Al referendum sul taglio dei parlamentari ha vinto il «Sì« (68,3%). Ma, sembra strano, non ha perso il «No» (31,7%) che – almeno stando agli umori degli italiani, tra l’altro pochissimo informati sulle conseguenze pratiche, nell’immediata nessuna, tranne la promessa della simultanea apertura di una nuova stagione delle riforme, da quanto ne sentite parlare?) di questo loro voto -, grazie all’antipolitica dilagante alla vigilia erano accreditati al massimo di un 15%.
Piuttosto hanno perso tutti quei partiti, che per conformismo o per interessi (il Pd che dopo 3 «No» decide di votare «Sì» per voglia di poltrone ministeriali e la Lega che baratta il «Si» al taglio per il «Sì» grillino all’autonomia regionale) che al 97% in Parlamento si erano espressi a favore della riduzione dei parlamentari e che – alla luce del fatto che il 31,7% dell’elettorato ha votato contrariamente a quanto da loro indicato – non rappresentano – almeno relativamente a questa iniziativa – più il popolo.
Di più, visto che, stando ai flussi elettorali, percentualmente sono stati più numerosi gli elettori del centrodestra che hanno votato per il «Sì» che quelli del centrosinistra, questo risultato dà l’ennesima dimostrazione che il governo giallorotto è decisamente diviso al proprio interno.
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