Allarme dell’Istat: «Record negativo di nascite». Rauti: «Emergenza denatalità, ma il Governo non vede»

di Redazione

L’Istat rileva che la discesa del numero dei residenti in Italia dal 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551mila in cinque anni. Secondo il Bilancio demografico nazionale dell’Istat, al 31 dicembre 2019 la popolazione residente risulta inferiore di quasi 189 mila unità (188.721) a quella registrata all’inizio dell’anno, a causa di un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia (-4,5%), un lieve aumento dei decessi e più cancellazioni anagrafiche per l’estero. Anche il numero di cittadini stranieri che arrivano nel nostro Paese è in calo (-8,6%), mentre prosegue l’aumento dell’emigrazione degli italiani (+8,1%).

Registrato un nuovo record negativo di nascite dall’Unità d’Italia nel 2019: gli iscritti in anagrafe per nascita sono appena 420.170, con una diminuzione di oltre 19mila unità sul 2018(-4,5%). Il calo si registra in tutte le ripartizioni, ma è più accentuato al Centro (-6,5%).

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Il calo delle nascite è dovuto alla progressiva riduzione della popolazione italiana in età feconda, costituita da generazioni sempre meno numerose alla nascita – a causa della denatalità osservata a partire dalla seconda metà degli anni Settanta – non più incrementate dall’ingresso di consistenti contingenti di giovani immigrati.

Negli ultimi anni – spiega sempre l’Istat – si assiste anche a una progressiva diminuzione del numero di stranieri nati in Italia, così che il contributo all’incremento delle nascite fornito dalle donne straniere, registrato a partire dagli anni duemila, sta di anno in anno riducendosi. Nel 2019 il numero di stranieri nati in Italia è pari a 62.944 (il 15% del totale dei nati), con un calo di 2.500 unità rispetto al 2018 (-3,8%).

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Il peso percentuale delle nascite di bambini stranieri sul totale dei nati è maggiore nelle regioni dove la presenza straniera è più diffusa e radicata: nel Nord-ovest (21,1%) e nel Nord-est (21,2%). Un quarto dei nati in Emilia-Romagna è straniero (25,0%), in Sardegna solo il 4,3%. Nel 2019 i decessi sono stati 634 mila, con un aumento, rispetto al 2018, più contenuto (appena 1.300 in più). L’aumento del numero di decessi si registra in quasi tutte le ripartizioni, con un incremento più consistente nelle Isole (+1,7%).

Solo il Nord-ovest registra una lieve diminuzione (-0,7%). Il maggior numero di decessi coinvolge le donne (52,1%), con un rapporto di 108,9 ogni 100 uomini, e solo l’1,2% riguarda cittadini stranieri. Il tasso di mortalità è pari a 10,5 per mille, varia da un minimo di 8,4 per mille nella provincia autonoma di Bolzano a un massimo di 13,8 in Liguria ed è legato alla struttura per età della popolazione.

Nascite, Rauti: «Il governo dimentica delle famiglie e si limita ad introdurre misure a tempo»

Isabella RautiSull’argomento è intervenuta la senatrice di Fratelli d’Italia Isabella Rauti. «L’Istat evidenzia che nel 2019 abbiamo raggiunto il minimo storico di nascite dai tempi dell’Unitá d’Italia, con solo 420.170 neonati ed un calo del 4,5% rispetto al 2018.  Il record demografico negativo del 2019 arriva dopo una tendenza progressiva e costante di diminuzione delle nascite, cominciata dalla seconda metà degli Anni Settanta ed aumentata  negli anni successivi. Gli esperti del settore da tempo utilizzano l’espressione  «inverno demografico», per definire il bilancio nazionale  negativo tra nascite e decessi, ma i dati ISTAT sulla denatalità rivelano piuttosto  che siamo in piena emergenza demografica!»

«Fratelli d’Italia – non da oggi – evidenzia l’urgenza di politiche in favore della natalità e della famiglia. Abbiamo presentato  una specifica Proposta di Legge  e predisposto emendamenti ad hoc in ogni provvedimento utile discusso in Parlamento, dalla Manovra finanziaria fino al DL Rilancio in via di approvazione» afferma la senatrice Rauti, responsabile nazionale del dipartimento FdI “Pari Opportunità, Famiglia e valori non negoziabili”».

«Il Governo, continua la senatrice, dimentica delle famiglie e si limita ad introdurre misure a tempo, qualche mini incentivo e bonus a termine ma si dimostra incapace di una visione di sistema con politiche organiche di sostegno alle famiglie ed alle scelte di maternità e paternità. Ed anche il  ‘Family Act’ governativo – condizionato dalle necessità compromissorie all’interno della maggioranza – non rappresenta una risposta adeguata all’emergenza natalità e non costituisce il ‘piano di salvataggio’ di cui ci sarebbe bisogno per invertire la tendenza negativa ed il declino demografico».

«La maggioranza è più attenta alle questioni ideologiche che vorrebbero cancellare , dai documenti e dalla cultura sociale,  parole come ‘madre’ e ‘padre’ per sostituirle con quelle di ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’, che alle reali esigenze delle famiglie. E non è un caso che persino nei continui e roboanti annunci del Governo nonché nelle trattative economiche in corso con l’UE , le politiche per la famiglia siano assenti o declassate al ‘rango di cenerentole’. Nel post-Covid, invece, le famiglie dovrebbero ricevere un’attenzione centrale ed al loro sostegno dovrebbero essere destinate  buona parte delle risorse del ‘Recovery Fund’. Ma forse a questa maggioranza immersa nel ‘presentismo’ sfugge persino che , senza ricambio demografico e generazionale , non esiste futuro» conclude.

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