Mario Draghi, da “Britannia Boy” a santo subito al meeting di Cl a Rimini

di Giuseppe Billè

Non ho potuto fare a meno di notare “l’esaltazione” di molte persone per le parole pronunciate da Mario Draghi al Meeting di Comunione e liberazione. Certo sostenere che bisogna fare di più per i giovani per farli uscire dal cono d’ombra della sussidiarietà è una bella cosa, ma il buon Mario sembra aver dimenticato che in quel cono d’ombra vi siano anche molti cinquantenni e sessantenni ed anche molti quarantenni, rimasti disoccupati o costretti a chiudere le proprie attività, per colpa delle politiche di austerità messe in atto dalla Ue e che lui ha sempre difeso.

Senza contare che ai nuovi difensori del buon Mario, è sfuggita anche un’altra dichiarazione fatta al Meeting, e cioè che, «il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani». Quindi i giovani vanno aiutati senza sussidiarietà affinché possano ripagare il “debito” creato con la pandemia, chissà se di questo debito fanno o faranno parte anche i prestiti che si cercherà di ottenere attraverso lo Sure, il Mes ed il Recovery Fund, il buon Mario è sempre stato bravo a tenere i piedi in due scarpe….

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Mario Draghi è quello che partecipò alla riunione sul panfilo Britannia nel 1992, ed è anche quello che firmò la lettera inviata al governo italiano il 5 agosto del 2011. Mario Draghi è stato premiato per i servizi resi con la massima onorificenza dal presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, mentre i Piddini raccontavano agli italiani che Draghi ci avrebbe salvato.

L’ex presidente non è nuovo a certe “dichiarazioni ad effetto”, nel marzo del 2013, ad esempio dichiarò che: «l’Italia prosegue sulla strade delle riforme indipendentemente dall’esito elettorale. C’è il pilota automatico», non serve spiegare cosa volesse dire, se pensate a dove ci ritroviamo. Ma è andato ben oltre, il 28 Gennaio 2019 con un monito che molti sembrano aver dimenticato: «Un Paese perde la sovranità se ha il debito troppo alto».

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Mario Draghi, a conclusione del suo mandato come Presidente della Bce, viene insignito della Laurea ad honorem dall’Università di Bologna contestato dagli studenti. La stessa Università che qualche anno prima onorò Soros dello stesso titolo; mentre il 7 aprile del 2019 il “Colle” pensa di nominarlo senatore a vita, un déjà vu che ci riporta direttamente alla nomina di Monti, prima come senatore a vita e poi come PdC. C’è una cosa che molti non ricordano o forse gli è sfuggita a proposito del buon Mario Draghi, il 30 ottobre del 2019, la legge sulla ricostruzione post sisma de L’Aquila, viene bocciata dalla consulta perché in violazione dell’articolo 81 della Costituzione. Quello sul pareggio di bilancio per capirci.

Pareggio di bilancio che fu inserito nella Costituzione sotto ricatto proprio della Bce presieduta da lui che minacciò di ritirare tutti i finanziamenti agli Stati che non l’avessero inserita. La candida confessione ci arrivò direttamente per bocca dell’allora ministro Pd della giustizia, Andrea Orlando, aggiungendo che lui non era assolutamente d’accordo su questo obbligo, né tanto meno lo era con la posizione politica del Pd, a favore del Mes e delle ulteriori vessazioni anglo-olandesi da parte della Ue. Oggi diremmo che Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Non credo che sentiremo parlare di tutto questo o ne leggeremo sui giornali nazionali, anzi, direi che i “giornaloni” hanno dato inizio alla santificazione del Britannia Boy, il FattoQuotidiano ha aperto il «processo di beatificazione» dedicandogli una intera pagina. E questo, purtroppo per noi vuol dire soltanto una cosa, che presto ce lo ritroveremo a Palazzo Chigi o peggio al Quirinale, con il plauso di quasi tutto il Parlamento.

Il “salvatore” della Patria sta per arrivare, lui toglierà lo stato d’emergenza sanitario, lui risanerà l’economia e verrà acclamato dalle folle «e porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando… ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno, anche i muti potranno parlare mentre i sordi già lo fanno».

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