In un mondo dove moderazione e buon senso sembravano avere sempre più spazio, crescono invece gli adepti dei ‘cieli scuri’, gli estremisti del politicamente schierato. Di pari passo avanza però anche la convinzione degli uomini (ancora) liberi di dover contrastarne senza timore ogni sua forma tipica: dall’estremismo femminista, ad esempio, a quello dell’ambientalismo militante.
La causa femminista, pur così giusta e condivisibile nei suoi principi – eguaglianza dei diritti della donna in tutti i settori della vita familiare, professionale e sociale – viene squalificata da un’ideologia che invece lancia una vera e propria guerra civile tra i sessi, cercando di inculcare la tesi dell’odio dell’uomo per la donna. Dietro situazioni che possono apparire più o meno ridicole, si evince chiaramente una forma di demagogia latente. Prendiamo l’esempio delle manifestazioni sportive, oggi in crisi sia per la mancanza di pubblico legata alle esigenze anti epidemia, sia sicuramente per la degenerazione agonistica derivata dall’imperativo di dover vincere ad ogni costo che ha fatto dilagare il fenomeno del doping, come nel caso del ciclismo.
Proprio qui, con la scusa che le scene unisex dovrebbero venire bandite perché degraderebbero l’immagine femminile, adesso si pensa di rivedere il cerimoniale di premiazione dove una volta, ragazze bellissime, alla fine di ogni tappa, dispensavano baci al vincitore stremato. Ora si pensa di sostituire queste signorine con un baldo giovanotto, in nome di una parità di genere grottesca, ma in verità per l’angoscia di perdere lo stupido trenino di un’evoluzione che il sistema ci vuole imporre.
Anche il cinema si inchina all’ideologia estremista, imposta da una certa dittatura di pensiero: novità che iniziano già al prossimo festival del cinema di Berlino. Qui, per la prima volta, non si premieranno più i migliori attori protagonisti ma si assegnerà un unico riconoscimento gender neutral. Anche ai prossimi premi Oscar non si premieranno i più bravi ma gli oscuri non protagonisti, ovviamente sempre su base ‘gender-neutral’, come si legge sul sito della kermesse, per ottemperare all’estremismo militante
Un modo strano di piegarsi ai dictat del politicamente corretto, al femminismo ad esempio, fermandosi solo alle apparenze senza invece domandarsi cosa veramente vorrebbero queste giovani donne; una vera disistima, mascherata da becero progressismo, che le dipinge come stupide bamboline, corpi senza anima. Un femminismo totalitario incapace di accettare la libertà personale, la ricchezza delle differenti personalità, tutto proteso a confondere, solo per umiliarla, l’apparenza con il vero essere in una società contemporanea ormai tetanizzata dalla paura di mal pensare, mal giudicare e mal agire.
Ormai cambiamenti radicali stravolgono la nostra società, piegata al volere imposto dal progressismo politicamente corretto. Dietro le acredini che l’ideologia estremista intende sublimare per condannare la visione distorta della donna, appare intollerabile sopportare la possibilità di piacere, la voglia di correggere la superficialità, l’esigenza di applaudire corpi perfetti, di legittimare la bellezza presentandone l’aspetto più bella.
Ma il femminismo rappresenta una battaglia troppo importante per lasciarla sprofondare nelle futilità, l’inutilità e la leggerezza. Si arriva al paradosso che per obbedire ai diktat dei militanti della dignità della donna si debba cancellare estetismi e doti naturali e rimpiazzarli con figure di secondo piano nel caso di una pellicola cinematografica e con una presenza maschile inopportuna che ridicolizzerà la virilità e degraderà la femminilità nella sua unicità, nel caso proprio di una premiazione sportiva.
Se dovessimo accettare i diktat dei differenti estremismi avremo solo imparato ad accettare quello che il nostro unanimismo è costretto a rinnegare e a rifiutare quello che la nostra vigliaccheria, portata all’errore, si sarà convinta di trovare insopportabile.
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