Per quello che rappresentava, quando – scarpette bullonate ai piedi e maglia azzurra sulla pelle – calcava i terreni di gioco; per quello che ha dato, consentendo, ai tifosi vedere realizzato un sogno: la conquista dello scudetto tricolore che sembrava destinato a restare tale e per quello che ha rappresentato anche dopo per la città e per l’affetto sempre dimostratele, Diego Armando Maradona, resterà per sempre nella storia del Napoli e di Napoli e nei cuori dei supporters azzurri.
Per i quali sarà difficile dimenticare le annate calcistiche 1986/1987 e 1989/1990, quelle, cioè, dei due scudetti tricolori. Ricordo che in occasione del primo scudetto rivolgendomi a mio figlio, appena 7enne, ma già tifosissimo della squadra azzurra gli dissi: «pensa, io ho dovuto aspettare ben 40 anni per assaporare questa felicità».
Del Napoli e della Napoli che in lui si riconoscevano e l’amavano di quell’amore che nasce dentro quando ci si accorge di avere incontrato la persona dei tuoi sogni, quella che ti aiuterà a realizzarli, Diego in quegli anni ha interpetrato l’anima e la voglia di vincere, guidandoli al di là ed al di sopra dei loro limiti.
E queste entrambi glielo riconosceranno e gliene saranno grati in eterno. Perché, al tempo stesso ha saputo essere un genio del calcio, ma anche emblema di sregolatezza e per questo vittima della droga che gli fece confessare al regista serbo Kusturica che lo ha raccontata nel docufilm “Maradona”: «La droga? Immaginati che giocatore sarei stato senza cocaina».
Stasera non piange soltanto Napoli, piange tutto il calcio internazionale. Ha perso colui che pur con tutti i suoi errori, le sue sregolatezze e i suoi difetti (ma chi non ne ha?), è stato il suo più grande protagonista. Buon riposo, Diego. Napoli e i napoletani, non ti dimenticheranno!
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