Internet è certamente il sistema di informazione di massa più democratico mai conosciuto nel tempo, una tribuna dove tutti possono esprimersi, scrivere versi, pubblicare fotografie e disegni e intraprendere discussioni. Un mezzo adeguato ai tempi per manifestare quella libertà individuale tanto agognata ma che oggi rimane purtroppo vittima della mancanza di una regolamentazione specifica che, paradossalmente nel corso degli anni, invece di favorire l’esercizio di questa libertà ne ha ridotto l’effettiva portata.
Le piattaforme sociali sono dominate da grandi società internazionali ancora più ricche e potenti di molti Stati nazione. Queste società considerano tutte le attività esplicate in rete come una semplice fonte di reddito, tanto che si sarebbe potuto credere che tutto questo avrebbe portato ad una neutralità oggettiva, contraria ad ogni pregiudizio, axiologica come l’avrebbe chiamata Max Weber.
Purtroppo non è stato così perché le attività promosse dalle reti rappresentano uno strumento per controllare l’informazione ed aumentare la potenza economica mondiale degli oligarchi che ne sono i proprietari.
Prova ne è che questi stessi proprietari hanno introdotto loro regole personali di rigore politico, arrivano a silenziare chiunque li contesti e si permettono persino di espellere tutti quelli che dimostrano di non accettare le loro imposizioni. La censura della libertà di espressione, una volta caratteristica dei regimi autoritari è oggi di ritorno sotto una nuova forma.
La libertà d’espressione ha sempre costituto una pietra miliare del processo democratico e non è sicuramente compito degli algoritmi nè dei proprietari delle piattaforme internet decidere quali siano le espressioni corrette e quali quelle sbagliate.
Spesso questi ricchi proprietari condividono le idee della sinistra che tenta di classificare ogni critica fondamentale alla sua ideologia come un “discorso portatore di odio” presupponendo come sola risposta conveniente che quella critica venga indicata come non corretta e possa essere censurata e persino punita.
Qualcosa comincia però a muoversi, stranamente in un uno dei Paesi di Visegrad, additati tra gli alunni ribelli dell’Unione europea, proprio in Polonia, dove il primo ministro conservatore Mateusz Morawiecki, alla notizia che il proprietario di Twitter, Jack Dorcey avrebbe espulso l’ormai ex presidente Trump e la rete sociale presidenziale “Parlare” sarebbe stata bloccata da Jeff Bezzos, proprietario dei server Amazon che ne avevano consentito l’utilizzo, ha aperto la riflessione sul fatto che i proprietari delle reti sociali non possano credere di operare al di sopra della legge.
Il primo ministro polacco ha ricordato di essere nato quando i carri sovietici invadevano l’Ungheria e tutti i Paesi dell’ex cortina di ferro subivano impotenti la censura del regime sovietico e proprio per impedire il ripetersi di quel periodo sciagurato per la democrazia la Polonia proporrà una regolamentazione nazionale specifica contro la censura e contro il monopolio delle reti sociali augurandosi che le stesse regole possano poi venire adottate da tutti gli Stati membri dell’UE.
Evidentemente oggi diventa necessario stabilire norme giuridiche per fare legalmente opposizione alle richieste di divieto e di soppressione dei contenuti da parte dei proprietari delle piattaforme sociali davanti una Corte per la protezione delle libertà d’espressione che dovrà essere istituita al più presto. Il tribunale potrà così ordinare ai media sociali internet di riabilitare gli utilizzatori cancellati e di ripubblicare i loro testi se le loro parole dovessero rivelarsi conformi alla norme costituzionali previste. La Corte potrà anche comminare ammende milionarie alle imprese che rifiutano di adeguarsi alla sua decisione o che non si siano adeguate in tempo opportuno.
L’iniziativa polacca potrà anche non essere avvertita come necessaria, sarà sicuramente catalogata come non political correct, ma forse riuscirà a suonare l’allarme e a risvegliare le coscienze degli europei perché possano combattere ogni forma di censura ed opporsi ad un nuovo Grande Fratello che stabilisca come dobbiamo vivere e ci indichi quello che possiamo pensare.
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