Sarà anche ferma l’attività parlamentare, ma il Parlamento continua ad essere al centro delle cronache nazionali. Ad infiammare il clima politico, peraltro già teso visto lo scontro in atto tra Centrodestra e il premier Giuseppe Conte sui verbali del Cts desecretati, ci pensano cinque deputati, ‘furbetti’, con tanto di Partita Iva che hanno richiesto all’Inps il bonus di 600 euro introdotto dal governo per contrastare la crisi post Covid.
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La notizia viene lanciata dal quotidiano La Repubblica che in un pezzo di Giovanna Vitale racconta dei «cinque furbetti di Montecitorio col bonus partita Iva». Nell’articolo si racconta che i deputati, nonostante il reddito, abbiano ottenuto l’agevolazione Covid e che sia giunta la segnalazione dall’Inps. Ed oltre i deputati ci sia anche un conduttore Tv.
Tanto basta per innescare una vera e propria bufera che ha unito tutti i partiti senza alcuna distinzione in un’ondata di riprovazione e sdegno. Per ora i nomi dei cinque ‘furbetti’ rimangono coperti grazie alla privacy, ma la caccia è aperta. Sulle chat dei parlamentari, quelle dei deputati, è una domenica di fuoco. Tutti a chiedere chi siano i ‘furbetti’ e soprattutto tutti a discolparsi.
Senza contare le tantissime chiamate ai propri commercialisti per sincerarsi che la domanda per il bonus non sia stata fatta automaticamente dal proprio fiscalista. Una domenica d’inferno, insomma, dove se non ci si mette il caldo è altro a renderla rovente.
A sparare a zero, come detto, è sia la maggioranza di governo e sia il Centrodestra. Luigi Di Maio è netto: «E’ vergognoso. E’ davvero indecente» e continuando: «Questi 5 personaggi invece di rispondere al popolo che li ha eletti hanno ben pensato di approfittarne. I nomi di queste 5 persone sono coperti dalla legge sulla privacy. Bene, siano loro allora ad avere il coraggio di uscire allo scoperto. Chiedano scusa agli italiani, restituiscano i soldi e si dimettano, se in corpo gli è rimasto ancora un briciolo di pudore. Non importa di quale forza politica siano espressione. Mi auguro che anche le altre forze politiche la vedano come noi».
E poi a tarda serata rilancia: «Sono coperti dalla legge sulla privacy, ma gli italiani hanno il diritto di sapere chi sono. Fuori i nomi. E se serve assumiamo ogni tipo di iniziativa parlamentare».
Anche il presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico attacca: «E’ una vergogna che cinque parlamentari abbiano usufruito del bonus per le partite iva. Questi deputati chiedano scusa e restituiscano quanto percepito. E’ una questione di dignità e di opportunità. Perché, in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici. E’ necessario ricordarlo sempre».
Per Nicola Zingaretti «è una vergogna», mentre Nicola Fratoianni di Leu propone: «E’ ora di mettere limiti di reddito e patrimonio agli aiuti erogati. Altrimenti continueranno i casi di diseguaglianza, che gli italiani non possono permettersi».
Il Centrodestra attacca: altro che furbetti è la legge fatta male. Sotto accusa dl Cura Italia e Rilancio
Ma anche a destra è forte l’indignazione contro i cinque furbetti. Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia che parla di «squallore» e di «deputati avidi e governo incompetente», però offre uno spunto di riflessione: «Questo scandalo mette in evidenza anche una vergogna che Fratelli d’Italia ha più volte denunciato: il Governo, incredibilmente, non ha previsto alcun tetto di fatturato e di reddito per il bonus partite Iva, con il risultato che ne ha diritto pure chi fattura milioni o ha altre importanti fonti di reddito, come i parlamentari».
Matteo Salvini chiede l’immediata sospensione dei ‘furbetti’ spiegando che «un parlamentare chieda i 600 euro destinati alle Partite Iva in difficoltà è una vergogna. Che un decreto del governo lo permetta è una vergogna. Che l’Inps (che non ha ancora pagato la cassa integrazione a migliaia di lavoratori) abbia dato quei soldi è una vergogna. In qualunque Paese al mondo, tutti costoro si dimetterebbero».
E Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo al Senato di Forza Italia, chiede «un sussulto di dignità: i deputati di cui parla l’Inps chiedano scusa e, se li hanno presi, restituiscano immediatamente i soldi». Come detto condanna unanime. E verso sera iniziano a circolare non tanto i nomi ma le possibili appartenenze dei cinque deputati ‘furbetti’: 3 della Lega, uno di Italia Viva e uno del M5S. E se fosse così una brutta gatta da pelare per Salvini.
Al di là della condanna rimane, come ha detto Giorgia Meloni, il problema della legge che così come strutturata consente un accesso ai bonus senza discriminazioni. Furono, infatti, i decreti Cura Italia e Rilancio ad introdurre queste misure. L’intento fu di dare una mano a lavoratori autonomi e partite Iva a marzo e aprile, indipendentemente da quanto guadagnavano o da un eventuale danno provocato dall’emergenza sanitaria.
All’inizio si trattava di 600 euro al mese poi mille. Per accedere ai bonus bastava una domanda online avendo a portata di mano il numero della partita Iva, il codice fiscale, la scelta della propria posizione ‘professionale’ e fiscale. Poi i soldi arrivavano direttamente sul conto corrente. Questo per marzo mentre ad aprile l’accredito arrivava in automatico. Quindi nessun tetto, nessun limite. Soltanto a maggio si è deciso di introdurre un limite e cioè avrebbero avuto accesso ai bonus soltanto chi poteva dimostrare di avere avuto effettivamente un calo del fatturato. E così si è passati dai 6 miliardi di euro erogati nei mersi di marzo e aprile ai 934 milioni di maggio.
Insomma, giusta la riprovazione nei confronti dei ‘furbetti’ ma probabilmente la vera questione da porsi è nei limiti, o sarebbe meglio dire, nei buchi della legge nei quali questi ‘furbetti’ si sono inseriti. Sarebbe necessario interrogarsi, e la domanda va fatta al governo e alla maggioranza, perché al momento di varare quei bonus non si è valutata l’opportunità di introdurre una condizione per l’accesso? Per quale ragione si è deciso di varare uno strumento al quale sarebbero potuti accedere, e soprattutto beneficiarne, tutti?
Conte intervistato da Affaritaliani non risponde sui ‘furbetti’ e annuncia che il suo futuro sarà in politica
Ecco, il premier Giuseppe Conte che dice? Nulla, anche se ieri sera a Ceglie Messapica, è stato il protagonista dell’evento ‘La Piazza’ intervistato dal direttore di Affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino. Tanti i temi trattati, ma nessuna domanda sui ‘furbetti’. Piuttosto Conte ha confermato che l’orizzonte di questo governo «è di fine legislatura», e sull’ipotesi rimpasto ribadisce di essere «molto soddisfatto» dell’operato dei suoi ministri.
Sempre nell’intervista spazio anche al suo futuro, che sarà nella politica anche se ripete che «non voglio fare un mio partito, non mi vedo tornare comune cittadino e non partecipare al dibattito pubblico, dare un contributo di idee, si fa politica in molti modi». E su un’ipotesi di leadership nel M5S spiega che «il ruolo che ho è di grande responsabilità, cerco il dialogo con tutte le forze politiche e nella maggioranza di orientare il confronto a mettere da parte qualche bandierina, a volte questa tentazione c’è, per l’interesse generale. Questa è la mia vocazione, con spirito di servizio».
Si dice, inoltre, a favore del proporzionale e del taglio dei parlamentari (voterà sì al referendum) e sul tema del giorno, cioè quello dei verbali del Cts desecretati, alle accuse del Centrodestra risponde: «Si sono scritte e dette cose inesatte. Chiariamo bene le cose: voi immaginate cosa significava per gli scienziati elaborare proposte, analizzare dati e avere i riflettori della tv. Non avrebbero avuto tranquillità. Quando c’è un processo decisionale così delicato io rivendico che quei verbali restino riservati. Ma non significa secretati, non ho mai posto un segreto di Stato. E vi annuncio che sono il primo che consentirà la pubblicazione di tutto, non abbiamo nulla da nascondere».
E sempre rispondendo al Centrodestra che da giorni attacca il governo sugli sbarchi e sul rischio di Covid di importazione il premier Conte ammette «non è accettabile che ci siano questi flussi migratori in modo indiscriminato, anche perché non posso chiedere il sacrificio agli italiani e poi tollerare che arrivano migranti addirittura positivi e che vadano in giro liberamente». Per questo ribadisce: «Dobbiamo prevenire i flussi e contenerli» dalla Tunisia e per questo «stiamo collaborando con le autorità».
Infine, Conte non nega un passaggio sul Recovery Fund: «Dobbiamo completare alcuni ospedali, dobbiamo migliorare l’efficienza di alcune strutture. Ma molti di questi progetti rientreranno anche nel piano di rilancio». E sull’ipotesi di ricorso al Mes risponde secco: «No, frattanto abbiamo chiesto il fondo Sure, che sono 28,5 miliardi».
Come detto, i ‘furbetti’ rimangono fuori dall’intervista. Nemmeno una parola dal premier Conte sul caso di giornata. Casualità? Scelta precisa per dare la sensazione che il premier vola alto? Possibile, resta però il fatto che proprio una legge del suo governo, quella che avrebbe dovuto «curare l’Italia» e «rilanciarla», ha dato le chiavi a cinque parlamentari ‘furbetti’ per aprire il forziere dei bonus.
E chissà che oggi non si arrivi a conoscere l’identità dei cinque ‘furbetti’, per dare così il loro scalpo in pasto ai populisti e ai tanti leoni da tastiera. Quelli che preferiscono guardare il dito anziché la luna. E in questo caso la luna è una legge fatta male e applicata peggio.
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