Conte e i Cinquestelle…cadenti. E Di Maio già scarica Crimi: «Ci voleva più coordinamento per le regionali»

di Dario Caselli

L’allarme rosso a Palazzo Chigi è scattato da settimane, almeno da quando la porta dell’alleanza tra Pd e M5S è stata sbattuta con forza, anche in faccia al premier Giuseppe Conte. E meno male che proprio Conte doveva essere il leader della coalizione e il nuovo front men da opporre in caso di elezioni nazionali a Salvini.

Poi ci si sono messi i sondaggi ad aumentare la paura di vedere trionfare il Centrodestra anche in Regioni che venivano considerate a prova di voto, come la Toscana. Il rischio di un 5 a 2 o addirittura di 6 a 1 che alla fine come un tsunami potrebbe travolgere il governo stesso.

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Poi l’emergenza migranti, dove l’atteggiamento troppo ‘morbido’ del governo ha fatto spuntare di nuovo all’orizzonte le Ong, che ormai sono tornate stabilmente a fare incetta di migranti nel Mediterraneo e a scaricarli sulle coste italiane (Sicilia in particolare). E così alla fine Giuseppe Conte è stato costretto a riporre nel cassetto il dossier su decreti Sicurezza la loro modifica.

E infine le polemiche tra Pd e la restante parte della maggioranza sulla legge elettorale, con Nicola Zingaretti che è arrivato anche a tirare per la giacchetta lo stesso Conte colpevole a suo dire di non far rispettare il patto di governo che, appunto, includeva la riforma elettorale.

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Conte ha creato un ‘cordone sanitario’ attorno al governo

Chiaro che dinanzi a tutto questo l’allerta a Palazzo Chigi sia arrivata ai massimi livelli al punto che Giuseppe Conte da oltre dieci giorni è scomparso dai radar. Niente più apparizioni televisive, dichiarazioni pubbliche, dirette streaming e passeggiate per il centro di Roma. Il tentativo di mettere il governo a distanza di sicurezza dalle polemiche politiche, ma soprattutto di creare un cordone sanitario per evitare che il probabile tracollo alle regionali  ‘infetti’ il governo.

Difficile prevedere se tutto questo servirà ad evitare la crisi, ma molto dipenderà da come finirà la partita delle regionali e anche del referendum, che secondo i sostenitori del No sarebbe diventato contendibile. Ma come se non bastassero già i problemi elencati ci si è messo il mezzo ammutinamento alla Camera del gruppo del M5S sulla norma inserita dal governo per la proroga dei vertici dei Servizi segreti. Cinquanta deputati avevano firmato l’emendamento per eliminare l’articolo inserito dal governo Covid.

Ieri alla Camera in 28 del M5S non hanno risposto alla ‘chiama’ per la fiducia

Una mossa che aveva spinto immediatamente il governo a mettere la fiducia. Alla fine, ieri alla chiama in 28 non hanno risposto, tra cui personaggi di primo piano del Movimento come Emilio Careli e l’ex ministro Giulia Grillo. Dal M5S però chiariscono che soltanto 7 sono quelli ‘ingiustificati’. Insomma, per i vertici Cinquestelle tanto rumore per nulla anche se il risultato finale è comunque molto risicato rispetto ai numeri di cui gode la maggioranza alla Camera: 276 voti favorevoli e 194 contrari.

E chiaramente lo sguardo è rivolto a quando il provvedimento passerà al Senato. Infatti, se una simile fronda si ripetesse a Palazzo Madama Conte e la sua maggioranza difficilmente ne uscirebbero indenni. Ecco perché l’allerta è massima e ogni passo e sospiro che arriva dai vellutati drappi senatoriali viene attentamente valutato.

Tutto ciò però oltre a confermare le difficoltà della maggioranza, evidenzia il progressivo sfilacciamento all’interno del M5S dove si sente sempre di più l’assenza di un leader. Crimi sta lavorando di buona lena per la segreteria che dovrà organizzare i passaggi in vista degli Stati Generali, ma la lottizzazione in atto da parte dei big per piazzare propri uomini fidati all’interno di questo organismo dimostra la perdita di ‘verginità’ del M5S, ormai sempre meno movimento e sempre più partito.

Luigi Di Maio e Vito Crimi

Il rischio che dopo il risultato delle elezioni regionali anche il M5S come l Pd sia investito da una crisi profonda è sempre più probabile. Lo confermano le parole di ieri di Luigi Di Maio che non ha mancato di evidenziare che «come Movimento avremmo dovuto coordinare meglio le elezioni regionali che sono un appuntamento elettorale importante ma adesso sosterremo fermamente tutti i nostri candidati presidenti di Regione». Parole che sono sembrate come una presa di distanze da Vito Crimi e il tentativo già di individuare un capro espiatorio in vista delle regionali.

Ieri incontro a Palazzo Chigi tra Conte, i ministri, il governatore Musumeci e il sindaco Martello

Come detto Conte cerca di stare alla larga e di continuare ad andare per la sua strada. Ieri ha incontrato a Palazzo Chigi, insieme ai ministri Lamorgese, Di Maio, Guerini, Gualtieri e De Micheli, il governatore siciliano Nello Musumeci e il sindaco di Lampedusa, Totò Martello. Al centro dell’incontro la drammatica situazione di Lampedusa e della Sicilia sempre più nella morsa dei migranti.

Conte: «Oggi nel CdM decreto per esenzioni fiscali per lampedusani»

Nessuna dichiarazione ufficiale al termine ma da Palazzo Chigi fanno trapelare che entro venerdì l’hotspot di Lampedusa sarà svuotato con l’ausilio delle navi quarantena. Inoltre Conte ha assicurato anche aiuti economici prevedendo esenzioni fiscali per i cittadini di Lampedusa. E a tal proposito oggi potrebbe essere varato nel corso del Consiglio dei ministri un decreto ad hoc.

Musumeci sui migranti
Nello Musumeci

Moderata soddisfazione da Musumeci e Martello, con il governatore siciliano che spiega che sulla «gestione migranti dal governo buone promesse, aspettiamo i fatti. Siamo contrari all’ampliamento degli hotspot migranti, a Lampedusa ci sono già abbastanza tensioni sociali. Il governo ha assicurato iniziative a sostegno dell’isola ma dalle parole vogliamo che si passi ai fatti».

Appunto i fatti, e saranno quelli che alla fine decideranno non solo il tema migranti ma anche il futuro del governo.

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