Un ‘patto di legislatura’ per arrivare al Conte ter. Ma si teme lo strappo dei renziani

di Dario Caselli

Patto di legislatura. Sembra essere questa la parolina magica per chiudere la crisi che da settimane si è aperta all’interno della maggioranza di governo. La via d’uscita indolore e che potrebbe alla fine mettere tutti d’accordo, e soprattutto Giuseppe Conte e Matteo Renzi i due protagonisti di una lotta degna del miglior Achille e del più coraggioso Ettore.

Patto di legislatura che suona come un’intesa tra tutti i partiti della maggioranza, possibilmente siglata con il beneplacito del presidente della Repubblica così da evitare scherzi, e che porterebbe verso quel Conte ter che non solo dalle parti dei renziani ma anche dello stesso Pd non è visto così male. Anzi per molti l’approdo naturale di un governo che da prima dell’estate non è mai riuscito a passare dalla fase 1 di lotta al Covid a quella 2.

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Il tutto, chiaramente, dopo aver messo in cassaforte il Recovery Plan che finalmente a notte fonda è arrivato sulle scrivanie dei ministri, dando così il via libera ufficiale alla convocazione del Consiglio dei ministri per questa sera alle 21.30. E quindi il timing dovrebbe essere grossomodo questo: approvazione o comunque via libera del Recovery Plan, che così potrebbe approdare in Parlamento per il confronto con le opposizioni e poi con le parti sociali, e successivamente si aprirebbe la fase del tagliando al governo peraltro accelerato dalle dimissioni delle ministre di Italia Viva.

Cdm approva misure per Lampedusa e LinosaInfatti, si fa sempre più concreta la voce che questa sera o al massimo domani Italia Viva potrebbe ritirare la propria delegazione al governo. Un passaggio che aprirebbe di fatto la crisi e quindi la verifica all’interno della maggioranza. Ma la novità, ieri rilanciata da tutti i giornali e che starebbe prendendo sempre più quota, è quella di una veloce e blindata crisi di governo con passaggio parlamentare che porterebbe alla nascita di un Conte ter con una squadra di governo rinnovata e rafforzata con l’arrivo dei big della maggioranza.

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E’ ancora da verificare se ci sarà il coinvolgimento di segretari di partito come Zingaretti e Renzi, ma nell’Esecutivo dovrebbero figurare esponenti di primo calibro come Orlando, vicesegretario del Pd, Maria Elena Boschi, Ettore Rosato (entrambi per Iv), probabilmente lo stesso Graziano Delrio. Possibile l’istituzione della figura di un vicepremier, così come la cessione della delega dei servizi a un sottosegretario.

Tutto ciò da un lato verrebbe incontro alle richieste di cambiamento e di rinnovamento chieste con forza da Matteo Renzi, ma dall’altro il patto di legislatura dovrebbe rappresentare quel percorso sicuro e tranquillo che Conte richiedeva e senza il quale finora non aveva dato alcuna disponibilità a un’ipotesi che non fosse quella del rimpasto.

Insomma, evitare la crisi al buio ma allo stesso tempo garantire quel rinnovamento che da più parti ormai viene considerato un obiettivo non più rinviabile. Chiaro che si tratta al momento ancora di un’ipotesi perché bisognerà vedere se tutti i tasselli si incastreranno al posto giusto, sempre che non insorgano variabili al momento non considerate.

Graziano Delrio

Ma le parole di ieri mattina del capogruppo alla Camera del Pd Graziano Delrio confermano che questo scenario trova un’ampia condivisione: «Serve un deciso rilancio dell’azione di governo attraverso un Patto di legislatura che dia alla maggioranza, nella mutata condizione complessiva, una visione definita ed unitaria del cambiamento necessario all’Italia che certamente non ha bisogno di crisi al buio o perenni conflittualità. Il presidente del Consiglio sta lavorando alla sintesi delle proposte già avanzate dai partiti per la definizione di un patto di fine legislatura. Ci aspettiamo che rapidamente la coalizione ne discuta, in uno spirito unitario di cui lo stesso Conte non può che essere garante».

Ed a sera Goffredo Bettini, eminenza grigia del Pd, ribadiva lo scenario: «Noi del Pd per primi abbiamo posto la questione di una ripartenza del governo. Dobbiamo avere un’alleanza molto solida, che abbia un’intesa politica e che concordi un programma di fine legislatura. Un programma preciso, chiaro. E fare anche un riassetto del governo. C’è una disponibilità a fare questo, persino con una crisi breve, gestibile, parlamentare, che non apra quelle fibrillazioni che di solito le crisi procurano».

I prossimi giorni saranno quindi determinanti e senza dubbio ad altissima tensione, perché basterà poco per far saltare l’operazione Conte ter. Come detto però prima bisognerà aver messo in sicurezza il Recovery Plan che finalmente ieri è stato distribuito ai ministri. In base alle bozze circolate la sua veste è profondamente mutata, a partire dalla governance che stavolta non è indicata lasciando al Parlamento la responsabilità di delinearla.

In tutto si tratta di 171 pagine articolato «in 6 Missioni, che a loro volta raggruppano 16 Componenti funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del governo. Le Componenti si articolano in 47 Linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. I singoli Progetti di investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro».

Sul piano delle risorse il piano Nazionale di Ripresa e Resilienza messo a punto dal governo prevede per il settore sanitario quasi 20 miliardi di risorse mentre il primo capitolo rimane quello della rivoluzione verde e transizione ecologica con 68,9 miliardi. Salgono le risorse appostate su due dei principali macro capitoli del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, quello dell’istruzione e ricerca da 27,91 a 28,49 miliardi, e quelle per la digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura da 45,86 a 46,18 miliardi.

Infine, anche un passaggio su una serie di riforme per «rafforzare l’ambiente imprenditoriale, ridurre gli oneri burocratici e rimuovere i vincoli che hanno rallentato gli investimenti». In concreto si cita la riforma della concorrenza, della giustizia, del mercato del lavoro e del fisco, e in particolare dell’Irpef. L’obiettivo è «la riduzione delle aliquote effettive sui redditi da lavoro, dipendente ed autonomo, in particolare per i contribuenti con reddito basso e medio-basso, in modo da aumentare il tasso di occupazione, ridurre il lavoro sommerso e incentivare l’occupazione delle donne e dei giovani».

La parola adesso passa alla politica e chiaramente al Consiglio dei ministri che dovrà dare il via libera al piano. Poi si apriranno i giochi per il futuro del governo e in questo caso la prima mossa potrebbe essere quella dei renziani uscendo dal governo. Ed allora non sarà che l’inizio di una lunga partita, senza dimenticare però il Covid che continua a bussare con violenza alle porte degli italiani e con il Dpcm in scadenza il 15 gennaio. Insomma, ce ne è per non annoiarsi.

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