Ultimo week end di campagna elettorale. Infatti, sabato prossimo sarà la vigilia dell’atteso voto in 7 regioni e del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Un appuntamento da cui potranno dipendere i futuri equilibri politici nazionali, benchè il premier Giuseppe Conte e la sessa maggioranza continuino a negare.
E’ stata ieri proprio Giorgia Meloni dalla Campania, dove insieme a Matteo Salvini e Antonio Tajani è stata per sostenere la candidatura di Stefano Caldoro, a rilanciare il tema spiegando che «il risultato delle elezioni regionali, che credo ci darà ragione, deve essere considerato anche a livello nazionale. Non mi aspetto che Conte lo consideri rilevante, non mi aspetto che lo consideri rilevante il Movimento 5 Stelle. Ritengo però che una vittoria importante del centrodestra, che dimostra che i cittadini italiani stanno da un’altra parte rispetto all’attuale governo, debba essere presa in considerazione dal Presidente della Repubblica».
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Ed a vedere la mobilitazione dei due partiti s’intuisce che il confronto va ben oltre il dato regionale. Il Centrodestra, ad esempio, ieri era in Campania al completo ed oggi sarà in Puglia mentre il gran finale è previsto venerdì a Firenze.
Proprio la Toscana sembra essere il centro dello scontro tra le due coalizioni con la maggioranza, in particolare, che sembra averla posta come linea del Piave da difendere a tutti i costi. Non è un caso che il Pd da domani lanci la mobilitazione in 500 piazze e le stesse Sardine siano state chiamate all’ordine per sostenere l’ultimo sforzo.
Renzi: «Basta piangersi addosso. In Toscana si vince o si perde sul filo di qualche migliaio voti»
Lo stesso Matteo Renzi è sceso in campo pesantemente organizzando un’edizione speciale, di un giorno solo, della Leopolda. «Basta piangersi addosso. Intanto siamo in testa nei sondaggi ma riprendiamoci la passione politica» ha detto Renzi dal palco, avvisando la maggioranza che in Toscana «si vince o si perde sul filo di qualche migliaio voti».
Ed è proprio questa la sensazione in Toscana, che sarà un testa a testa da cui probabilmente dipenderà anche l’analisi di queste stesse regionali e il futuro del governo stesso.
Conte su Recovery Plan: «Dobbiamo avviare un dialogo con il Parlamento»
Intanto a livello nazionale a tenere banco è il Recovery Fund. Il premier Giuseppe Conte anche ieri è tornato a ripetere che «dobbiamo avviare un dialogo con il Parlamento, troveremo le modalità per un piano nazionale condiviso, anche con le forze di opposizione». Ma è come sempre sul Mes che la maggioranza si divide.
Matteo Renzi continua a ritenere che alla fine la maggioranza lo attiverà. Mentre il governatore emiliano Stefano Bonaccini arriva a dire «Io ai 5 Stelle dico che metto a rischio il Governo se non mi permettono di accedere ai 36 miliardi di euro» che il Mes mette a disposizione per la Sanità, «perché non è possibile e tollerabile che di fronte alla salute dei cittadini arrivi un diniego».
E dall’Ue arriva l’annuncio del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire a margine dell’Ecofin a Berlino: «Sull’Unione bancaria abbiamo definito un calendario di lavoro chiaro, con nuovo trattato Mes a novembre che ci permette di rendere il backstop operativo da fine 2021». Notizia che però registra la freddezza immediata di Luigi Di Maio il quale precisa che «si riformi uno strumento, in base a delle esigenze, è una cosa. Altra ne è, invece, gli strumenti su cui un governo punta». Parole che confermano il nervosismo all’interno del M5S sul tema Mes e le difficoltà di raggiungere un’intesa nella maggioranza.
Mattarella promulga dl Semplificazioni ma avvisa il governo: «Emendamenti a decreti siano coerenti con limiti costituzione»
Maggioranza che a sua volta deve registrare il brusco rimprovero del presidente Sergio Mattarella che nel promulgare il dl Semplificazioni ha inviato un messaggio al governo, spiegando di aver promulgato il testo «soprattutto in considerazione della rilevanza del provvedimento nella difficile congiuntura economica e sociale».
E poi invitando «a vigilare affinché nel corso dell’esame parlamentare dei decreti legge non vengano inserite norme palesemente eterogenee rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza. Rappresento altresì al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l’attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale».
Un richiamo forte e soprattutto pubblico che giunge dopo mesi e mesi di silenzio dinanzi a un operato del governo e della stessa maggioranza ai limiti della spregiudicatezza. Probabilmente proprio la fine della fase più acuta dell’emergenza ha spinto il presidente Mattarella a far sentire la sua voce.
Voce del premier Conte che invece non sentiremo nel corso di Domenica In di domani. Infatti, a metà mattinata era circolata la notizia che Giuseppe Conte avrebbe utilizzato la vetrina della popolare trasmissione per inviare un messaggio di auguri agli studenti in vista della riapertura delle scuole lunedì 14.
Immediate le proteste del Centrodestra pronto a mobilitarsi in Vigilanza Rai e presso la stessa Agcom contro quello che nei fatti sarebbe stato un mega spot elettorale. E così alla fine il premier Conte è stato costretto a fare marcia indietro «per evitare che la scuola fosse oggetto di strumentalizzazione».
Animi quindi accessi che dimostrano quanto sia alta la posta in palio per il prossimo 20 e 21 settembre, e che confermano che non è vero che il governo andrà avanti indipendentemente dal risultato elettorale.