Da un lato il governo che in serata con i numeri (136 milioni di mascherine chirurgiche e 445mila litri di gel igienizzante) parla di soddisfazione per la ripresa della scuola senza intoppi; dall’altro le immagini, le dichiarazioni degli operatori del settore e delle stesse opposizioni che invece bocciano il governo.
Palazzo Chigi: «Scuola ripartita in modo ordinato e in sicurezza»
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In mezzo ci sono i fatti e cioè che mancano gli insegnanti, circa 100mila, ma soprattutto i famosi banchi monoposto sono arrivati soltanto per il 10 per cento del fabbisogno nazionale. Per avere i 2 milioni e 400mila bisognerà attendere la fine di ottobre, come certifica anche il governo alla fine di una riunione serale a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione.
Ma nonostante tutto il governo si ritiene soddisfatto: «Si è preso atto, con soddisfazione, che la Scuola è ripartita e che le attività scolastiche sono riprese in modo ordinato, nel rispetto delle regole sanitarie. Sono stati affrontati tutti i vari nodi relativi all’organizzazione e alla ripartenza della Scuola, dai trasporti alle modalità di ingresso e uscita dagli istituti scolastici, dalla fornitura di banchi e mascherine fino alle questioni più strutturali che riguardano il mondo scolastico».
Scuola: solo a fine ottobre i banchi monouso mentre mancano 100mila insegnanti
In serata il governo così cerca di rintuzzare le notizie che nel corso di tutta la giornata si susseguono e che raccontano di banchi che non ci sono, di insegnanti che mancano e, addirittura, di docenti di sostegno la cui assenza avrebbe impedito ai bambini disabili di accedere alle scuole.
Giorgia Meloni su questo punta il dito prendendo a cuore la vicenda del bimbo down di Pisa che «per settimane aveva fatto le prove davanti allo specchio, col grembiule e lo zainetto, perché non vedeva l’ora di tornare sui banchi ma non glielo hanno permesso». Una storia resa ancora più drammatica dal fatto che «tutto questo non importi a nessuno, a partire dal ministro dell’Istruzione Azzolina. Fratelli d’Italia aveva presentato un pacchetto di emendamenti per scongiurare questa emergenza nell’emergenza ma, guarda un po’, sono stati cestinati. Avrebbero dovuto garantire l’inclusione degli studenti più fragili e aiutare le famiglie, ma le risposte del governo sono state solo due: esclusione e isolamento. Vergogna».
Non meno tenero Matteo Salvini, il quale ribadisce che «un ministro così incapace la scuola italiana non se lo meriti. Mancano aule, insegnanti, banchi, le mense. Solo nel Lazio di quel genio di Zingaretti, oggi ci sono mille aule chiuse perché mancano i banchi, ma è tutta l’estate che si parla dei banchi con le rotelle: invece nemmeno quelli».
In effetti dal mondo della scuola i commenti non sono entusiasti. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, spiega che «la scuola è cominciata con tutte le criticità che conosciamo: ritardi nella consegna dei nuovi banchi, organico non nominato, spazi carenti».
Ma a preoccupare è la carenza degli insegnanti: «Una delle maggiori criticità di questo inizio dell’anno scolastico è il fatto che mancano diverse decine di migliaia di insegnanti. Nei diversi istituti dove ci sono cattedre vuote, come il caso limite di un istituto comprensivo al Prenestino a Roma dove pare manchi il 50 per cento dei prof, è chiaro che l’unica soluzione è quella dell’orario ridotto. Il fenomeno riguarda molti istituti».
A Milano manca 1 docente su 5, mentre il rapporto sale a 1 su 2 per insegnanti di sostegno
A Milano, ad esempio, i numeri sono impietosi: un docente su cinque manca all’appello mentre nel caso degli insegnanti di sostegno ne mancano circa una su due, quindi quasi il 50 per cento. E non vanno meglio quando si passa ai dati sui banchi monouso, perché come rileva Giannelli: «finora è arrivato a destinazione solamente l’8 per cento dei banchi, cioè 200mila unità». E chi non ce l’ha «sta ricorrendo a degli stratagemmi. Fanno a meno dei banchi e tengono solo le sedie. Gli studenti siedono sulle sedie e prendono appunti sul quaderno».
Storie di ordinario disagio e caos su cui Giorgia Meloni in serata a Quarta Repubblica commenta così: «Nessuno nega che la ripresa fosse difficile, ma quando non ti muovi in tempo, senza accettare consigli, senza avere un confronto e poi non concludi nulla è normale che la gente si arrabbi».
Scuola a parte, a infuocare il dibattito politico è ancora il voto di domenica e lunedì sia per le regionali e sia per il referendum. Conte rispondendo a Zingaretti ha ribadito che «il governo sta marciando veramente spedito, e quindi sta facendo di tutto per promuovere sollecitare e consentire la piena ripresa della vita economica, sociale e culturale, ci siamo». Mentre sul Mes «rinvio alle risposte già date».
La sensazione è che comunque qualcosa dopo il voto dovrà accadere. Orlando nei giorni scorsi ha parlato di rimpasto, questo conferma che è possibile che qualche casella sia ritoccata. E lo stesso Zingaretti in serata ha chiarito, per spiegare la presenza del Pd al governo, se «in bici stai in piedi se pedali, se poggi i piedi a terra è la palude. Il governo deve fare».
Mentre sul Mes ha ribadito che è «una linea di credito per finanziarie la sanità a condizioni più vantaggiose di qualunque altra, non prevede condizionalità. Ora vediamo quali saranno le risorse europee ma perché non dobbiamo raccogliere risorse per gli ospedali? Come ho detto sì all’accordo di governo con il taglio dei parlamentari mi aspetto che gli alleati vogliano arrendersi di fronte all’oggettività: va colta un’opportunità per l’Italia».
Tutto comunque dipenderà dal voto del 20 e 21, e non solo quello delle regionali ma anche sul referendum, dove sembra che il No stia recuperando consensi. Al punto che qualcuno nel Centrodestra inizia a sognare l’abbinata regionali e No per dare alla spallata al governo. Ma intanto c’è qualcuno si compiace della promessa di Gigi D’Alessio, diffusa via social, di smettere di cantare in caso di vittoria del No. Peccato per lui che sia un fake, il che comunque dà il senso dell’attivismo sui social del fronte del No.
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