Conte accoglie i sindacati agli Stati Generali ma la scena sarà tutta per Colao

di Dario Caselli

L’appuntamento è per questa mattina alle 9 a villa Pamphili. Dopo gli ospiti internazionali gli Stati Generali convocati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte entrano nel vivo con l’arrivo delle parti sociali. Da oggi fino e per una decina di giorni si alterneranno al tavolo dei lavori i vari esponenti e rappresentanti delle categorie sociali e datoriali.

Per oggi sono previsti i rappresentanti sindacali, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e gli Enti Locali con l’Anci e l’Upi.

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Ad aprire i lavori Vittorio Colao, il capo delle task force costituita dal premier Conte e che prima degli Stati Generali avrebbe dovuto delineare la strada per la rinascita, la cosiddetta Fase 3. Invece inaspettatamente, al punto che dal Pd ci fu quasi un ammutinamento, Giuseppe Conte convocò gli Stati Generali per delineare quel Recovery Plan da presentare per il prossimo autunno. Passo necessario per avere i fondi del Recovery Fund dell’Ue.

Sembrava, quindi, che il documento di Colao dovesse finire in un cassetto e invece sarà il protagonista dell’apertura dei lavori. Corre voce che sarebbe stato il Quirinale ad imporre la presenza di Colao agli Stati Generali e anche il Pd avrebbe preteso che il lavoro della task force non fosse cestinato, e questo anche perché finora resta l’unica ipotesi di rilancio che ha questo Esecutivo. Perciò perché privarsene, spiegano da largo del Nazareno.

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Conte: Ue ha riconosciuto ruolo centrale dell’Italia

Ursula Von der Leyen Recovery Fund
Ursula Von der Leyen

Comunque sia andata Conte ha dovuto fare retromarcia concedendo la scena per questa mattina a Colao. Intanto, ieri su Facebook Giuseppe Conte ha fatto il punto spiegando che «da parte dei vertici delle istituzioni europee è stato riconosciuto il ruolo centrale che l’Italia ha avuto in questa emergenza: in prima linea, indicando anche agli altri la via da percorrere».

Ma al di là delle parole rassicuranti e lusinghiere di Conte la maggioranza ribolle. Sotto accusa sono proprie le mosse di Conte. Ha fatto rumore il sondaggio di ieri di Pagnoncelli pubblicato sul Corriere della Sera, che accredita ai Cinquestelle una forchetta di consensi tra il 20 e il 30 per cento se il premier si candidasse a leader del Movimento. Numeri che aumentano i sospetti che Conte ormai stia portando avanti un suo progetto di leadership che potrebbe convergere sul M5S, o alle brutte potrebbe essere solitario. Anche se venerdì scorso in una serie di colloqui con la carta stampata ha smentito seccamente.

Di Battista: Chiedo congresso prima possibile

Di Battista sulle Partecipate
Alessandro Di Battista

E’ evidente che queste notizie aumentino la confusione nel Movimento in cui da tempo si misura la tensione tra le varie anime, con Luigi Di Maio intenzionato a riprendersi la guida dei Cinquestelle. E in questo difficile contesto ieri sono arrivate le parole di Alessandro Di Battista che dagli studi di ‘In Mezz’ora’ ha chiesto il congresso: «Chiedo formalmente il prima possibile un congresso del Movimento 5 stelle in cui tutte le anime del Movimento possano dire la loro per costruire un’agenda politica. Così vedremo chi vince».

Mentre su Conte a capo dei Cinquestelle ha spiegato: «Se il presidente del Consiglio Conte vuole fare il leader del Movimento 5 Stelle può aderire al movimento e a un prossimo congresso presentarsi». Parole che hanno prodotto l’immediata dura replica di Beppe Grillo: «Dopo i terrapiattisti e i gilet arancioni di Pappalardo, pensavo di aver visto tutto… ma ecco l’assemblea costituente delle anime del Movimento. Ci sono persone che hanno il senso del tempo come nel film ‘Il giorno della marmotta’».

Dario Franceschini Dl Scuola
Dario Franceschini

Botta e risposta che dà il senso dello sbandamento nel Movimento e che rischia di ripercuotersi sul governo. E’ questa la preoccupazione del Pd, che a sua volta non ha più intenzione di immolarsi per sostenere il governo. Va così letta la richiesta del ministro Dario Franceschini di rivedere le norme sull’immigrazione varate dal governo Conte I, quando era ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Una decisa sterzata frutto anche del timore che  con l’affondamento della maggioranza il Pd potrebbe rimanerne travolto. A preoccupare è il fatto che i sondaggi danno il Pd dall’inizio dell’avventura governativa inchiodato sempre intorno al 22 per cento, e questo anche se il M5S è in costante agonia di consenti; e poi anche la posizione sempre più antigovernativa di un pezzo importante dell’establishment.

Non è passato inosservato, infatti, che prima il Corriere (venerdì con due firme pesanti quali quella di Galli della Loggia e Polito) e poi La Repubblica abbiamo stroncato il governo tacciandolo di essere incapace e inadeguato.

Venerdì Conte ascoltato dai pm di Bergamo su mancata zona rossa Alzano e Nembro

Ecco perché il Pd, da un, lato punta a far sentire il proprio peso nell’azione di governo e, dall’altro, a guardarsi con attenzione intorno e valutare vie d’uscita. La vicenda della mancata zona rossa di Alzano e Nembro potrebbe essere una di queste. Il premier Conte venerdì è stato ascoltato come persona informata dei fatti dai pm di Bergamo. L’indagine, hanno fatto capire gli inquirenti, sarà complessa e lunga vista la mole di documenti da visionare e dovrà stabilire se la scelta di non istituire una zona rossa attorno i due Comuni è stata politica o, invece, c’è stata negligenza.

In quest’ultimo caso bisognerà verificare di chi sia stata la responsabilità ed è evidente che nel caso di un avviso di garanzia al presidente Conte si potrebbero aprire tanti scenari. Non ultimo quello di un governo di unità nazionale, la cui maggioranza potrebbe essere quella che poi eleggerà il nuovo presidente della Repubblica nel 2022.

In questo contesto si immette l’Europa. In settimana, venerdì 19, ci sarà un Consiglio europeo, interlocutorio, in vista di quello del 9 luglio nel quale dovrebbero essere più chiari i contorni del Recovery Fund e del relativo accordo politico. E infatti il premier Conte è atteso per mercoledì alla Camera e al Senato per delle comunicazioni in vista del vertice europeo.

Renzi: Conte attivi il Mes
Matteo Renzi

Parallelamente si stringe il cerchio intorno alla decisione sul Mes. Se Pd e Renzi («Sul Mes la manfrina di una parte dei Cinque Stelle non sta nè in cielo nè in terra, lo chiederemo») si schierano a favore, Di Maio continua a «considerarlo uno strumento anacronistico e inadeguato alle risposte da dare al Paese in questo difficile momento di crisi». E dall’opposizione Matteo Salvini ripete: «Non a caso hanno detto no Grecia, Francia, Spagna e Portogallo. Se fosse un regalo pacchetto chiuso penso che gli altri … Evidentemente non è un percorso così vantaggioso come qualcuno racconta».

Giorgia Meloni Fase 2
Giorgia Meloni

Dal canto suo, infine, Giorgia Meloni, oltre a godersi il 17 per cento assegnatole dal sondaggio del Corriere della Sera, ricorda al governo gli impegni non mantenuti pubblicando su Facebook una grafica con le frasi di Conte e Tridico che stabiliva il 15 aprile, prima, e il 12 giugno, poi, la data ultima per il pagamento della cassa integrazione anche di marzo: «Dopo mesi di ritardi, continuano le promesse tradite nei confronti di migliaia di cittadini disperati. La pazienza degli italiani è arrivata davvero al limite: ora basta».

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