Fisco, De Lise (commercialisti): «Sì alla riforma ma senza improvvisare»

Il numero uno dell’Ungdcec: «La politica smetta di ragionare solo per slogan»

di Redazione

«Una riforma fiscale non si può improvvisare; è importante lavorarci a lungo e con molta attenzione, sia per l’impatto sui cittadini che per le conseguenze sul gettito erariale. Dovrebbe essere chiaro soprattutto a chi fa politica, invece in diretta a “SkyTg24” abbiamo ascoltato l’ennesimo slogan, questa volta dell’onorevole Luigi Marattin: ‘Cambiamo l’Irpef’, ha detto il parlamentare di Italia Viva. Bene, anzi benissimo. Ma ci chiediamo se dietro queste due parole siano state fatte simulazioni o stime, altrimenti la sbandierata ‘rivoluzione Irpef’ potrebbe portare solo a dover introdurre in un secondo momento nuove imposte per coprire il gettito fiscale». Lo afferma Matteo De Lise, presidente dell’Ungdcec (Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili).

«Pur condividendo la volontà di semplificazione, da anni richiesta a gran voce dalla nostra categoria, non possiamo che condannare il semplicismo con cui la politica tende a trattare, sempre più spesso, una materia tecnica quale quella fiscale», evidenzia De Lise. «Concordiamo su un solo concetto espresso dal professor Marattin: “Non si può improvvisare la politica”. Parimenti non si può improvvisare neanche un tema così delicato, per il quale occorrerebbe una visione almeno di medio periodo».

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Il numero uno dei giovani commercialisti sottolinea come, allo stesso modo, «sostenere che i lavoratori autonomi debbano essere tassati sulla base dei soli ricavi è una palese eresia fiscale. Ed è anche, a nostro avviso, un’ipotesi fiscale del tutto illegittima poiché non tiene conto di un concetto elementare alla base del nostro ordinamento: il reddito. Ricordiamo che i ricavi non coincidono con il reddito, dunque come si può pensare che chi abbia sostenuto spese importanti per la propria attività possa contribuire allo stesso modo alla spesa pubblica».

«Lo stesso art. 53 della Costituzione recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. In questo principio di tassazione dei meri ricavi (tra l’altro per i soli lavoratori autonomi) ci sembra che manchi proprio il principio di eguaglianza, alla base anche dell’art. 3 della Costituzione italiana» conclude De Lise.

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