Pensate un po’ se solo qualche anno fa qualcuno avesse ipotizzato un personaggio come Donald Trump alla guida dell’America. Sarebbe stato ingiuriato, sbeffeggiato, qualificato ignorante come minimo. L’America, patria della democrazia, non avrebbe mai potuto ospitare alla Casa Bianca un uomo come Trump. Un “ballista” inveterato, senza ritegno, che non si pone il minimo scrupolo come capo della Casa Bianca a dire tutto ed il suo incontrario. Nel suo striminzito vocabolario il termine “prudenza” non esiste, non l’ha mai conosciuto.
Eppure questo “soggetto”, democraticamente eletto, è a capo del “mondo” libero. È il punto di riferimento di tanti Paesi che hanno visto e vedono ancora l’America una guida, un essenziale riferimento in quanto a libertà, a giustizia sociale, a parità di diritti. Certo, in quella realtà di contraddizioni ce ne sono tante: da un passato dove la schiavitù imperversava, ad un futuro dove pur essendo abolite le discriminazioni sul colore della pelle, restano le divisioni, le prevaricazioni. Dove la parola “unità”, tra bianchi e neri, tra i poveri i ricchi, è una delle più pronunciate ma rimane tra le più disattese.
No, Trump non si è dimostrato un buon presidente. Governare un Paese come l’America non è lo stesso che giocare in borsa e vincere. O fare soldi a gogò speculando su tutto e tutti. Si può essere super finanzieri d’assalto, o meno, ma non capaci di gestire “democraticamente” un condominio, figurarsi gli Stati Uniti d’America.
I veri problemi che l’elezione di Trump ha posto sono probabilmente questi: “Quanto i soldi contano per vincere; quanto la democrazia è condizionata dal potere finanziario che non da quello delle idee a base della politica”.
Sì, certo, in alcuni Paesi per far diminuire il “potere” dei soldi nelle campagne elettorali sono stati stabiliti dei limiti di spesa. Non si può superare un tetto massimo finanziario per le campagne elettorali. Le regole, in alcuni casi ci sarebbero pure, ma la facilità per aggirarle, per non rispettarle, fa sì che queste norme si rilevino assolutamente inutili e nulle. E tutti lo sanno bene. Ma, in questo modo, la coscienza è salva!
Giulio Andreotti, che in fatto di massime relative alla vita reale era un maestro, andava ripetendo: «Il potere logora chi non ce l’ha». Aveva ragione però fino ad un certo punto. La frase si attagliava alla perfezione al grande Giulio politico. Ma non ad altri. Perché “il potere” è qualcosa di complesso che se non si sa gestire con umiltà, non sopravvalutandosi, solo perché si ha la potenza che viene da esso, il proprio destino sarà per sempre segnato. Si scivolerà su quel “potere” che non si è saputo gestire con «scienza, coscienza ed onestà». Si sarà travolti dalla sua forza, dalla sua potenza, dalla propria incapacità a gestire il “mostro”.
Non solo il Divo Giulio ha scritto massime sul potere. Anche suoi illuminati e famosi predecessori si sono misurati, in forma di massima, sul tema. Scriveva Lucio Anneo Seneca: «La prima arte che devono imparare quelli che aspirano al potere è di essere capaci di sopportare l’odio». A volte odio ingiustificato, provocato dalle posizioni politiche che si portano avanti, ma sempre odio che lascia sgomenti.
Il grande Gigi Proietti, indimenticabile personaggio dello spettacolo italiano, purtroppo ci ha lasciati da pochi giorni. Probabilmente lui conosceva questa massima apparsa negli anni settanta sui muri della facoltà di Lettere dell’Università di Roma e poi divenuta motto del movimento del 1977: «La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà!»
Chissà se Trump, una volta eletto alla casa Bianca, si è preso la briga di leggere per lo meno i discorsi più significativi dei suoi predecessori. Avrebbe trovato questa massima di John Fitzgerald Kennedy: «Quando il potere porta l’uomo verso l’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe la sfera di interesse dell’uomo, la poesia gli ricorda la ricchezza e la diversità dell’esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia rigenera».
Ed a proposito di gestione del potere aveva proprio ragione Sofocle quando affermava: «Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si vede amministrare il potere». Da questo punto di vista abbiamo, purtroppo, fin troppo ben compreso la “natura” ed il “carattere” del presidente Donald Trump, e non solo di lui.
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