Il telelavoro è diventato oggi una normale prassi dell’organizzazione del lavoro, totalmente differente da quell’attività tradizionale che abbiamo conosciuto quando i lavoratori erano tutti presenti fisicamente nell’azienda.
Per sua stessa vocazione si basa sull’utilizzazione di nuove tecniche di comunicazione, procedure certamente più complicate per i lavoratori anziani che non hanno seguito una formazione professionale adeguata, non paragonabile a quella ricevuta dai colleghi più giovani e, cosa ancor più grave, che restano vittime di pregiudizi e stereotipi legati alla loro età, illazioni che però non tengono conto che essi potrebbero meglio adattarsi alle nuove tecniche di lavoro grazie alla loro esperienza e alla conoscenza delle persone e dell’impresa in cui lavorano.
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La formazione professionale potrebbe essere dunque la chiave per evitare le perturbazioni generate dal telelavoro, una soluzione che tuttavia lascia l’azienda restia a ricorrervi perché ritenuta troppo cara e le proibisce, in questo periodo, di sprecare fondi importanti per formare gente che nel giro di pochi anni avrà raggiunto l’età della pensione e fatalmente lascerà l’azienda.
Così la direzione, col pretesto della difficile adattabilità alle nuove tecniche di lavoro, tende a licenziare gli impiegati anziani, una scelta che si rivelerà come uno “tsunami” di licenziamenti che peserà direttamente sul personale più anziano, dirigenti o semplici impiegati, e sulle loro famiglie: un vero disastro sociale che non sembra neanche tanto lontano nel tempo e che arriverà solo nel giro di pochi mesi.
La tendenza al licenziamento dietro il pretesto dell’inefficienza tecnica non si fermerà soltanto ai lavoratori più anziani ma si ripercuoterà negativamente su tutte le attività dell’azienda che avrà così deciso di privarsi del personale più qualificato.
Gli esperti, dopo il periodo di confinamento, hanno notato tuttavia che gli impiegati più anziani hanno sofferto di meno il ritorno alle attività normali e sono riusciti a riadattarsi senza grossi problemi alla sospensione delle attività in telelavoro dimostrando poi un impegno superiore a quello dei colleghi più giovani.
Quando questa pandemia sarà finalmente debellata, sicuramente il ricorso al telelavoro sarà meno utilizzato e si potrà ritornare a un’organizzazione del lavoro più classica anche perché, dopo un anno, questa tecnica ha dimostrato tutto i suoi limiti ed ha confermato che le riunioni in videoconferenza, alla fine, non sono poi così produttive come quelle che si possono fare di presenza, faccia a faccia; niente, infatti, può sostituire gli scambi e i confronti che si possono fare discutendo davanti ad una tazza di caffè.
Ormai abbiamo “riformattato” i nostri modi di essere, persino le nostre coscienze e, nel quadro della riorganizzazione delle attività lavorative, quando il Covid apparterrà al passato, il ricorso al telelavoro sarà destinato a occupare un posto sempre più importante nella vita aziendale, con una valenza sicuramente maggiore a quella che ha già avuto negli anni della grande paura.
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