Casertavecchia. Si può realizzare una discarica a pochi metri della chiesetta di San Rocco?

di Nicolò Antonio Cuscunà

Il Partito Democratico casertano con i sostenitori laici del “Marino bis”, dovrebbero spiegarci com’è possibile, anche con autorizzazioni valide e parziali, realizzare l’accatastamento di monnezza a pochi metri, in linea d’aria, dalla chiesetta di San Rocco localizzata all’ingresso del Borgo Medioevale di Casertavecchia. Avete capito bene, alle spalle del gioiellino del XIV secolo – San Rocco -.

Il luogo scelto è posto a non più di 150mt., in linea d’area, ai piedi del “maschio del castello”. Discarica in corso di realizzazione, ecopiazzola o ricicleria per il servizio ambientale a supporto delle cittadinanze del quartiere collinare di Casertavecchia. Un vero aiuto (?) ai residenti nei Casali di Casola, Pozzovetere e Sommana, indotti a percorrere kilometri per disfarsi di ingombranti (reti e materassi, frigo e cucine).

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Ottimo ed artistico biglietto da visita per i turisti provenienti da tutto il mondo. L’Ente comune di Caserta, a guida Carlo Marino (PD), a partire dal 2017, nel silenzio assordante del C.C. – non chiamato a deliberare sul problema -, associazioni ambientaliste, conservatrici, tutelatrici, mummificatrici, deliberò la realizzazione di detta “illuminante struttura”.

Conoscendo le pubbliche indecenze, siamo portati a pensare l’utilizzo della discarica anche da cittadini provenienti da altri luoghi della città e per disfarsi non solo di materiali inerti. Atti deliberativi, autorizzazioni, decreti dirigenziali Comunali e della Soprintendenza assemblati ma non sufficienti. Dall’attento studio della pratica, rileviamo un’inadempienza di non poco conto formale e legale.

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Nel foglio 9 la particella catastale 363 – via Tiglio località San Rocco – è censita quale “Beni Comuni ad usi civici – legge del 1929 n.1766. Il suolo interessato alla cosiddetta “micro isola ecologica” ricade nei “terreni demaniali” di cui al principio di: inalienabilità, inviolabilità, non usucapibilità, nonchè la perpetua destinazione agro-silvo-pastorale – Assessorato all’Agricoltura Regione Campania – usi civici dei terreni demaniali -.

Il problema esiste e presenta irregolarità sostanziali. Ribadiamo, all’iter procedurale mancano atti deliberativi comunali. Il sito scelto, già transennato per i lavori, di proprietà del demanio comunale, presenta almeno due (2) irregolarità: non svincolato con delibera di consiglio comunale (l n. 1766 del 1927), non possiede l’autorizzazione, cambio di destinazione d’uso, rilasciata dal competente ufficio agricoltura della Regione Campania. Alle inadempienze formali e sostanziali va aggiunta l’inopportuna scelta difettata da: “assenza di logicità storico-culturale”.

La scelta del podestà Marino, (mal consigliato da qualche locale valvassore) poteva ricadere in zona a “zero impatto storico-paesistico-culturale”, in proprietà pubblica o da espropriare. Così non è stato, segno di scelleratezza amministrativa e di inesistente rispetto della “Res Publica”.

Tutti dovrebbero rammentare – in particolare gli alloggiati nella Reggia e i tecnici comunali – il Decreto del Presidente della Repubblica Italiana – n.1639 del 15 ottobre 1960 col quale venne dichiarato il Borgo: “monumento nazionale”. Dimenticanza, strafottenza, ottusità, negligenza, non si comprende. Il rilascio delle – parziali – autorizzazioni danneggiano l’immagine del Borgo Medievale. Soprintendenza in dubbio d’allegra gestione, Ente a guida Carlo Marino omissivo d’atti deliberativi di Consiglio Comunale. Questi i fatti, speriamo qualcuno intervenga e blocchi i lavori.

Il sito in questione è tra due strade, poste alle spalle del “gioiellino architettonico con copertura a botte”, dedicato al Santo protettore dei viandanti e degli appestati – Rocco di Monpellier. La chiesetta venne edificata (XIV sc) lungo un’antica deviazione dell’Appia Traianea, tratturo quasi del tutto dimenticato.

Il tratturo in questione, proviene dall’Appia, s’inerpica per San Pietro ad Montes sino a San Rocco, prosegue per l’Eremo di San Vitaliano per continuare a tappe verso Benevento (è in atto l’individuazione, tracciatura e tabellazione dell’Antica Appia da Capua a Benevento e Brindisi). L’edificio venne ristrutturato nel 1996 – Soprintendente G.M. Jacobitti, su motivata richiesta del sottoscritto, al tempo parlamentare della Repubblica – nella circostanza venne stampata una cartolina munita di annullo postale.

Fin qui i fatti tecnico-amministrativi e la storia.

Per comprendere la “cappa” insistente sull’argomento, abbiamo cercato di saperne di più dagli abitanti del Quartiere dell’altopiano. Mai scelta più ardita e non comprensibile. Dei tanti intervistati non c’è stata persona disposta ad esprimere pareri riguardo alla scelta. Pesante cappa omertosa calata per ammutolire i più.

Le persone raggiunte telefonicamente, si sono dimostrate affabili nel sentirmi, ammutoliti, tergiversanti, infastiditi e riottosi nel rispondere nel merito della vexata quaestio. Questo problema, non è ultimo per importanza, rispetto alla incomprensibile decisioni della discarica di monnezza nel centro storico di Casertavecchia, al contrario appare gravissimo e d’approfondire.

Un popolo ammutolito non è libero. Un popolo cieco, sordo e muto non vive in democrazia. Un popolo pauroso d’esprimersi è infelice, e le istituzioni dello Stato sono doverosamente chiamate ad intervenire.

Su questi problemi, Caserta deve interrogarsi, la buona politica deve intervenire, la società non può girarsi dalla parte opposta a questi drammatici problemi, far finta di non conoscerli rende complici.

Setaro

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