Il grande giorno è arrivato. Oggi Matteo Salvini sarà davanti ai giudici di Catania per l’udienza preliminare sul caso della nave Gregoretti. L’ex ministro dell’Interno rischia fino a un massimo di 15 anni per sequestro di persona nei confronti dei 131 migranti che rimasero quatto giorni sulla nave militare italiana Gregoretti, prima di poter sbarcare il 31 luglio 2019.
Ma il processo sarà da contorno alla manifestazione, anzi la tre giorni, organizzata dalla Lega per dare pieno sostegno al suo leader. La ‘Pontida catanese’ è stata subito ribattezzata con il piazzale del porto dove è stato allestito il palco con la gigantografia ‘Processate anche me!’, e che oggi accoglierà anche gli alleati del Centrodestra, Giorgia Meloni e Antonio Tajani.
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Matteo Salvini soltanto oggi deciderà se e quando parlare davanti al giudice e maturerà le proprie decisioni riguardo l’udienza preliminare. Però, intervistato ieri da Maria Giovanna Maglie si è detto convinto che «il processo non ci sarà», e quindi nessun rito abbreviato. E riguardo le polemiche piovute sulla Lega e sul tentativo di intimidire i giudici con la manifestazione chiarisce: «Domani la Lega non ha organizzato nessuna manifestazione davanti al tribunale, mai mi sarei permesso di andare a occupare il libero e legittimo lavoro della magistratura e mi spiace che lì ci sia un partito che di democratico ha solo il nome e va in piazza durante un’udienza».
Il riferimento di Salvini è alla contro manifestazione che sempre oggi ci sarà a Catania organizzata a pochi passi dal palazzo di giustizia in piazza Trento dove ci saranno i militanti di ‘Rete Mai con Salvini’. Un’iniziativa in opposizione a quella leghista, con la partecipazione anche di esponenti del PD, rigorosamente senza bandiere. Notevoli le misure di sicurezza previste con oltre 500 poliziotti ad evitare qualsiasi contatto.
Salvini: «Questo processo è un precedente pericoloso. E’ un problema per le istituzioni»
Tornando al processo, Salvini ha ribadito che questo è «un precedente pericoloso, non per Matteo Salvini. Ed è vero, ma per chi verrà dopo di me, perchè qualcuno, accecato dall’odio per me e per la Lega, ha deciso di risolvere in tribunale una controversia politica. Ma domani chiunque rischia lo stesso: il ministro della Scuola, il ministro del Lavoro, il ministro dei Trasporti, il ministro dell’Agricoltura … Se facesse qualcosa che la maggioranza politica del momento ritenesse illegale, cosa fai, mandi a processo mezzo governo? E’ un problema per le istituzioni, è una violenza alla Costituzione».
Della stessa idea Giorgia Meloni, che come detto alle ore 8.30 sarà con Tajani a dare sostegno a Matteo Salvini. «Domani saremo a Catania per portare la solidarietà a Matteo Salvini, è un nostro solido alleato. Ma ci siamo anche e soprattutto per difendere un principio sacrosanto: un ministro che fa quello che la maggioranza degli italiani gli ha chiesto di fare, che difende le leggi di questa nazione e che difende i confini di questa nazione, non può essere processato per questo».
Sul tema del contrasto all’immigrazione Salvini ha ricordato che «l’Italia non poteva essere il campo profughi dell’Europa. Era il mio lavoro, non ho torto un capello a nessuno. Durante il mio ministero i morti sono più che dimezzati».
Meloni: «Il punto è e rimane impedire le partenze. FdI rilancia il blocco navale»
E Giorgia Meloni continua a ripetere che «il punto non è dove chiudere e dove aprire, non è chiudere una regione e spostare quei migranti in un’altra. Il punto è e rimane impedire le partenze. Fratelli d’Italia è l’unico partito che ha fatto una proposta sensata: una missione europea, un dialogo con le autorità libiche, l’istituzione, in accordo con le autorità libiche, di un blocco navale al largo delle coste della Libia, l’apertura in Africa degli hotspot, la valutazione in Africa di chi ha diritto ad essere rifugiato e chi invece è immigrato clandestino e poi la distribuzione equa, nei 27 Paesi, solo dei profughi».
Ma sulla questione il governo sembra virare verso un’altra strada e cioè verso la modifica dei decreti Sicurezza. L’appuntamento è per lunedì, quando il Consiglio dei ministri si riunirà per decidere. E Conte è pronto all’ennesima giravolta, visto che sempre con lui premier questi decreti erano stati varati e da lui stesso difesi. Ma la situazione rimane complicata, soprattutto a causa della forte confusione che regna nel M5S.
Le preoccupazioni però non sono tanto per il CdM, nel quale dovrebbe passare il testo del decreto così come uscito dall’accordo siglato lo scorso luglio, ma per il passaggio parlamentare. E’ qui che più di qualcuno teme che il testo possa essere stravolto e soprattutto su questo si possano scaricare le tensioni che da settimane covano nel Movimento.
Uno dei nodi è la reintroduzione della protezione umanitaria, fortemente voluta dal Pd e che il M5S vorrebbe evitare. Chi ancora si oppone alla riforma dei decreti continua a ripetere che ci si deve limitare ai richiami formali del Capo dello Stato. Il problema però è il Pd che pretende, alla luce del risultato delle regionali, la modifica profonda dei decreti e non accetta accordi al ribasso.
Come detto il vero banco di prova sarà il passaggio parlamentare, lì si vedrà la tenuta della maggioranza soprattutto considerando che le reazioni dell’opposizioni saranno durissime. In special modo della Lega che ha già fatto sapere di essere pronta a bloccare il Parlamento.
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