Per la legge del contrappasso, al Sud lo Stato investe di meno ma preleva di più. Reggio Calabria e Napoli le più tartassate

di Redazione

La legge del contrappasso. Nel 2017 (ultimo dato disponibile) la spesa pubblica media concessa al Sud ha subito un ridimensionamento dello 0,8%; diminuzione che in Calabria è stata del 3,2%, a fronte invece di un aumento dell’1,6% di spesa pubblica elargita al Centro-Nord. Sicchè, la differenza di spesa fra Centro-Nord e Mezzogiorno, nel 2017, è stata di 3.358 euro pro capite, mentre quella tra Centro-Nord e Calabria giunge addirittura ad assumere il valore di 3.821 euro

Di contro, però, la cifra complessiva che una famiglia media di Reggio Calabria è costretta a sacrificare per far fronte al pagamento annuale di Irpef, Tasi, bollo auto, Tari e addizionali comunali e regionali all’Irpef è la più alto d’Italia di ben 7.684 euro annuo. A quello di Reggio Calabria, relativamente al livello di pressione fiscale, seguono quelli di Napoli (7.658 euro l’anno) e quello di Salerno (7.648 euro l’anno). Le città, invece, dove le famiglie pagano meno tasse si trovano soprattutto al Nord-Est.

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E’ quanto si rileva dalla lettura di un focus realizzato dall’Eurispes sulla condizione della Calabria e sulle politiche economiche adottate negli ultimi anni dal nostro Paese. Un’analisi dalla quale si ricava, la dimostrazione più lapalissiana della legge dantesca del contrappasso. Ovvero l’Italia del tacco, a differenza di quanto solennemente affermano da tempo immmorabile, “i nostri carissimi cugini del Nord”, è allo stesso tempo l’area del Paese dove lo Stato investe e spende di meno e quello dal quale preleva di più in termini d’imposte.

E la stessa Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo Fiscale ha dovuto constatare l’esistenza di una situazione diametralmente opposta rispetto allo stereotipo che vedrebbe “viaggiare” dal Mezzogiorno al Nord un immane flusso di denaro. Tuttavia, nulla è stato fatto per garantire un livello minimo di risorse essenziali (LEP) in tutt’Italia, secondo quanto previsto dallo stesso federalismo.

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Emblematico il confronto fra le due Reggio: Reggio Emilia e Reggio Calabria, dove alla prima, che ha già molti più servizi, è riconosciuto un fabbisogno standard di 139 milioni d’euro, mentre a Reggio Calabria, con meno servizi, di 104 milioni. Vale a dire, 35 milioni in meno, nonostante la stessa abbia 9mila abitanti in più (la prima ne ha 171mila e la seconda 180mila). Ancora, come spesa per la cultura, a Reggio Emilia sono riconosciuti 21 milioni di euro e a Reggio Calabria solo 4. Per l’istruzione, alla prima sono concessi 28 milioni e alla seconda 9.

Riguardo l’edilizia abitativa, alla prima delle due città sono elargiti 54 milioni e alla seconda 8 appena (a tale proposito, basterebbe anche solo aver presenti, quelle immagini di paesaggio urbano di tantissime parti del Sud, i cui abitati, gli edifici, i cortili, ecc. figurano in condizioni logore, deteriori o rovinose, come pure prive di coerenza urbana). Per le politiche sociali (disabili inclusi), a Reggio Emilia sono riconosciuti circa 40 milioni e a Reggio Calabria 17. Presso la prima vi sono poi 60 asili pubblici, mentre nella seconda solo 3, peraltro realizzati e mantenuti non da finanziamenti dello Stato ma comunitari.

E in particolare, per gli asili nido, Reggio Calabria riceve 59 euro pro capite l’anno, mentre Reggio Emilia 2.400 euro pro capite (contribuendo, peraltro, come evidenziato dalla Svimez, all’aumento della disoccupazione femminile; al Sud del 20%: più che doppia rispetto al Centro-Nord e quasi tripla rispetto alla media europea). Persino la Corte dei Conti rileva che: «A fronte dei 116 euro medi pro capite di spesa sociale complessiva, si va dai 22 della Calabria ai 517 del Trentino (Bolzano) e a fronte dei 14 euro di spesa pro capite per i soli interventi contro povertà e disagio, si passa dai 3 euro nei Comuni della Calabria agli 83 nei Comuni del Friuli» (Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica).

Nel periodo 2000-2017, per quanto riguarda la Spesa sociale, l’analisi dei dati del Sistema Conti Pubblici Territoriali evidenzia un forte fattore di sistematica discriminazione del Sud. I valori di spesa pro capite infatti per la Calabria (circa 3.795 euro pro capite) ricalcano essenzialmente quelli del Sud (3.859 euro) che rimangono costantemente e decisamente più bassi rispetto a quelli del Centro-Nord (5.438 euro).

I dati sulla spesa pubblica effettuata dallo Stato nel settore della sanità, sempre nel periodo 2000-2017, indicano che ogni cittadino calabrese ha ricevuto in media 280 euro l’anno in meno rispetto a ciascun suo concittadino del Centro-Nord e in particolare 501 euro l’anno in meno di un lombardo.

Anche per quel che riguarda la spesa nel settore dell’Amministrazione pubblica, la Calabria (1.166 euro) presenta una spesa pro capite costantemente inferiore sia a quella del Centro-Nord (1.723) sia a quella media del Mezzogiorno (1.263).

Nel complesso si rileva anche un lento ma progressivo e sensibile allargamento della divaricazione negli anni fra la spesa della Calabria (e del Sud in genere) e quella del Centro-Nord, a vantaggio chiaramente di quest’ultimo. E questo è vero osservando gli andamenti della spesa pubblica effettuata nell’ambito dell’Energia (con una spesa pro capite pari a 930 euro in Calabria contro 1.384 del Centro Nord), dell’Industria e Artigianato (42 euro in Calabria e 419 al Centro-Nord), del Commercio (13 euro calabresi contro i 30 del Centro-Nord).

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