Super Sud, un tuffo nella storia: dopo Eleonora Pimentel i primi anni dell’800 Vincenzo Cuoco

di Mimmo Della Corte

Se l’anima del giornalismo rivoluzionario napoletano era stata Eleonora Fonseca Pimentel, il protagonista di quello del periodo francese nei primi anni dell’800, è stato indiscutibilmente Vincenzo Cuoco.

Rientrato a Napoli da Milano, dove aveva dato alle stampe il “Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli”, una liquidazione postuma di tutta l’esperienza rivoluzionaria, ed aveva ideato e contribuito, come primo direttore, in modo determinante al successo del “Giornale Italiano”, nel pieno dell’estate 1806 fu ricevuto con tutti gli onori dal Governo di Giuseppe Bonaparte e dal segretario generale del Consiglio di Stato, Tito Manzi: e su proposta di quest’ultimo accettò di dirigere il “Corriere di Napoli”, testata che nasceva sulle ceneri del “Moderatore” con il compito di fare da contraltare al “Monitore napolitano”, organo del ministro di Polizia, Saliceti.

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Cuoco e “Il Corriere di Napoli”, in guerra contro il “Monitore napolitano”

“Mission” del nuovo giornale era quella di adoperarsi per contribuire a quella politica di conciliazione tra i partiti che stava tanto a cuore a Giuseppe (Bonaparte, ndr). L’impronta del Cuoco è facilmente riscontrabile nel “Prospetto” che è datato 16 agosto 1806, data di uscita del primo numero, ma in realtà è precedente.

Per rendersene conto è sufficiente leggere le considerazioni che vi sono esposte: intanto che «un foglio periodico non è più semplice pascolo di oziosa curiosità, ma diventa materia ed istrumento di utile istruzione».

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Premessa da cui traspare l’impegno ad educare lo spirito pubblico, traendo «la parte maggiore di questo nostro giornale dalle stesse cose nostre» e di non scrivere «per li sapienti ma pel popolo», anteponendo «a quel che è solamente dotto ciò che è veramente utile» e affondando poi lo sguardo e l’interesse «su tanti avanzi di gloriosa antichità, de’ quali è ricoperto questo nostro suolo». E questi impegni Cuoco mantenne fino a quando, a partire dal 1808, cominciò ad essere sommerso da altri e più significativi e prestigiosi incarichi.

Dal matrimonio forzato fra “Corriere” e “Monitore” il “Monitore delle due Sicilie”

A prenderne posto e spazio fu il secondo redattore: l’abate Emmanuele Taddei, bravo sì ma certamente più superficiale. Abbiamo scritto prima che il “Corriere di Napoli” era nato per far da controvoce al “Monitore napolitano”, ma la polemica fra i due con il tempo diventò tanto aspra, dura ed inopportuna che, con un decreto del 10 gennaio del 1811, il governo impose che i due giornali si fondessero e dessero vita, loro entrambi trisettimanali, ad un quotidiano ufficiale unico: nacque così il “Monitore delle due Sicilie” che uscì il 1° febbraio del 1811 e fu affidato alla direzione e alla responsabilità del Ministero di Polizia Generale.

Fu giornale vario ed interessante, ricco di notizie, collaboratori e redattori, e in polemica costante con i giornali dell’isola e con la “Gazzetta britannica” di Messina. Anche Vincenzo Cuoco ricominciò a scrivere con la frequenza dei primi anni del “Corriere” e, quando nel 1813 dovette per l’ulteriore peso dei propri impegni personali ritirarsi definitivamente, lasciò l’autorizzazione per la ristampa e la pubblicazione di alcuni pezzi, precedentemente apparsi sul “Giornale Italiano”.

Altro periodico politico del tempo, ma di non grande rilievo, fu il bisettimanale “Giornale del Vesuvio”, nato il 17 ottobre 1814: dietro di sé, a parte qualche ammonimento alle corti europee che ovviamente lasciò il tempo che trovò, lasciò poche tracce e pochissimi rimpianti.

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