No, non l’aveva nemmeno lontanamente immaginato che dopo il primo mandato potesse essere sfrattato dalla “sua” Casa Bianca. A parte che nessuno in sua presenza si sarebbe potuto permettere di ipotizzare cose del genere. O dargli consigli su come muoversi, su quali azioni politiche intraprendere; su quali messaggi non twittare.
Ma ammesso che qualcuno avesse lontanamente perseguito una simile idea per aiutarlo, per consigliarlo, un “vaffa”, come minimo, sarebbe stata la sua risposta feroce, intransigente. Ovviamente con un licenziamento in tronco, se si fosse trattato di un dipendente o anche di un amico.
No, Donald Trump nel suo ego smisurato non prendeva proprio in considerazione che un concorrente potesse sedersi al suo posto nello “Studio Ovale”. E chi meglio di lui, Donald, poteva far uscire l’America, e non solo, dalla congiuntura negativa che era piombata sul mondo a causa del Covid?
Non ha perso tempo Joe Biden, il 46esimo presidente americano, appena insediato, a fare atti per certi versi eclatanti. Ha proclamato il 20 gennaio, giorno del suo insediamento, “giornata nazionale di unità”, invitando gli americani «a unirsi e a scrivere il prossimo capitolo della storia della nostra democrazia, una storia di decoro e dignità, di amore e di riconciliazione, di grandezza e di virtù». Quest’invito al popolo americano sembra proprio un atto d’accusa per il suo predecessore che in fatto di decoro e dignità, di amore e riconciliazione, di grandezza e virtù ha lasciato molto a desiderare.
Donald, nella convinzione di brogli a favore di Biden che lo avrebbero penalizzato, non ha voluto partecipare all’insediamento del suo successore, né ha voluto seguire la prassi dei suoi predecessori usciti dalla Casa Bianca con sorrisi ed incitamenti al nuovo “inquilino”. «Se lo facesse da solo l’insediamento nella mia Casa Bianca», ha pensato dal primo momento.
Appena entrato nello studio Ovale il neopresidente ha firmato 15 ordini esecutivi che il suo predecessore nemmeno in sogno avrebbe accettato. Tra i provvedimenti la revoca del Travel ban nei confronti di alcuni paesi a maggioranza mussulmana. Poi l’obbligo di indossare la mascherina all’interno degli edifici federali e il provvedimento per mettere fine alla dichiarazione di emergenza utilizzata da Trump per reperire i fondi con i quali costruire il muro al confine con il Messico. Insomma, un volta pagina totale, senza precedenti.
Si può ben immaginare l’ira dell’ex presidente nel vedere in TV Biden sorridere e piangere mentre è nominato nuovo presidente degli States. Lui, l’ex presidente, s’illude di poter rimettere i piedi da padrone nello Studio Ovale, ma sembra proprio un’allucinazione.
«È certo che Trump non riceverà il Nobel per la Pace, ma adesso entrerà nel Guinness dei primati come unico presidente finito sotto impeachment per ben due volte». L’ha dichiarato Michael Cohen, ex avvocato di Trump, che ha scontato una pena in una prigione federale per aver comprato il silenzio di due donne coinvolte in relazioni extraconiugali con l’ex presidente.
«L’eredità di Trump includerà: l’amministrazione più corrotta nella storia americana, un massiccio trasferimento di decisioni politiche alle società di capitali, un razzismo e una xenofobia anti-immigranti mai così palesi e aggressivi in qualsiasi altra amministrazione dei nostri giorni…» Lo dichiara Robert Weissman, presidente del gruppo liberale Public Citizen.
Certo, l’America patria della democrazia come l’ha sempre vista il mondo intero non si meritava un personaggio come Donald Trump. Ma è una “storia” da tenere sempre in mente per chi crede veramente nella sovranità popolare.
I soldi possono comprare tutto? La brutta storia di Trump c’insegna che bisogna puntare in politica sulla formazione dei cittadini. Nel loro coinvolgimento nelle azioni politiche. Finché la politica verrà considerata dal popolo come qualcosa che non gli appartiene, tutto può succedere e i vari Trump nel mondo prospereranno.
C’è bisogno che i cittadini già da giovani vengano formati alla politica, non all’appartenenza a questo o quel partito. La scuola in questo campo dovrebbe impegnarsi molto, ma anche le tante associazioni non partitiche che vogliono il bene del Paese.
Finché non riusciremo a dare ai cittadini una coscienza politica, finché la politica, e chi la pratica, sarà vista come qualcosa di truffaldino, di non corretto e via dicendo, i pericoli per la tenuta democratica del Paese sono tanti.
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