Draghi alla prova del Senato. Appello all’unità per salvare l’Italia, ma i partiti guardano al loro futuro

di Dario Caselli

Il grande giorno di Mario Draghi è arrivato. Oggi l’ex presidente della Bce esordirà al Parlamento, al Senato per l’esattezza. L’appuntamento è per oggi per alle 10 del mattino, ma soltanto a tarda notte, probabilmente verso la mezzanotte, dovrebbe arrivare la prima fiducia per Mario Draghi.

Tanta l’attesa, naturalmente, per un governo che passerà alla storia come quello con la più ampia maggioranza e per aver soltanto un’opposizione: quella di Fratelli d’Italia. Ieri, ad esempio, ancora Giorgia Meloni continuava a ribadire: «Sono troppi i Ministri in continuità con il precedente governo e troppo è il peso della sinistra nell’Esecutivo. Non riteniamo possibile tentare di ricostruire l’Italia con gli stessi che hanno contribuito a distruggerla. Faremo una opposizione patriottica, lavorando sempre per il bene della Nazione e votando di volta in volta i provvedimenti che riterremo utili per l’Italia».

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E pure Luca Ciriani, capogruppo di FdI al Senato, ripeteva: «Fratelli d’Italia non voterà la fiducia al governo Draghi, perché non è il governo dei migliori, assomiglia molto a un Conte ter. C’è troppa sinistra e poche novità. Però faremo un’opposizione patriottica e voteremo a favore quando saranno in gioco gli interessi degli italiani».

Per il momento il riserbo su quello che dirà Draghi è assoluto. Tante, invece, le ipotesi sui temi attorno ai quali ruoterà l’intervento. Senza dubbio il cuore sarà l’appello all’unità del Paese alla luce dell’emergenza sanitaria, economica e sociale che l’Italia sta vivendo. Peraltro, tutto ciò in linea con quanto detto dal presidente Sergio Mattarella al momento delle consultazioni, vero e proprio assioma per giustificare il mancato ritorno alle urne e il varo di un nuovo governo.

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Sergio Mattarella e Mario Draghi

Poi, c’è da scommettere che ci sarà il passaggio sul tema dell’emergenza sanitaria e della necessità di affrontarla con decisione. Già nel corso del primo Consiglio dei ministri questo argomento è stato oggetto dell’attenzione di Mario Draghi, tanto che la prima vera decisione operativa del premier è stata proprio la mancata riapertura degli impianti da sci.

Contrasto all’emergenza sanitaria che però significa ancora campagna di vaccinazione, che dovrà essere intensificata e organizzata. Su questo è possibile che ci sarà qualche modifica rispetto al suo predecessore Draghi, probabilmente con l’abbandono del progetto delle ‘primule’ e il ricorso a una campagna di vaccinazione più low profile.

Infine, il passaggio sulle risorse del Recovery Plan che vanno utilizzate e investite per avviare un’importante e decisiva fase di riforme in Italia: quella del fisco, quella digitale, quella della giustizia civile. In tutto questo, naturalmente, il riferimento a quel ministero della Transizione ecologica che rappresenta la novità del suo Esecutivo e allo stesso tempo lo strumento con il quale Draghi ha legato a sé e alla sua prima avventura politica il M5S.

Vito Crimi

Temi e discorso a parte, comunque, è fuori di dubbio che sui numeri non ci saranno sorprese e anzi le scommesse riguardano fino a dove si fermerà l’asticella della maggioranza. Unica incognita sono i Cinquestelle che anche nell’ultima riunione dei gruppi parlamentari hanno mostrato di essere tutt’altro che uniti e compatti sul governo. Si racconta che nella riunione in streaming una dozzina di parlamentari abbiano abbandonato. E Vito Crimi è tornato a minacciare che «ogni altro voto sarà considerato in dissenso dal gruppo». Quindi pronte nuove espulsioni.

Ma il M5S è soltanto la spia di un malessere più profondo e che viaggia sotto la superfice del governo. Un po’ come un mare calmo sotto cui si agitano fortissime correnti; sotto il governo di unità nazionale la situazione politica sarebbe tutt’altro che calma e anzi sempre più sono evidenti le mosse dei vari partiti che cercano spazi di manovra.

Lo avevamo accennato già ieri, quando abbiamo detto che comunque tutti i leader politici continuano a guardare a questa esperienza come temporanea e perciò al di là delle pubbliche ammissioni di unità e responsabilità agiscono in previsione dei futuri appuntamenti elettorali.

E la riprova è l’annuncio di ieri della costituzione al Senato di un intergruppo parlamentare Pd-M5S-Leu con il chiaro intento non solo di rinsaldare l’alleanza che finora aveva tenuto in piedi il governo, ma anche quelli di creare una maggioranza nella maggioranza. Non è un caso che i primi endorsement a questa iniziativa siano giunti dall’ex premier Giuseppe Conte che ha invitato a «costruire spazi e percorsi di riflessione che valorizzino il lavoro comune già svolto»

Nicola Zingaretti

Insomma, va bene l’unità nazionale ma i piani e i progetti politici rimangono altri. Nicola Zingaretti lo chiarisce bene: «Noi rimaniamo alternativi alla Lega ma siamo chiamati in questo momento storico a collaborare: mai più una guerriglia quotidiana». E lo dice dopo che due sere fa alla Camera dei deputati ha incontrato lo stesso Matteo Salvini. Nessuna commistione, quindi, «i partiti devono collaborare ma non è impensabile che i partiti si debbano annullare».

Matteo Salvini

Spazi di manovra che nessuno vuole limitarsi. Così anche dalle parti della Lega, al punto che lo stesso Matteo Salvini ieri mattina su una domanda riguardante l’euro ha lanciato l’occhiolino ai no euro: «Euro irreversibile? C’è solo la morte di irreversibile, per fortuna». Parole che, non a caso, hanno subito registrato la secca replica dello stesso Zingaretti: «L’Euro e l’Europa sono la dimensione dove pensare e rafforzare il futuro dell’Italia. Dovrebbe essere anche superfluo ripeterlo».

E così se il ministro Garavaglia attacca il ministro Speranza parlando di «mancanza di rispetto verso i lavoratori della montagna», lo stesso Salvini spiega che il ministro della Salute «ha vissuto un anno sotto pressione, non lo invidio e cercheremo di sostenerlo da tutti i punti di vista». Stop and go che servono a delimitare il proprio campo di gioco, così come accadde ai tempi del Conte I, soltanto che tutti ricordano poi come finì quell’Esecutivo.

Matteo Renzi

E Matteo Renzi? Per ora tace, ma fa parlare i suoi come Ettore Rosato che dinanzi all’intergruppo Pd-M5S-Leu dice: «La scelta di andare verso una coalizione strutturale tra Pd, M5s e Leu, codificata anche nell’intergruppo parlamentare appena annunciato, apre una prateria per chi vuole costruire la casa dei riformisti. Italia Viva c’è e ci sarà. Per il riformismo, contro il populismo». Ennesima conferma che il clima al di sotto del governo è tutt’altro che sereno e che ognuno gioca la recita la sua parte in questa grande commedia che è il governo Draghi.

Tutte mosse che però potrebbero nel tempo indebolire Draghi e che offrono un quadro della situazione ben più articolato e complesso. Su tutto ciò dovrà andare ad innestarsi l’operato di Mario Draghi e sempre su questo l’ex governatore della Bce dovrebbe trovare quelle coordinate che consentiranno al suo governo di portare l’Italia in salvo rispetto alle tre emergenze di cui ha parlato Mattarella.

Non sarà semplice, e il rischio è che con il tempo il governo Draghi diventi una pentola a pressione, e non più un’opportunità, all’interno della quale la pressione dei partiti per ritrovare la loro libertà salirà. Ecco perché la tesi che questo sia un governo a tempo, di massimo un anno, rimane quella più accreditata. Altrimenti il rischio è che la pressione salga troppo al punto da travolgere tutto e tutti. Un finale che chiunque si augura di voler evitare. Almeno per il momento.

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