Nella lotta all’emergenza Covid-19 l’Italia resterà chiusa ancora per un bel po’. Parola del governo Conte. Titolari di ristoranti, bar, pub e attività sospese per affrontare la crisi pandemica potranno mettersi solo l’anima in pace.
L’Italia ormai è in un limbo, perennemente in attesa di un Esecutivo incapace di prendere una decisione netta e chiara, ma anche di prendere decisioni semplici. Da circa un mese va avanti la crisi attorno al Recovery Plan e ai servizi segreti, Conte & co assicurano che non si può andare al voto perché ci sarebbe un pericoloso vuoto di governo e un’impennata dei contagi. Nel frattempo però si rimanda all’infinito la soluzione della lite con Renzi, si tiene nel limbo l’Italia e non si permette alla gente di lavorare da mesi. Le tasse, però, quelle le si continua a pagare.
Tutto è iniziato quando il ministro Speranza e il premier hanno deciso di istituire le zone e chiudere il Paese a novembre perché così si sarebbe «salvato il Natale» e il commercio. Peccato però che le misure intraprese si siano rivelate insufficienti e a dicembre si è deciso di ‘eliminare’ il Natale ma provando a salvare lo shopping. Si può acquistare (cashback natalizio docet) ma se lo fai sei un criminale perché crei il pericolo di assembramenti.
Troppo elevato il rischio di terza ondata a gennaio per non creare panico, allarmismo e confusione negli italiani. Risposta? Tante misure inconcludenti ma di quelle che servirebbero per mettere davvero al sicuro il Paese (rafforzamento dei trasporti pubblici, investimenti sulla sanità etc etc.), poche regole ma chiare e precise, nemmeno l’ombra. E allora che si fa? Dopo aver cancellato le festività si arriva a gennaio. All’estero aumentano i contagi, dovranno per forza (dicono) aumentare anche in Italia. E allora? E allora nuove strette.
Nell’incontro Stato-Regioni di ieri il Speranza ha confermato di voler introdurre il divieto per bar e ristoranti di vendere cibi e bevande da asporto dopo le 18, indipendentemente dalla fascia. Conferma, inoltre, per tutte le zone della regola che consente a massimo due persone di andare a trovare a casa parenti e amici, stop alla mobilità tra le regioni, anche tra quelle gialle, istituzione di una zona bianca, per «dare un segnale» del lavoro che si sta facendo e che consentirà di entrare in una fase diversa in tempi però più lunghi.
Inoltre si interverrà sugli indici per facilitare gli ingressi in zona arancione delle regioni a rischio alto: nel nuovo Dpcm ci sarà l’abbassamento della soglia dell’Rt: con 1 si va in arancione e con 1,25 in zona rossa. In poche parole sarà più facile entrare nelle fasce con restrizioni più alte e di contrappasso sarà più difficile uscirne.
Dal governo però assicurano che le attività colpite dalle chiusure saranno opportunamente ‘ristorate’. Peccato però che a distanza di mesi dal primo decreto ‘Ristori’ manchino ancora i decreti attuativi e di aiuti concreti se ne siano visti ben pochi. Chi ci crede ancora alla favola dell’aiuto di Stato contro l’emergenza economica? In pochi.
Come testimoniato da un gruppo di migliaia di ristoratori che ha già annunciato che da venerdì 15 aprirà la propria attività anche in fascia serale, assicurando però che lavoreranno rispettando distanziamento e misure di sicurezza. In barba ai dpcm che impongono la chiusura alle 18. Perché morire di fame vale quanto morire di Covid.
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