Whirlpool Napoli, a soli nove giorni dalla chiusura l’azienda conferma: «Nulla è cambiato, lasceremo via Argine»

di Redazione

Lo stabilimento della Whirlpool Napoli chiuderà. La multinazionale americana non cambia opinione e questa mattina ha comunicato l’intenzione di andare avanti con lo stop alla produzione fissato al prossimo 31 ottobre. A niente sono serviti i mesi di trattativa e i tavoli di discussione al Mise, prima con l’ex ministro Luigi di Maio e poi con il successore Stefano Patuanelli. Entrambi più volte avevano annunciato la risoluzione della vertenza. Tutto inutile e oggi il rischio chiusura si fa molto più concreto, specchio dell’ennesimo fallimento del governo Conte.

L’azienda ha ribadito il concetto: «Dopo 18 mesi, sebbene gli sforzi messi in campo siano stati importanti e unici, il mercato su Napoli non è cambiato. Quindi confermo quanto abbiamo già detto un anno fa». «Il 31 di ottobre la produzione su Napoli cesserà» ha affermato il vice presidente operazioni industriali Emea di Whrilpool, Luigi La Morgia.

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Whirlpool Napoli, Patuanelli: «Prendo atto»

Pacifico, come se il problema non rigardasse il suo ministero, il ministro Stefano Patuanelli: «Abbiamo cesellato tutti gli strumenti che potevamo costruire per incentivare la permanenza di Whirlpool a Napoli». «E prendere atto che dopo tutto questo la decisione non è cambiata ci porta a essere in sofferenza e difficoltà per quei lavoratori. Io personalmente ero convinto che ci fossero le condizioni per continuare, prendiamo atto che così non è. Informerò il governo in Consiglio dei ministri questa sera» afferma.

Provenzano: «Decisione Inaccettabile»

Più battagliero il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano. «È una decisione inaccettabile – ha commentato Provenzano -, presa altrove, dal board americano sulla testa del management italiano, ancor più grave perché avviene nel pieno della pandemia in una città già in forte sofferenza. È il più grande gruppo industriale presente nel nostro Paese nel settore, ma l’ho detto in questi mesi all’azienda e l’ho ripetuto oggi: un piano senza Napoli non è un piano per l’Italia».

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Giuseppe Provenzano
Giuseppe Provenzano

«La multinazionale – continua Provenzano – apre un vulnus nel rapporto con il Paese. Non onora l’impegno assunto con l’Italia nel piano industriale del 2018, in cui si riaffermava la strategicità dello stabilimento napoletano, anche per il tipo di produzione alto di gamma». «Escludere Napoli, e dunque l’Italia, dalla possibilità di intercettare il rientro previsto di produzioni precedentemente localizzate in Asia, di nuove produzione che sulla base delle nostre informazioni l’azienda avvierà altrove, mostra un’indifferenza nei confronti dell’Italia che smentisce il dichiarato impegno del Gruppo Whirlpool nel nostro Paese. Tutto questo mina la credibilità dell’intero piano industriale per l’Italia» sottolinea.

«Il vulnus con l’Italia che si apre oggi investe di una responsabilità l’intero Governo. Ne discuteremo stasera in Consiglio dei Ministri. L’impegno è salvare la produzione e il lavoro. Su questo, non possiamo arretrare» conclude il ministro.

I sindacati annunciano battaglia

I sindacati annunciano che non molleranno e proseguiranno la battaglia. «Di fronte alla conferma della chiusura dello stabilimento di Napoli risponderemo con lo scontro sociale – dice Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom-Cgil – Chiediamo un intervento del presidente del Consiglio Conte per la convocazione urgente di un incontro. La vertenza Whirlpool è emblematica dell’autorevolezza del nostro Paese».

Il leader Uilm, Rocco Palombella, rigetta la palla nel campo dell’esecutivo che, nel luglio scorso, aveva annunciato la presenza di due proposte di acquisizione del sito di via Argine a Napoli profilando tempi brevi per la due diligence. «Patuanelli deve prendersi le sue responsabilità – afferma Palombella – Whirlpool non se ne può andare. Altrimenti diventa la vergogna italiana. Diamo indicazioni precise di quello che si vuole fare. Dove stanno i progetti di Invitalia? La multinazionale aveva già deciso di andarsene. Altrimenti è aria fritta. Io non li prendo in giro i lavoratori. Una volta per tutte chiariamo cosa vogliamo fare».

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