La dead line è fissata per le 18 di oggi pomeriggio, per allora le consultazioni del presidente incaricato con i partiti saranno terminate e inizierà il conto alla rovescia per la salita al Quirinale e quindi la formazione del governo. Mario Draghi è quasi giunto al termine e se tutto dovesse procedere come previsto già verso venerdì potrebbe giurare e per l’inizio della prossima settimana presentarsi al Parlamento per il voto di fiducia.
Nel frattempo, però, ci sono ancora alcune questioni da risolvere quale quella del programma e soprattutto della compagine di governo, in particolare il rebus di chi siederà al tavolo rotondo di Palazzo Chigi. Saranno ministri politici o semplicemente tecnici di area? E soprattutto si tratterà dei leader di partito o delle seconde linee? Interrogativi che già oggi potrebbero cadere, in particolare quelli sul programma che Mario Draghi avrebbe intenzione di portare avanti.
Coesione sociale, questa la parola chiave che dovrebbe guidare l’ex governatore della Bce nel primo impegno politico della sua vita e sui cui sarà impostata la politica economica del governo. Negli incontri che si sono succeduti ieri, ma per la verità già dalla scorsa settimana, tra le preoccupazioni principali espresse da Mario Draghi c’erano la crisi economica e la necessità di creare le condizioni per la ripresa.
Niente bonus o incentivi ma piuttosto misure capaci di stimolare gli investimenti e perciò la crescita stessa. Accanto a questa una riforma organica del fisco, per ridurre la pressione fiscale e sostenere i consumi.
Gli italiani, sarebbe questo il messaggio che vorrebbe lanciare Draghi, devono tornare ad avere fiducia ed a credere nella crescita e nello sviluppo. Per fare questo anche il ritorno a scuola attraverso, ad esempio, la possibilità di un recupero delle lezioni nel periodo estivo, laddove sarà possibile. E nel recupero della fiducia naturalmente la lotta alla pandemia con una campagna vaccinale, che va portata a termine in breve tempo, e investimenti sostenuti nel settore della Sanità che proprio l’epidemia ha mostra gracile.
Tolto il velo al programma si potrà passare alla composizione del governo e la sensazione che circola è che Draghi si affiderà a una composizione mista, fatta di ministri tecnici e di ministri politici. Ma questo step senza dubbio prenderà ancora un po’ di tempo. Infatti, Draghi ha fissato per mercoledì mattina l’incontro con i rappresentanti sindacali. Questo significa che almeno fino a mercoledì pomeriggio non se ne parlerà di salire al Colle. Tutto tempo per definire la squadra.
Intanto, i partiti continuano il loro posizionamento. La Lega è senza dubbio quella che sta compiendo i passi più decisi verso il governo. Vere e proprie piroette. E’ il caso della decisione di attendere il colloquio con Mario Draghi per decidere come votare al Parlamento europeo sul regolamento per il Recovery Fund. Ai tempi del governo Conte la Lega si astenne insieme a Fratelli d’Italia, stavolta però i leghisti hanno fatto trapelare l’ipotesi addirittura di votare a favore.
Si tratterebbe di una vera e proprio svolta anche in chiave di futura collocazione europea e cioè verso il Ppe. Da via Bellerio spiegano questa folgorazione sulla via di Bruxelles perché «lo scenario cambierebbe completamente se invece dell’austerity praticata in passato si passasse ad una fase di investimenti, di crescita e di rilancio economico, senza un aumento di tasse ma liberando energie e risorse in ambito pubblico e privato».
Insomma, «un conto era il silenzio del precedente governo che non ha coinvolto nessuno nella stesura del Recovery, altro sarebbe un piano di investimenti, crescita e sviluppo condiviso col Paese, che permetta di superare le politiche di tagli e austerità che hanno provocato tanti danni».
Voto a favore che avrebbe anche una valenza futura in quel processo di avvicinamento al Ppe a cui proprio Giorgetti starebbe lavorando da tempo, e di cui il via libera al governo Draghi sarebbe soltanto una tappa.
Ad astenersi rimarrebbe soltanto Fratelli d’Italia, come conferma il capo delegazione di Fratelli d’Italia-Ecr all’Europarlamento, Carlo Fidanza, che chiarisce: «Siamo a favore del Recovery Fund ma non possiamo accettare un Regolamento che reintroduce le regole dell’austerità mettendo a serio rischio la fase attuativa del piano in Italia. Per questo motivo ci asterremo».
Scelte in Europa che ricalcano quelle in Italia, visto che FdI sarà l’unico partito di centrodestra a rimanere fuori dal perimetro della maggioranza di governo.
Ciononostante, ieri Giorgia Meloni ha presentato a Mario Draghi in vista dell’incontro di oggi le proposte di FdI attraverso una lettera e sei schede sintetiche con le principali proposte sulle grandi priorità dell’Italia: «1. Implementazione delle linee guida sul Recovery Plan italiano; 2. Proposte in ambito economico per mettere in sicurezza il tessuto produttivo della Nazione, garantire la continuità delle imprese e i posti di lavoro; 3. Misure di contrasto all’epidemia da Covid-19; 4. Difesa e tutela delle infrastrutture e degli asset strategici nazionali; 5. Gestione dei flussi migratori e contrasto all’immigrazione irregolare di massa; 6. Anomalie riscontrate nella gestione commissariale. Aspetto, quest’ultimo, che richiede una celere operazione di trasparenza e chiarezza».
Fratelli d’Italia che oggi ribadirà la «decisione di non far parte del nascituro governo da Lei presieduto, non per avversione preconcetta nei Suoi riguardi ma perché convinti che una maggioranza parlamentare eterogenea e litigiosa non possa gestire la difficile fase che attende l’Italia». Rimane comunque fermo il proposito di «opposizione patriottica che non farà mai mancare il suo contributo a sostegno delle misure utili alla Nazione».
Se Fratelli d’Italia ha deciso la sua posizione, chi invece continua ad essere in mezzo al guado è il M5S che ieri ha ufficializzato che dopo le consultazioni con Draghi sottoporrà a Rousseau la decisione di partecipare al governo. In realtà toccherà a Beppe Grillo predisporre il quesito, il che avrà un peso sul risultato finale. In realtà la situazione all’interno dei Cinquestelle rimane rovente e proprio il ricorso agli iscritti per la partecipazione al governo Draghi starebbe a confermarlo. I governisti hanno appreso della decisione come un fulmine a ciel sereno e il timore è che cosa fare se i no dovessero prevalere.
Si dice che anche Draghi sia rimasto sorpreso, ma soprattutto dalle parti del Quirinale la decisione di appellarsi al web sia stata digerita mal volentieri. E’ evidente che si tratta di un fuori programma pericoloso e che potrebbe serbare conseguenze inattese. Come detto però è la spia di una situazione difficile che si vive nel Movimento, che al Senato può ancora registrare una fronda ampia e solida.
Fatto sta che comunque si andrà avanti con il voto del blog, mentre continua la marcia di avvicinamento di Giuseppe Conte al M5S e alla sua presidenza. Anzi circola voce che al posto del dimissionario Padoan, andando a guidare Unicredit, nel collegio di Siena potrebbe essere candidato proprio l’ex premier. Un’ulteriore conferma del ruolo sempre più centrale che per il futuro potrebbe giocare Conte.
Futuro a parte ora bisogna pensare al presente ed a un governo da fare. Oggi si concluderanno le consultazioni con i partiti e domani scatterà l’attesa per la salita al Colle di Draghi, ed allora si capirà quale strada avrà intrapreso l’ex governatore della Banca d’Italia: quella tecnica o politica.
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