Accordo nella maggioranza sulla modifica dei decreti Sicurezza di Salvini. Ma se ne riparlerà a settembre
Sarà processo. Matteo Salvini si presenterà davanti ai giudizi per rispondere di sequestro di persona riguardo la vicenda della nave Opens Arms. Questo il verdetto dell’Aula del Senato che quindi ha respinto la proposta del presidente della Giunta per le immunità, Maurizio Gasparri di non procedere al processo per l’allora ministro Matteo Salvini, che avrebbe in quell’occasione operato per interesse pubblico.
Si chiude in questo modo, per la verità con un finale scontato, una vicenda che adesso rischia di avvelenare ulteriormente il clima politico e soprattutto lo scontro tra lo stesso Salvini e la maggioranza. Al processo per la nave Gregoretti Matteo Salvini unisce, quindi, anche quello dell’imbarcazione guidata da Karola Rackete, che in quell’occasione tentò in una maldestra manovra di speronare anche una nave della Guardia di Finanza.
Non sono bastati i 141 voti del Centrodestra e qualcuno del Misto per salvare Salvini dal processo. Ne sarebbero serviti ben 19 per arrivare alla soglia della maggioranza assoluta, un’asticella davvero troppo alta per la sola opposizione. Di contro evidente la compattezza della maggioranza e dello stesso Matteo Renzi, che stavolta non ha tenuto fede a quella linea garantista che sembrava da qualche tempo aver inaugurato.
Ciononostante Salvini sembra ostentare serenità, confidando ai suoi che “mi hanno fatto un regalo, vedrete che cresceremo di 10 punti”. Sarà, quello che è certo è che il tema migranti rischia di diventare nuovamente dirimente per la politica nazionale. Complice la ripresa poderosa degli sbarchi sulle coste siciliane, dove la situazione sta diventando insostenibile.
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ieri ha incontrato l’ambasciatore della Tunisia per chiedere l’impegno del proprio Paese nel fermare il flusso dei migranti. Soltanto nel mese di luglio si sono registrati 6mila e 500 sbarchi, pari alla metà dell’intero 2020. Ma quello che preoccupa è l’abbinata sbarchi-Covid, che rischia di diventare una miscela esplosiva e di incendiare il confronto politico ma soprattutto l’opinione pubblica.
Il timore che serpeggia nella maggioranza non è soltanto la difficoltà nel gestire un’ondata che al momento sembra inarrestabile, ma che questa porti anche a un’impennata dei contagi. Un rischio che il governo non può assolutamente permettersi di correre e che lo esporrebbe in maniera micidiale agli attacchi di Matteo Salvini, che in questo modo avrebbe buon gioco a puntare il dito contro il governo sia per l’inadeguatezza delle sue politiche migratorie e sia di quelle sanitarie.
Ecco perché la situazione sta diventando giorno dopo giorno sempre più delicata ed anche perché si parla di una possibile sostituzione dell’attuale ministro Lamorgese. Si era fatto il nome di Nicola Zingaretti, anche se lo stesso ha smentito in più occasioni. In effetti dopo aver criticato la scelta di nominare il leader di un partito al Viminale come Matteo Salvini, sarebbe quanto meno singolare vedere seduto su quella stessa poltrone il capo del Pd.
Nomi a parte rimane però la questione e cioè che servirebbe al ministero dell’Interno una guida politica, capace di avere una certa sensibilità e non un tecnico come l’ex prefetto Lamorgese. Si vedrà se si giungerà a qualche avvicendamento. Intanto la Lamorgese incassa al quinto incontro l’intesa sulla modifica dei dl Sicurezza. Chiaramente per il via libera del Consiglio dei ministri se ne parlerà a settembre ma l’accordo politico sul nuovo testo c’è.
Tra le novità la cancellazione delle multe milionarie alle navi ong, l’allargamento della possibilità di accedere alla protezione umanitaria, la revisione del sistema di accoglienza Siproimi, la possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe comunale.
Intanto, non si placa lo scontro della maggioranza dopo lo scivolone sul voto delle presidenze delle Commissioni. Nel M5S è sempre più palpabile la rivolta verso i vertici. Lo stesso Vito Crimi è sul banco degli imputati per aver chiuso un accordo considerato negativo per i pentastellati e che ha concesso le Commissioni strategiche al Pd. E così nel corso della giornata di ieri sia Tripiedi, vicepresidente della commissione Lavoro, che Donno, capogruppo in commissione Bilancio, si sono dimessi dai rispettivi incarichi. E sarebbe partita anche una raccolta di firme dei parlamentari contro i vertici dei gruppi e dello stesso Movimento.
E il malessere si estende a Leu che si è vista ‘scippare’ sotto gli occhi l’unica presidenza richiesta, quella della Commissione Giustizia, per Pietro Grasso. Una riunione di maggioranza per trovare una via d’uscita si è risolta in un nulla di fatto. Le ipotesi di risarcimento con la presidenza di una Bicamerale è stata rigettata al mittente. Il problema non sarebbe di poltrone, dicono da Leu, ma politico.
Da Palazzo Chigi per il momento tacciono. L’obiettivo è rubricare la vicenda a livello parlamentare, evitando di coinvolgere il governo. E infatti Giuseppe Conte incassato il prolungamento dello stato di emergenza e lo scostamento si guarda bene dall’intervenire su questa vicenda. Piuttosto continua nel disegnare il Recovery Plan e il decreto Agosto, che forse la prossima settimana dovrebbe vedere la luce.
Chi rimane al palo è la commissione parlamentare sul Recovery. Tutto fermo e con Camera e Senato che la prossima settimana dovrebbero chiudere i battenti e riaprire verso la seconda metà di agosto il rischio che nuovamente il governo faccia da solo è altamente probabile. E in fin dei conti è proprio quello che vuole Conte.