La maggioranza c’è, adesso ci vuole la squadra di governo. L’ultimo giorno di consultazioni del presidente incaricato conferma il pronostico delle attese, e cioè che la maggioranza per Mario Draghi sarà ampia e che l’unica forza che si siederà all’opposizione sarà Fratelli d’Italia.
Senza dubbio un buon inizio per l’ex governatore della Bce e soprattutto per Sergio Mattarella che aveva rivolto alle forze politiche un appello per fronteggiare le gravi emergenze che attanagliano l’Italia, dalla crisi sanitaria a quella economica, passando per quella sociale. Tutto bene, quindi? Non ancora perché adesso ad attendere Mario Draghi è la composizione della squadra di governo. Un compito non semplice e che finalmente scioglierà l’ultimo dubbio e cioè se questo sarà un governo politico o tecnico, e soprattutto se ci sarà o meno una continuità con il Conte bis.
Nell’attesa di dipanare questa matassa, questa mattina Mario Draghi sarà atteso dalle organizzazioni sindacali e da quelle territoriali per chiudere finalmente il cerchio e potersi poi dedicare alla definizione della squadra di governo, dopo naturalmente essere andato sul Colle a sciogliere la riserva. E il fatto che alla fine Beppe Grillo sia intervenuto per rinviare il voto su Rousseau consentirà di non allungare oltre modo i tempi. E’ possibile, quindi, che si potrà tenere fede alle previsioni della vigilia e cioè riuscire a giurare già venerdì per poi esordire in Parlamento per la fiducia all’inizio della settimana.
Come detto la giornata di ieri, che ha visto succedersi il centrodestra nei suoi tre principali partiti e il M5S, ha non soltanto chiuso la girandola delle consultazioni, ma soprattutto definito il quadro della maggioranza di governo. Di questa, come ampiamente previsto, solo Fratelli d’Italia si è sfilato confermando il suo no alla fiducia, anche se Giorgia Meloni si è riservata la possibilità di esprimere un voto di astensione. Tutto dipenderà dalla composizione del governo e dal programma, che Draghi presenterà direttamente in Parlamento.
L’incontro con la delegazione di FdI è stato tra i più lunghi: circa un’ora il che conferma come il confronto sia stato approfondito tra le parti. La leader nella conferenza stampa successiva ha spiegato di aver parlato soprattutto lei e di aver avuto, per il momento, da Draghi poche risposte. Da quelle poche però è emerso che la flat tax non ci sarà, così come il taglio delle tasse.
Guardando ai programmi la Meloni ha rivendicato di aver anticipato per lettera a Draghi «5 linee di intervento che sono natalità, sicurezza, infrastrutture specie portuali e con il recupero gap tra nord e sud, ricostruzione post sisma e la riconversione delle produzioni industriali» e su questi si attende risposte dal futuro premier.
Sul piano internazionale ha chiesto «quale sarà la postura dell’Italia rispetto ai partner internazionali. Abbiamo visto troppo spesso una nazione prona». Inoltre, riguardo il contrasto alla pandemia, oltre a chiudere la stagione dei Dpcm di Conte, «abbiamo chiesto la riapertura di tutte le attività con rispetto dei protocolli, perché ci sono filiere che hanno pagato per tutti senza avere colpe e secondo noi questa storia non può andare avanti».
Per la Meloni, quindi, «l’approccio di Fdi è prettamente ed estremamente pragmatico. Ci siamo. Non ci piace come è nato questo governo, non voteremo la fiducia, ma siamo a disposizione di Draghi se vorrà e, quando vorrà, dialogare con noi per il bene della Nazione e cose utili al Paese». Intanto sul fronte dell’opposizione già oggi ci sarà un primo assaggio per Draghi anche se ancora alla ricerca della quadra per il governo. Infatti alle ore 11 al Senato si terrà la conferenza stampa del capogruppo Luca Ciriani e dei senatori Urso e La Pietra sulla privatizzazione di Monte dei Paschi di Siena. Sarà presentata la mozione, primo firmatario Urso, sostenuta da tutti i senatori per chiedere a Draghi di chiarire l’operazione di privatizzazione di MPS, fugando così tutti i dubbi che ci sono riguardo questa vicenda. MPS che, tra l’altro, si intreccia con la possibile candidatura alle suppletive di Giuseppe Conte. Insomma, Siena ombelico del mondo della politica.
Fin qui Fratelli d’Italia. Gli altri del centrodestra invece convintamente schierati per il governo. Forza Italia, con Silvio Berlusconi che per l’occasione è ritornato in Italia, ha ribadito che «è necessario a superare questa drammatica crisi sanitaria, sociale ed economica».
Da qui l’impegno a fare «la nostra parte con lealtà e con spirito costruttivo. La gravità dell’ora impone a tutti di mettere da parte i calcoli, le tattiche, gli stessi interessi elettorali, per mettere al primo posto la salvezza del paese. Se questo avverrà sono certo che l’Italia riuscirà ancora una volta a risollevarsi e ad andare avanti». Insomma, a Draghi il Cavaliere ha assicurato «il nostro sostegno e quello di Forza Italia, con la sollecitazione ad adottare scelte di grande profilo, tenendo conto delle indicazioni dei partiti ma decidendo in piena autonomia».
Sostegno a Draghi anche dalla Lega di Matteo Salvini che ha parlato di «un altro incontro molto intenso, molto utile spero reciprocamente stimolante, abbiamo parlato di tante cose ma non abbiamo parlato di Ministeri o di Governi tecnici e politici perché abbiamo fiducia nell’idea di squadra e di Italia che ha il professor Draghi». Anzi il leader leghista si è augurato che «nessuno si metta di traverso» ed ha confidato che non vede l’ora di partire.
Nessun dubbio, quindi, anche perché su temi divisivi come l’immigrazione Salvini ammette di chiedere «politiche di stampo europeo, come fanno altri Paesi: Spagna, Francia Germania e Slovenia. Non c’è un modello Salvini ma una buona gestione della sicurezza e contrasto al traffico esseri umani». Ma è soprattutto in Europa che si misura la nuova Lega sempre più europeista. Infatti, ieri al Parlamento europeo ha votato a favore del regolamento per il Recovery Fund. Una notizia visto che finora la Lega si era astenuta, lasciando così solo FdI che invece si è astenuto.
Una giravolta che la delegazione europea della Lega ha spiegato così: «Preso atto dell’impegno che non ci sarà alcun aumento della pressione fiscale, che la stagione dell’austerity è finalmente archiviata, che si ridiscuteranno i vecchi parametri lacrime e sangue e che si aprirà una stagione nuova per l’utilizzo dei fondi del Recovery, prendiamo l’occasione per riportare l’Italia protagonista. Voteremo a favore del Recovery per dare concretezza alla fase nuova che sta per iniziare».
Tutto è bene quel che finisce bene per il governo? Non proprio perché qualche timore giunge dal M5S. Anche in questo caso l’incontro di ieri con Draghi è stato molto lungo.
All’uscita il capo politico Vito Crimi ai giornalisti ha chiarito che «il Recovery plan partirà da quello che c’è già, non ci saranno stravolgimenti» e che «oggi più che mai è necessario rafforzare le misure di sostegno e razionalizzare» quelle esistenti, «creare misure universali che mettano insieme sussidi e ammortizzatori sociali, un sostegno sociale non solo per i lavoratori ma per tutte le categorie in difficoltà, perché il tema del lavoro è la principale sfida dopo che scadrà il blocco dei licenziamenti che ci auguriamo di poter prolungare il più possibile».
Insomma, il reddito di cittadinanza non si tocca. Ma è Beppe Grillo ad agitare gli animi, che se da un lato ammette in un video che riguardo Draghi «mi aspettavo il banchiere di Dio, invece è un grillino, mi ha detto che vorrebbe iscriversi…», dall’altro sulla Lega confessa di aver «detto a Draghi che la Lega non deve entrare nel governo perché di ambiente non capisce nulla». Posizioni che senza dubbio danno la misura del clima interno alla prossima maggioranza.
Intanto, però il fondatore del M5S smina il terreno dalla questione Rousseau spiegando che Draghi «mi ha dato ragione su tutto, ma domani votare su queste robe… no, aspettiamo un attimo. Aspettiamo lui che abbia le idee chiare, perché lui dirà cosa vuol fare. Aspettiamo un attimo a fare delle domande a cui voi dovete dare delle risposte, un pò di pazienza». Per ora, quindi, il referendum sul governo sulla piattaforma Cinquestelle va in soffitta. E la vera domanda è se mai ci sarà e nell’attesa di svolgersi avremo un governo sub judice?
Domande che sembrano suonare come ironiche ma che purtroppo rispondono alla realtà delle cose e testimoniano che, al di sotto del nome di Mario Draghi si muovono gli stessi protagonisti e le stesse forze politiche che poi hanno caratterizzato questa pazza legislatura. Un dato che sembra conferma che forse tutto sommato la scelta di Fratelli d’Italia di rimanere fuori potrebbe essere vincente. In fin dei conti la leader di FdI rileva un dato e cioè che il fallimento dei due precedenti governi è dovuto proprio alle forze presenti in Parlamento e che anche con il più bravo premier non sarà possibile ottenere nulla di buono. Che abbia ragione? Come dice la canzone, lo scopriremo soltanto vivendo.
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