Scuola, docenti non laureati per risolvere la carenza di supplenti. Azzolina: «Possibilità di lavoro per i giovani»

di Redazione

Il ministero dell’Istruzione, con l’ordinanza firmata da Lucia Azzolina lo scorso 13 luglio, ha deciso di affrontare il problema della carenza di supplenti nella scuola, che al nord è un’emergenza, aprendo l’insegnamento ai non laureati. Con le nuove graduatorie provinciali, infatti, per le supplenze potranno insegnare negli istituti dell’infanzia e alle primarie docenti non ancora laureati ma iscritti almeno al terzo anno di Scienze della formazione primaria.

Una decisione a cui si sono opposti il Consiglio superiore dell’istruzione secondo cui questa decisione finirà con il danneggiare la didattica degli alunni più piccoli e sminuire ulteriormente il livello della scuola italiana, e i sindacati.

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«Penso che questo Paese debba assolutamente dare la possibilità ai giovani di lavorare. Se vanno all’estero ci lamentiamo, se restano a casa ci lamentiamo, e poi questi giovani lavoravano già», è la difesa del provvedimento del ministro Azzolina. «La Lombardia – spiega – è una delle regioni che hanno più supplenze per la scuola dell’infanzia e la primaria. Non è una novità. Lo abbiamo semplicemente messo all’interno di graduatorie e questo faciliterà le segreterie che non dovranno impazzire dietro le dichiarazioni di messa a dispoiszione, daremo da lavorare a persone che hanno scelto di fare l’insegnante e un percorso, che era a numero chiuso. Persone preparate», sottolinea.

Polemiche anche per la misurazione della temperatura che si farà a casa da settembre, anche se le scuole se vorranno potranno organizzarsi, evitando però assembramenti. «Noi – ha detto Azzolina – contiamo sulla responsabilità, a casa, delle famiglie. Se un bambino è già malato a casa e ha la febbre non abbiamo bisogno di mandarlo sull’autobus. Quindi la misurazione va fatta a casa, poi ogni scuola nella sua autonomia può organizzarsi come crede», considerando però i rischi di folle all’ingresso.

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A una domanda sul fatto che qualcuno potrebbe non avere il termometro a casa, «abbiamo dato soldi alle scuole a sufficienza per fare anche questo, laddove fosse necessario. Però credo che un termometro a casa ce l’abbiano quasi tutti se non tutti», ha concluso.

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