Nel Movimento 5 Stelle c’è aria di regolamento di conti. L’euforia per la vittoria del referendum è durata ben poco. Il tempo di guardare i risultati delle regionali dove i candidati del Movimento sono usciti sconfitti pesantemente dappertutto. In Campania, fortino del M5S, dove nelle ultime elezioni i grillini avevano raggiunto il 49% di preferenze, la candidata Valeria Ciarambino ha raggranellato un misero 9,93%.
Ad aprire il fuoco, ci ha pensato Alessandro Di Battista che ieri aveva sottolineato come l’ultima tornata elettorale abbia rappresentato «la più grande sconfitta della storia del Movimento 5 Stelle». Di Battista, nella sua video-disamina, ha analizzato anche il successo del referendario invitando i colleghi di partito alla calma. «Partiamo – ha detto – dal referendum: io ero molto scettico sulla possibilità di portare a casa questa riforma. Il 70% dei consensi riportati non possono essere considerati solo un successo del Movimento 5 Stelle. Occhio, ci andrei molto cauto: rischiamo di commettere un errore».
«Se il 70% ha votato “sì”, vuol dire che il quesito era giusto, comprensibile. Gli italiani hanno apprezzato che si intervenisse in maniera precisa e puntuale sul calderone. Ma è altrettanto vero che tante persone che hanno votato “sì” non apprezzano il M5S, magari lo detestano. Un eccesso di esultanza è fuorviante, non credo sia giusto» sottolinea.
«Passiamo ai risultati del Movimento 5 Stelle: io credo che sia stata la più grande sconfitta della storia del Movimento 5 Stelle. In Campania passiamo dal 17% al 10%, due anni fa il Movimento in Campania sfiorò il 50% alle Politiche, abbiamo eletto decine di parlamentari. E’ campano il ministro degli Esteri, è campano il presidente della Camera, è campano il ministro dell’ambiente, è campano il ministro dello Sport», prosegue.
«In Puglia, dove c’erano candidati facilmente colpibili sulla questione del voto clientelare, siamo passati dal 17% al 10%. In Puglia ci sono andato io, abbiamo straperso – osserva ancora-. In Liguria siamo andati in coalizione con il Pd, siamo passati dal 22,3 al 7,8. Nelle Marche, da soli, passiamo dal 19 al 7%. In Veneto c’è un’enorme debacle: si passa dal 10,4 al 2,7, da 5 consiglieri regionali a zero, non potremo fare nemmeno opposizione». «In questo momento, parlare di alleanze è profondamente sbagliato», dice. «Non è questo il tema del momento, il tema principale è la crisi identitaria del M5S: è innegabile, non si tratta di essere disfattisti».
E torna a cavalcare un vecchio cavallo di battaglia. «Non è questione di nomi – sottolinea – ma di identità, che si ricostruisce esclusivamente attraverso gli Stati Generali. Tutti si devono poter esprimere per una nuova agenda per ricostruire la comunità». Gli Stati Generali, appunto. Richiesta che Di Battista aveva già avanzato nei mesi scorsi e che aveva scatenato l’ira del fondatore Beppe Grillo.
La differenza però è questa volta la proposta di Di Battista è ben accetta anche da altri personaggi di ‘spicco’ del partito. Come Luigi Di Maio che in una diretta facebook ha avvisato: «Gli stati generali prima arrivano meglio è, perché devono essere l’occasione per delineare la linea dei prossimi anni». E in un incontro con i giornalisti a Pomigliano d’Arco il ministro degli Esteri ha sottolineato: «Ho sempre detto che queste Regionali andavano organizzate diversamente». Affermazione-stilettata diretta al capo politico dei 5S. Vito Crimi.
Sufficiente? No. Ad appoggiare Di Battista è anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il ministro a una risposta a Francesco Grigneti, in un intervista su ‘La Stampa’, ne sottolinea la necessità. «Come già detto, avremmo dovuto organizzare le Regionali in maniera diversa e ribadisco l’importanza degli Stati generali anche per individuare il futuro percorso e i nuovi temi, sempre sulla base dei nostri valori fondanti» afferma l’esponente del M5S.
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