La crisi di governo non si sblocca. Ad oltre 48 ore dalla fiducia risicata in Senato la ‘nottata’ per Giuseppe Conte non è terminata e in fondo al suo percorso non si vede ancora la luce.
Tanto che ieri sera il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, ha ammesso che «le elezioni sono più vicine» e questo perché «abbiamo sempre detto che la crisi si sarebbe rivelata un salto nel buio».
E’ evidente che potrebbe trattarsi anche di una forzatura per convincere quei senatori ancora recalcitranti e in attesa di spuntare migliori condizioni per il passaggio in maggioranza, a fare il grande salto. Ma comunque le parole di Orlando colgono la situazione di stallo che in questo momento sta vivendo la maggioranza. E ad aggravare la situazione anche l’indagine per ‘ndrangheta nei confronti del segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, il quale è stato anche costretto a dimettersi immediatamente.
Un’uscita di scena che potrebbe complicare le trattative per portare i centristi nell’area di maggioranza, senza contare che a queste notizie il M5S ha subito alzato le barricate e soprattutto il ponte levatoio per accedere al governo. «Con la stessa forza con cui abbiamo preso decisioni forti in passato, ora mi sento di dire che mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi», ha detto Luigi Di Maio; mentre Alessandro Di Battista: «Chi ha condanne sulle spalle e indagini per reati gravi, perché Cesa non è certo indagato per diffamazione, non può essere un interlocutore».
Certo questo non esclude che si possano intavolare discussioni separatamente con i due senatori dell’Udc, Saccone e Binetti, ma il rischio è che alla fine l’indagine possa far naufragare qualsiasi ipotesi di accordo. E questo anche alla luce del fatto che, come detto, al momento sviluppi concreti non se ne vedono.
Dal canto suo Giuseppe Conte sta lavorando con grande impegno per allargare i confini della maggioranza. Secondo quanto ottenuto dal presidente Mattarella ha dieci giorni per raggiungere quel significativo risultato che metta in sicurezza il governo. E questo passa per la costituzione di gruppi alla Camera e al Senato che consentano non soltanto in Aula ma anche nelle Commissioni di non avere sorprese.
Soprattutto al Senato c’è una data da rispettare, ed è quella di mercoledì 27 gennaio quando in Aula arriverà la relazione sullo stato della Giustizia in Italia firmata dal ministro Bonafede. Matteo Renzi ha già fatto sapere che voterà contro, e sommando i voti di Italia Viva a quelli del centrodestra è quasi certa la bocciatura della relazione, con l’effetto di innescare l’ennesima crisi nel governo che stavolta però potrebbe essere fatale.
Per questo Conte sta cercando di fare in fretta a partire proprio dai senatori di Italia Viva per convincerli ad abbandonare Renzi. Si parla di un paio di senatori, probabilmente quattro che potrebbero passare in maggioranza, aderendo a quel gruppo ai cui starebbe lavorando l’ex tesoriera di Fi, Maria Rosaria Rossi.
A sua volta però l’ex sindaco di Firenze risponde cercando di scompaginare tutto e stendendo la mano alla maggioranza: «Siamo ancora in tempo per fermarsi, il mio appello è: anziché fare il compro, baratto e vendo di singoli parlamentari, tornate alla politica. Smettiamola di fare le polemiche che stanno facendo in queste ore. Se volete confrontarvi nelle sedi istituzionali noi vi abbiamo scritto, vi abbiamo fatto le proposte, ci siamo».
In effetti l’appello potrebbe nascondere il tentativo di uscire dall’assedio a cui è sottoposta da giorni Italia Viva, e lanciare un messaggio agli stessi senatori Iv a non accettare le lusinghe della stessa maggioranza. Difficile però che Conte ritorni sui suoi passi e riapra ai renziani.
Intanto, il premier ieri sera in un Consiglio dei ministri convocato per l’occasione ha provveduto a nominare il sottosegretario con la delega ai Servizi segretari. Si tratta del suo consigliere diplomatico Piero Benassi, ambasciatore di livello e capo di gabinetto dei ministri degli Esteri Emma Bonino e Federica Mogherini. Scelta che quindi è ricaduta su un fedelissimo di Conte, ma che al tempo stesso sarà gradito anche al Pd.
In questo modo Conte tiene fede a uno degli impegni che aveva preso lunedì e martedì quando aveva chiesto la fiducia in Parlamento. Segno della volontà di seguire il percorso annunciato ma anche probabilmente per distogliere l’attenzione sui risultati, per il momento miseri, dell’allargamento della maggioranza.
Se Conte dimostra attivismo, non è da meno il centrodestra che ieri è stato ricevuto dal Capo dello Stato. Anche in questo caso un incontro durato poco meno di un’ora nel quale, come spiegato in una nota congiunta di Meloni-Salvini-Tajani, è stato «manifestato al presidente, a nome dell’intero centrodestra, la grande preoccupazione per la condizione dell’Italia. Mentre emergenza sanitaria ed economica si abbattono su famiglie e imprese, il voto di martedì ha certificato l’inconsistenza della maggioranza». Da qui la «convinzione del centrodestra che con questo Parlamento sia impossibile lavorare» e ribadendo la «fiducia nella saggezza» del capo dello Stato.
Il Colle non ha fatto trapelare nulla, ma probabilmente come con il premier Conte il Capo dello Stato ha ribadito la necessità di fare presto e di porre al centro sempre gli interessi dei cittadini, alla luce della grave crisi economica e pandemica che si sta vivendo. FdI e Lega però continuano ad insistere per tornare al voto, perché come chiarisce Giorgia Meloni «il problema non sia semplicemente il Governo ma questo Parlamento, che non può risolvere i problemi della Nazione e che non può dare all’Italia una maggioranza compatta per fare le cose coraggiose delle quali c’è bisogno».
Stessa linea anche per Matteo Salvini: «Diamo la parola agli italiani e poi per cinque anni si parla di fatti. Abbiamo detto al presidente che in questo Parlamento non è possibile trovare un’altra maggioranza». Concorde sul ritorno alle urne anche Forza Italia convinta che continuare a traccheggiare così per altri due mesi sia rischioso. La nota stonata viene invece da Giovanni Toti. Infatti, il governatore ligure non vede il voto come soluzione, anzi chiarisce che: «se come sembra i numeri di questo governo non stanno in piedi andare al voto sarebbe controproducente. Iniziamo a pensare a soluzioni alternative».
Tutto ciò comunque conferma che tanto nella maggioranza e tanto nell’opposizione la situazione è costantemente in divenire. Senza dubbio questo sarà un week end lungo, in attesa di una settimana che ad intensità non sarà da meno rispetto a quella appena trascorsa.
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