’Aifa Palù, ripete da tempo che «questa infezione andrebbe curata a domicilio» e che se «i malati di Covid arrivano in ospedale senza essere stati trattati con i pochi farmaci disponibili, per loro, diventa troppo tardi». Ma il ministro (senza), per noi, Speranza e la stessa Agenzia da lui presieduta hanno continuato a nicchiare, fingendo di non sentire. Fortunatamente, c’è un giudice al Tar e da oggi i medici possono dare ai contagiati i farmaci che ritengono più opportuno. Il Piemonte ha già preparato il necessario protocollo per la cura a casa.
Ma tre inversioni di rotta consecutive: l’accelerazione sui vaccini di Draghi, il via libera del Tar laziale ai medici a curare a casa i malati di Covid, appena diagnosticati, e il piano di vaccinazione del generale Figliuolo, hanno fatto arrabbiare i virologi, a cominciare dal marchese del grillo, Crisanti. «Il generale – ha detto – di fronte agli ingegneri di Amazon è un apprendista».
Niente da dire agli ingegneri di Amazon, ma dopo un anno di pandemia, alla luce degli errori commessi dai presunti esperti, i tantissimi connazionali morti nella “vigile attesa”, ce ne sarebbero da dire a “cascata” a Cts, Aifa e virologi vari che per un anno non hanno fatto che consigliarci di lavare le mani, non toccarci la faccia, mascherarci, starnutire nel gomito e non uscire di casa. Ma non è questo il momento.