Non c’è dubbio che il governo Draghi otterrà una vasta maggioranza, quasi bulgara, in questo parlamento. Infatti tutti i partiti hanno interesse a trarre profitto o perlomeno a non perdere posizioni di rendita di potere da questa situazione.
Anche a costo di smentire clamorosamente tutte le posizioni tenute fino al giorno prima dall’incarico a lui conferito. Partito democratico e Cinque stelle avevano appena finito di affermare con durezza e convinzione «con Conte o elezioni», così come la Lega – con tutto il Centrodestra – era attestata fermamente sulla posizione del governo di Centrodesra subito oppure elezioni.
Forse l’unico più consequenziale è stato Renzi che, invece, stava proprio eseguendo un piano preordinato e finalizzato alla nomina di Draghi. Ora, che sul piano tattico del posizionamento delle forze politiche il PD e Movimento 5 Stelle abbiano interesse a restare in maggioranza e non mollare le posizioni di governo e sottogoverno racimolate in quest’anno è mezzo, ci può anche stare, così come è comprensibile la necessità di Forza italia di recuperare spazio di manovra per riuscire a riprendersi dal declino in cui versa, ed è pure, non solo accettabile ma anche interessante la giravolta della Lega che con un colpo feliino (come fece d’altronde all’epoca del governo giallo verde) si è inserita in una operazione che fa saltare il banco della alleanza PD Cinque stelle e della sinistra.
Tutto plausibile tranne il tentativo di far passare questa questa manovra di puro posizionamento di tutte le bandiere come una prova di patriottismo.
Per carità basta con questo diluvio di retorica patriottica per cui tutti si sacrificano per il bene del Paese. Innanzitutto perché se fosse questo il motivo, se, cioè, il venir meno ai propri elettori o alla propria appartenenza fosse necessario per salvare il paese dall’emergenza economica e sanitaria, tutto ciò è quanto già asserivano tutti i “responsabili” che si sono cimentati per salvare il Conte bis e sono stati tutti giustamente dileggiati e vituperati. Se non era vero allora non è vero oggi!
In realtà il vero problema non è l’emergenza ma è la necessità di programmare gli investimenti del Recovery Fund in modo mirato allo sviluppo del paese, avendo una chiara visione del futuro. Su questo si cimenterà ed è stato chiamato un personaggio come Draghi.
Ma proprio per questo aspetto stride la contraddizione di tutti i partecipanti.
Perché se è chiaro che occorre una visione politica del futuro, questa non può nascere da una maggioranza che comprende tutto e il contrario di tutto. Pensare di poter seguire questa strada significa l’abdicazione della politica ad una direzione tecnico finanziaria del futuro del paese con buona pace sia della destra e sia della sinistra. Per questo la posizione della Meloni è la più coraggiosa, forse velleitaria ma certamente lucida e coerente.
Luciano Schifone
già europarlamentare e presidente del tavolo
del partenariato economico e sociale