Complottismo: quel processo alle intenzioni che condanna le opinioni non conformi

di Eugenio Preta

Il ‘Complottismo’ è il neologismo entrato recentemente nel vocabolario corrente con il quale la casta politico mediatica suole definire ogni tentativo di rimettere in causa il suo pensiero politicamente corretto, unico ed obbligatorio, qualunque sia l’argomento in discussione.

Si tratta in realtà di una nuova definizione dello spirito critico il cui esercizio viene proibito da un terrorismo intellettuale che esercita l’anatema, l’amalgama o ogni processo alle intenzioni proprio col fine di condannare senza dibattito né contraddittorio ogni opinione non conforme. Nelle circostanze attuali, ad esempio, chi si oppone all’obbligo di indossare una mascherina sia in uno spazio pubblico sia in un luogo chiuso viene indicato come complottista.

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Un recente articolo di un giornale francese, il ‘Parisien‘ che commentava una manifestazione svoltasi a Berlino lo scorso primo agosto contro ogni provvedimento che limiti le libertà individuali per combattere il covid-19, illustra perfettamente le caratteristiche del fenomeno.

Allo scopo di screditare quella contestazione di piazza, il quotidiano francese lasciava intendere che lo slogan scelto dagli organizzatori ‘Giorno di libertà’, facesse riferimento ad un film della regista tedesca Leni Riefenstahl che aveva messo in scena una conferenza tenuta nel 1935 addirittura da Adolf Hitler, tesi questa, abbracciata senza indugi dalla cancelliera Merkel e da tutto il gotha dei partiti Democratici Cristiani e social democratici.

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Dello stesso tenore anche le critiche portate al dogma ecologista del riscaldamento climatico ed alle sue origini, causate esclusivamente dall’uomo. Si cerca di demonizzare gli scettici contrari alle tesi del riscaldamento ambientale, accusati perciò di complottismo, anche se la loro protesta si basa su tesi scientifiche serie almeno quanto quelle elaborate dei depositari della verità, nella tesi divenuta ufficiale dell’ideologia del riscaldamento climatico.

Resta da tenere in considerazione che uno studio che si pretenda veramente scientifico non possa essere giudicato valido se non è stato effettivamente oggetto di un’analisi critica indipendente, altrimenti le conclusioni che affigge devono considerarsi solo semplici ipotesi sempre aperti ad ogni tipo di contestazione.

In una società aperta e democratica, nessuna questione dovrebbe restare tabù e tutti quelli che non rispettano le tesi ufficiali dovrebbero potersi esprimere senza censura e senza essere indicati come i nuovi adepti di un’immaginaria teoria del complotto, specialmente in un continente, finora regno di libertà e democrazia, come quello europeo.

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